Magazine Cinema
Arman T. Riahi, Arash T. Riahi
Svizzera, Germania, Austria, 2013
genere, doc
durata, 118'
Un uomo che non si interessa allo Stato
noi non lo consideriamo innocuo,
ma inutile
(Pericle, Discorso agli Ateniesi ,461 a.C)
Everyday Rebellion è uscito nelle sale italiane l’11 settembre 2014. Una data purtroppo sanguinante di significato, quanto mai emblematica per una riflessione sulle infinite forme di rivolte violente che dilagano ovunque sebbene i media e i regimi di tutto il mondo facciano l’impossibile per tamponare le ferite e zittire le urla.
Peccato che la pellicola sia stata distribuita in sole 15 copie, notizia che si commenta da sola.
Arash e Arman Riahi, coppia di fratelli iraniani costretti a lasciare il loro paese, propongono un film-documentario sulla vita di diversi movimenti di rivoluzione non violenta, gli Indignados in Spagna, Occupy Wall Street a New York, le Femen, la dissidenza di The Yes Man, le proteste contro il governo in Egitto, il movimento democratico iraniano, di cui indagano le connessioni, le similarità e le vicinanze strategiche.
Sembrano esperienze frammentate, ma sono invece tessere di un unico mosaico, ben riassumibile nelle parole del serbo Srđa Popović (fondatore di Otpor, movimento che ha contribuito a far cadere Milošević): “Se devi gareggiare con Tyson è meglio che lo sfidi a una partita a scacchi”, insomma l’eterno duello tra Davide e Golia.
I registi sono entrati in contatto con gli attivisti e le menti creative di movimenti di protesta di varia natura, per comprendere le dinamiche sottese alle loro scelte d’azione.
Come il voice-over iniziale sussurra nell’orecchio dello spettatore, sono tutte persone normali e comuni, gente che ha famiglia e amici, che si sveglia la mattina per studiare, lavorare o cercare un lavoro. Ma tutti sono accumunati da qualcosa, un profondo sdegno per il repellente panorama politico, economico e sociale che li circonda.
E’ tempo di metterci in cammino e costruire insieme una società migliore: questo il leit-motiv che spinge ogni giorno centinaia e migliaia di persone che sono stufe di stare a guardare, a cercare modi non violenti di combattere.
Ecco quindi che le due ore di documentario dei fratelli Riahi si colorano del volantinaggio creativo in Siria, del contributo dei graffitisti, del vocabolario non verbale utilizzato durante i movimenti di piazza.
Il film stesso d’altronde, in piena armonia con il contenuto proposto, non è che una piccola parte di un più ampio progetto crossmediale che combina il cinema, il digitale e i social per condividere le storie degli attivisti di tutto il mondo e fornire un luogo liquido -al tempo stesso il non-luogo per eccellenza-, che consenta a tutti di conoscersi e uscire dal’abulia e dallo sterile brontolio oramai tanto di moda.
Più che un progetto cinematografico è quindi una dichiarazione politica atemporale e universale che riguarda tutti, perché lo sdegno e la speranza abitano ogni città.
Everyday rebellion mostra come la rivoluzione non sia –sempre che mai lo sia stata – un’operazione verticale, gerarchica o piramidale, bensì orizzontale, basata sul contributo di tutti.
Al posto delle armi vediamo ora palloncini colorati che contengono messaggi di speranza, nessuno scudo anti-uomo ma corpi nudi e silenziosi coperti con scritte sul petto, nessun proiettile ma palline colorate, centinaia di palline che rimbalzano lungo le strade di una città massacrata dai conflitti.
Scopo dei registi era proprio quello di regalare ai fruitori un’esperienza gioiosa, facendo capire che è possibile cambiare le cose semplicemente uscendo dalle nostre solitudini e aiutandoci a vicenda. È anche questa un’esperienza viscerale e intimissima.
Erica Belluzzi
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