Liberio (… – 24 settembre 366) fu il 36° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica. Fu papa dal 17 maggio 352 alla morte; alcuni storici hanno ipotizzato che Liberio si dimise nel 365 al momento del suo esilio, per poter comprendere l’instaurazione dell’antipapa Felice II.
Papa Giulio I morì il 12 aprile 352 e, secondo il Catalogo Liberiano, il suo successore, Liberio, fu consacrato il 22 maggio. Poiché, però, il 22 maggio non era una domenica, è molto più probabile che Liberio fosse consacrato il 17. Della sua vita prima dell’incoronazione non si conosce nulla, salvo che era un diacono romano.
Dopo la morte di Costante I, avvenuta nel gennaio del 350, Costanzo II divenne il padrone dell’intero Impero romano. Quello di unire tutti i cristianiin una forma modificata di arianesimo fu tra gli obiettivi che perseguì con tenacia per tutta la durata del suo regno, ma il maggiore ostacolo alla realizzazione del suo disegno era il vescovo Atanasio di Alessandria, che vi si opponeva con forza e continuità, e resisteva alle violente accuse che contro di lui lanciava l’intera Chiesa d’Oriente, d’ispirazione prevalentemente ariana. Sebbene molti vescovi orientali avessero sottoscritto e recapitato al papa una lettera contro Atanasio, Liberio, come il suo predecessore Giulio, ne approvava l’assoluzione proclamata dal Concilio di Sardica, e fondò la sua ortodossia sulle decisioni delConcilio di Nicea.
Dopo la sconfitta finale dell’usurpatore Magnenzio e la sua morte nel 353, Liberio chiese all’imperatore di riunire un concilio ad Aquileia, nel quale discutere la questione di Atanasio. Ma Liberio si era reso conto che le accuse nei confronti di Atanasio celavano, in realtà, l’intenzione di colpire e demolire il Credo niceno, e che pertanto era necessario ribadirne con forza il principio e confermarlo con autorità. Ma le cose non andarono come il pontefice aveva auspicato perché Costanzo, nel frattempo, stava esercitando forti pressioni anche sui vescovi d’Occidente affinché condannassero il Patriarca di Alessandria. Il concilio fu riunito ad Arles, dove l’imperatore aveva passato l’inverno. La corruzione, i cavillosi sofismi dei vescovi ariani e le sollecitazioni dell’imperatore, che prospettò la condanna di Atanasio come l’unico modo per riportare la pace nella Chiesa, ottennero il risultato voluto: il concilio, i cui moderatori erano i vescovi di corte, che accompagnavano l’imperatore costantemente, si sciolse solo dopo che anche i vescovi occidentali ebbero sottoscritto un documento di condanna e deposizione di Atanasio. I suoi più ardenti e fermi sostenitori, che avevano prima addotto varie argomentazioni in difesa e poi si erano rifiutati di firmare il documento, vennero allontanati dalle proprie sedi ed esiliati con provvedimenti dell’imperatore che sosteneva di eseguire i decreti della Chiesa. Ai vescovi assenti fu recapitato un modulo di consenso alle decisioni del concilio. La sola cosa che la Chiesa occidentale riuscì ad ottenere in cambio della ricusazione di Atanasio fu la promessa che tutti avrebbero condannato l’Arianesimo. Il partito di corte accettò il patto, ma non onorò la sua parte. Liberio, all’arrivo di tali notizie, scrisse ad Osio di Cordova il suo profondo dolore per l’accaduto; lui stesso avrebbe preferito morire, piuttosto che essere accusato di aver accettato ingiustizia ed eterodossia.
Nel frattempo, Costanzo aveva inviato un emissario ad Alessandria, che il 22 maggio del 353 informò il patriarca che l’imperatore era disposto a concedergli un’udienza personale; ma Atanasio, che non l’aveva mai richiesta, fiutò la trappola, e non si mosse dalla sua sede. Intanto aveva già convocato un sinodo di fronte al quale si era difeso, e che alla fine del maggio 353 fece recapitare a Liberio una lettera in suo favore sottoscritta da settantacinque (od ottanta) vescovi egiziani. Costanzo accusò pubblicamente il papa di non volere la pace e di non tener conto della lettera di accuse dei vescovi orientali, ma Liberio rispose (Obsecro, tranqullissime imperator) dichiarando di aver letto la lettera dei vescovi orientali di fronte ad un sinodo riunitosi a Roma (probabilmente un sinodo di anniversario, il 17 maggio 353), ma di non averne potuto tener conto in quanto la lettera arrivata dall’Egitto era sottoscritta da un numero superiore di vescovi, ed era pertanto impossibile condannare Atanasio; egli stesso non poteva poi essere in comunione con gli orientali, poiché alcuni di loro rifiutavano di condannare Ario, ed appoggiavano il vescovo rivale Giorgio di Cappadocia, che accettava i presbiteri Ariani che papa Alessandro I aveva scomunicato molto tempo prima. Inoltre, si lamentava del Concilio di Arles ed implorava la convocazione di un altro concilio, attraverso il quale la fede esposta attraverso il Credo Niceno potesse essere rafforzata.