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EX CUEM: quello che i giornalisti non dicono

Creato il 20 maggio 2013 da Webnewsman @lenews1
EX CUEM: quello che i giornalisti non dicono

In questi giorni, l'Università degli Studi di Milano ha attraversato dei giorni alquanto movimentati dovuti allo sgombero dell'ex libreria autogestita Cuem, situata in via Festa del Perdono 3, su ordine del rettore Gianluca Vago: nel tardo pomeriggio di lunedì 6 maggio, nel cortile centrale dell'università, si è svolta una manifestazione piuttosto accesa che in seguito ha visto perfino l'intervento di una cinquantina di poliziotti della Digos in tenuta antisommossa. Bilancio: otto feriti, di cui quattro agenti e quattro ragazzi, che fortunatamente non hanno riportato gravi ferite.

I giornali riportano tale notizia scrivendo che l'ex Cuem è stata sgomberata “con ferocia” e che i poliziotti hanno caricato, allegando sempre un video in cui sono mostrati questi ultimi che sferrano potenti colpi di manganello.

Ora, io non voglio mettere in dubbio l'intervento abbastanza duro della polizia, perché il ricorso alla violenza non è giustificabile in nessun caso: soprattutto la polizia, che è un organo istituzionale preposto alla tutela dell'ordine pubblico, non dovrebbe essere costretta ad usarla. Ciò che però ho notato, leggendo diversi quotidiani ed essendo una studentessa dell'Università, è che è stato sempre dato uno sguardo a dir poco superficiale all'intera situazione: ci si è limitati a descrivere i fatti che si vedevano, senza approfondire, senza avere delle testimonianze, offrendo anche un quadro della situazione che non dico che sia totalmente sbagliato ma che non è del tutto corretto.

Innanzitutto: che cos'è l'ex Cuem? La si definisce comunemente “libreria”, lo reca pure il cartello che troneggia sopra la porta, ma in realtà è uno spazio vuoto che, anni fa, è stato illegalmente occupato da alcuni studenti (e non solo, anche persone non frequentanti l'Università). Questa situazione era già nota all'allora rettore Enrico Decleva, che ha mandato una lettera al prefetto il quale però non ha mai agito, quando invece tutto ciò poteva essere risolto molto tempo fa. Cosa dicono i manifestanti al riguardo? Nella lettera pubblicata su corriere.it, si legge: «Innanzitutto ci scusiamo per il “sopruso dell’occupazione forzata”. Siamo studenti e ex studenti precari di questa e di altre università, ma prima di tutto persone che la frequentano e abbiamo voluto ridare uno spazio vuoto per il fallimento della cooperativa cuem all’uso collettivo, riaprendolo, riqualificandolo, riempiendolo di libri e mettendoli a disposizione gratuitamente anche da un archivio digitale. Ci scusiamo anche di aver creato un pericoloso centro di aggregazione, dimenticavamo che non è permesso che degli studenti parlino e comunichino fra loro nella nostra università». Peccato che, come ho scritto sopra, l'occupazione è un atto illegale a tutti gli effetti e, dettaglio non trascurabile, è stato prolungato, quindi non si può neanche dire che i manifestanti non ne fossero consapevoli.

Nella stessa lettera, si legge inoltre che: «Innanzitutto non siamo semplicemente una libreria, ma un luogo in cui condividere saperi e criticare ciò che ci viene trasmesso dall’alto delle cattedre. Un luogo in cui discutere di cultura, letteratura e politica senza dover sottostare alle infinite burocrazie universitarie». Molto diverso è il parere del rettore che, in un comunicato in seguito all'episodio del 6 maggio, ha scritto: «In questa specie di “centro sociale” persone di varia estrazione, anche non universitari, hanno svolto attività (raduni, ristorazione, festini, concerti, ecc.) molto lontane dall’ipotesi culturale per la quale la Cuem aveva ottenuto a suo tempo l’autorizzazione da parte dell’Ateneo, spesso e volutamente arrecanti pesante disturbo alle normali attività dell’Ateneo (lezioni, lauree, convegni, e altre manifestazioni culturali). Lo scambio e la vendita di libri, comunque illecita, hanno rappresentato sempre un aspetto del tutto secondario delle loro attività». A sostegno delle parole del rettore, vi è la testimonianza di una tutor che una volta alla settimana aiuta nello studio un ragazzo non vedente e, com'è normale, utilizza l'Ufficio Disabilità ed Handicap situato a fianco dell'ex Cuem: «Una volta alla settimana, il lunedì, è sempre presente un ragazzo non vedente che fa molta strada per poter studiare tre ore con calma. Pretenderebbe solo che l'ambiente universitario fosse quello che dovrebbe essere: accogliente e silenzioso. Da mesi le difficoltà per studiare sono diventate molte. Un lunedì in particolare, noi tutor siamo dovuti andare all'ex Cuem per chiedere di abbassare il volume della batteria suonata dal vivo per tutto il pomeriggio. Dopo varie richieste, lo studente in persona si è recato di la e ha chiesto cortesemente di poter studiare, dato che l'udito è l'unico mezzo che ha per imparare. È stato accolto da gente varia, non iscritta all'università, ottenebrata da birra e canne, che gli ha risposto in modo molto maleducato, persino dicendogli cose come “ma tu non ti senti offeso a farti chiamare handicappato?”- e altre cose del genere, che nulla c'entravano con la sua richiesta!». Forse, allora, il “luogo in cui discutere di cultura, letteratura e politica” si scontra con l'evidente realtà dei fatti. Ma i manifestanti hanno trovato una risposta alquanto singolare perfino su questo: «Ci scusiamo anche per i “festini” e i concerti, non sia mai che l’università possa davvero diventare un luogo di socialità e scambio». Tuttavia la stessa definizione di “università” come «enti di diritto pubblico e privato, operanti nel campo dell'istruzione superiore, della ricerca e delle attività culturali.» (fonte: wikipedia) non contempla la presenza di “festini” e “concerti”, dal momento che essi non sono ritenuti appunto attività culturali, né tanto meno possono essere considerati un pretesto per trasformare l'ambiente universitario in un “luogo di socialità e scambio” in quanto esistono strutture ben più consone dove svolgerli. Per non dire che l'università è pur sempre un luogo di socialità e scambio per molte altre ragioni, e quindi festini e concerti sono piuttosto superflui.

Last but not least, è doveroso precisare che parte dell'ex libreria Cuem dovrebbe essere destinata proprio all'Ufficio Disabilità ed Handicap, che attualmente ha la sua sede in uno spazio piuttosto ristretto rispetto al numero dei ragazzi che lo frequentano. I manifestanti hanno così scritto: «Solo la parte retrostante, che ci siamo detti disponibili a lasciare, era destinata ai disabili, tenendo conto che in quello spazio mancano i computer per lavorare, una priorità leggermente maggiore». Riferendomi a ciò di cui ho parlato appena precedentemente (e che per altro hanno confermato gli stessi), ritengo un po' difficile che noi ragazzi riusciremmo a studiare avendo come sottofondo il rumore della batteria (già non si riesce adesso, pur non essendo nella stessa aula...). Per essere proprio pignoli, credo che usare il termine “disabili” in quel contesto sia leggermente inappropriato in quanto sarebbe dovuto essere accompagnato da “ragazzi” (ciò che noi siamo, in fondo) per dare una migliore sfumatura alla frase, ma la padronanza delle parole non è mai abbastanza.

Veniamo, finalmente, alla fatidica manifestazione del 6 maggio. La polizia è intervenuta (per altro su richiesta del rettore, che se n'è assunto la responsabilità), o meglio, è stata costretta ad intervenire. Già, perché la realtà completa dei fatti non è quella mostrata nei video: chi ha costretto la polizia ad intervenire? Risposta: i manifestanti, con lanci di sanpetrini e addirittura di una bacheca di vetro (di proprietà dell'Università). Quindi, proprio quei ragazzi che nella lettera parlavano di correttezza e di apertura al dialogo, hanno assunto tale atteggiamento. Danneggiando perfino l'università, ente pubblico. Ovviamente, nella lettera questa precisazione non è stata fatta, nell'interesse di coloro che l'hanno scritta: mi sorprendo che non sia stata fatta neanche dai giornalisti.

Ma non è finita qui. Sin dalla mattina del 6 maggio, i suddetti manifestanti hanno imbrattato tutti (sottolineo tutti) i muri dell'Università con scritte relative alla ex Cuem, contro il rettore e addirittura anche contro papa Francesco (il motivo per cui è stato chiamato in causa quest'ultimo è ancora ignoto). Persino in questo caso non è stato fatto assolutamente nulla: anzi, io stessa ho visto un ragazzo che stava imbrattando un muro e la polizia a pochi metri che non ha preso provvedimenti. La spiegazione? «Non siamo tenuti ad intervenire finché non ci sia un episodio di violenza». Mi chiedo, dunque, se è possibile che in Italia (per questo come per molte altre situazioni) bisogna che accada qualcosa di grave per far intervenire la polizia o chi di dovere? (attenzione: con “intervenire” non intendo usare la violenza, ritengo che ci siano altri modi per far capire che un atto è vandalismo o addirittura reato) Probabilmente, se si fossero presi provvedimenti prima, si sarebbe evitato che la situazione degenerasse (in tutti i sensi) e, soprattutto, si sarebbero risparmiati gli otto feriti.

Inoltre, vorrei sottolineare come gli stessi che, come ho detto prima, parlavano di correttezza e di apertura al dialogo, abbiano scritto: «Rettore, noi siamo il tuo terrore». E che gli stessi insultavano chiunque contestava la loro protesta, dando dei “fascisti” (ed altri insulti peggiori) e quindi mettendo in mezzo i partiti politici in modo del tutto inappropriato, in una situazione in cui si deve giudicare l'azione commessa senza tirare in ballo la Destra e la Sinistra.

E ancora: alcune scritte sono state attualmente rimosse da una persona estranea ai fatti. Questa è correttezza? A parer mio, correttezza sarebbe stata se gli stessi manifestanti avessero rimosso ogni singola scritta.

Questa è l'intera versione dei fatti svoltisi il fatidico 6 maggio, questo è ciò che avrebbero dovuto scrivere i giornalisti: come ho già detto all'inizio, non voglio giustificare l'intervento violento della polizia, né polemizzare. Vorrei solo mostrare come le dichiarazioni dei manifestanti, seppur alcune siano anche in buona fede, si scontrino inevitabilmente con la realtà dei fatti. Realtà che, ripeto, si è prolungata per mesi raggiungendo il suo apice in questo periodo. Penso che nessuno sarebbe contrario alla creazione di uno spazio (legale) dove discutere di cultura, letteratura e politica: peccato che, ancora prima che la situazione sfociasse in questa direzione, gli occupanti dell'ex Cuem abbiano dimostrato varie volte che le loro intenzioni sono ben diverse.

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