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L'adolescenza è una carogna. Sinceramente, credo sia davvero il periodo più difficile nella vita di un essere umano: anni indefiniti, quelli dell'ormone impazzito, dei brufoli e del "mondo contro". Dell'addio definitivo ma un po' impacciato alla fanciullezza.L'adolescenza è una carogna. Non solo perché ti condiziona il presente ma soprattutto perché fa lo stesso con il futuro. Lo sa bene Pauline, la protagonista di Excinsion, film d'esordio del giovane Richard Bates Jr. Anzi, no, Pauline non lo sa. Probabilmente non se ne rende neanche conto.Lei è lì, in bilico tra un mondo e l'altro. Sembra quasi assente, forse fa un po' paura. Ma noti qualcosa in lei che ti colpisce. Allora la guardi, ti concentri e sul quel viso disfatto noti cicatrici profonde. Sono quasi invisibili, leggeri solchi che mutano la fisionomia di un volto. Niente trucco, nessuna finzione. Ne abbiamo tutti qualcuna, sapete? Chi più, chi meno. Sono le cicatrici che ci segnano nel profondo e di cui, sulla pelle, rimane qualche eco. Un ricordo lontano.
Pauline è un adolescente di famiglia medio-borghese con qualche problema economico. Quasi come tutte le famiglie medio- borghesi in america, del resto. Madre rigida-puritana-rompipalle (interpretata da Traci Lords, famosa per essere stata una baby attrice porno negli anni '80), padre succube-assente, sorellina malata di fibrosi cistica. E lei, che di notte fa sogni necrofili e di giorno mostra il dito medio al mondo. Una disadattata sociopatica, direbbe qualcuno. Ecco, il film è tutto qui. E se da un lato è bene, da un altro è male, perché basare un'opera prima su un tema come questo e farlo nel modo in cui Bates pretende di farlo non è affatto semplice. E infatti Excinsion è un lavoro riuscito a metà, checché ne voglia dire la critica entusiasta ogni volta che si trova di fronte un'opera indi.
Diciamolo: bisognerebbe sempre aver ben chiaro il sottile confine che separa originalità e voglia di stupire. Un confine che è facile superare, lo ammetto, soprattutto quando si è acerbi. Chi possiede un innegabile talento immaginifico necessiterebbe poi di una maggior dose di (auto)controllo. Ad esempio, sembrerebbe che nel suo esordio Bates Jr. cerchi in tutti i modi di provocare lo spettatore stupendolo, scuotendolo, disgustandolo. Ma se la cosa funziona con gli stomaci deboli o con gli spettatori meno avvezzi mentre quelli più smaliziati si troveranno di fronte a situazioni abusate, ad alcuni giri a vuoto e a un insieme confuso che solo nel grandioso finale pare trovare una certa compiutezza narrativa. Al centro di tutto c'è lei, la protagonista, che filtra attraverso il proprio sguardo un mondo da cui si nasconde, celandosi dietro una fitta coltre di freddezza e sarcasmo. Una corazza di quelle solide, che impedisce qualsiasi processo di catarsi e che permette allo spettatore di scalfirla solo in due occasioni: negli unici momenti di tenerezza con la sorella e nelle escursioni in un mondo onirico di cui Pauline è regina macchiata di sangue. Ecco che così la vera natura della ragazza si svela, perversa e innocente come quella di una donna/bambina.
Non fraintendetemi: è difficile provare simpatia per un personaggio come questo, complicato (come un'adolescente), crudele (come un'adolescente), incompiuto (come un'adolescente). Una mente (come quella di un'adolescente) che legge la realtà attraverso gli unici strumenti a disposizione. In questo caso amore e morte, eros e thanatos. Lo stesso regista riesce perfettamente a evitare l'apologia del reietto: Pauline è come la May dell'omonimo film di McKee, vittima e carnefice, colpevole e innocente. Il suo precipitare nell'abisso non lascia scampo, un inesorabile processo di alienazione che porta con se la disperazione dell'impotenza, dell'incomprensione e della mancanza di amore. Disperazione che strariperà nell'urlo e nello straziante pianto finale, roba da far venire le lacrime per la potenza con cui viene rappresentato. Perché si sa: alcune ferite sono troppo profonde e se curate male non si rimarginano mai. E' questo uno dei motivi per cui una pellicola del genere mi ha così colpito? Probabilmente sì, non lo nascondo. A volte il cinema è uno specchio (distorto) in cui mi rifletto.
Forse la più grande colpa di Bates è stata quella di non essere riuscito a limitarsi ma il talento c'è e si vede tutto, vuoi nelle sequenze oniriche che ricordano Tarsem Singh, vuoi in quelle più intimistiche che paiono una sorta di carezza tra una mazzata e l'altra. Impreziosiscono il tutto l'interpretazione di una AnnaLynne McCord che non mi aspettavo così brava, imbruttita, intensa e fragile, e alcuni attori cult che costellano un progetto costato relativamente poco: Malcolm McDowell, Ray Wise, John Waters.Insomma, un film riuscitò a metà, un teen horror drama che spinge sul pedale del grottesco e che si salva dal disastro grazie ad alcune intuizioni. In fondo non era facile. Aspettiamo Richard Bates Jr in altri lavori, concedendogli il beneficio del dubbio.
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