I veri topoi del genere prendono “vita” però nella Hollywood degli anni ’30, periodo che battezzerà la nascita dell'industria hollywoodiana dell’orrore. Frankeinstein, Dracula, Mr. Hyde e l’uomo lupo compaiono negli schermi acclamati da un largo consenso del pubblico.Con inevitabili ripercussioni anche nel mondo dell’arte, il “venerdì nero” del 24 ottobre 1929, è la data del crollo della borsa di New York e la data che segnò il tramonto del benessere. Fu così che, stanca delle pellicole romantiche delle quali era ormai assuefatta, la società di quell'era cerca identificazione nella verità e nella brutalità reale. L’arte accoglie questo richiamo alla realtà e comincia a raccontare le ansie, la mortalità e le paure concrete nate con la Depressione.La pellicola che al meglio simboleggia i mostri che connotano il decennio a cui appartiene, è certamente Freaks di Browning (1932), che ha pesato enormemente nella società perbenista che era l’America del momento, e resterà una delle pietre miliari che hanno contribuito a segnare una svoltasul concetto di paura nell’arte cinematografica. Ancorato alla fantasia popolare, negli anni ’40 della Hollywood cinematografica, sorge un cult dell’orrore, l’uomo lupo o il licantropo. Si respirava in quegli anni l’arrivo della guerra, e l’arte rappresentò la realtà che stava per affacciarsi. Ci si scrollò di dosso, per il momento, entità immortali come il vampiro, e si diede un volto alla ferocia, alla bestialità incombente. George Waggner, con la pellicola del 1941 L’uomo lupo, tratteggiò quella mansuetudine e ferocia insite nell'istinto umano, e firmò una delle pellicole probabilmente più convincenti del suo genere. Con un sensibile cambiamento di stile, la filmografia degli anni ’50 si arricchisce di nuove minacce che turbano un pubblico più esigente e meno ingenuo. In piena Guerra Fredda il mondo vive angosce attuali e concrete, come la minaccia della guerra nucleare. Esperimenti atomici e invasioni aliene andranno ad innestarsi sul genere fantascientifico che, caricato di un'impronta horror, troverà un ampio consenso negli anni avvenire. D'eccellenza è L’invasione degli ultracorpi di Don Siegel del 1956. Ed ecco che la “missione” del cinema degli anni ’50 diventa raccontare l’esistenza umana fatta della sua ciclicità e dei suoi eroi. La filmografia del decennio '60 esprimeva invece una voglia di identificazione da parte del pubblico, meno desideroso di divi intoccabili, e più propenso al realismo. Ecco che si dà improvvisamente voce a personaggi comuni, deboli, brutti e vecchi. Attori messi all’angolo da giovani stelle trasgressive si riapproprieranno del loro posto. Che fine ha fatto Baby Jane? del 1962 di Robert Aldrich è un celebre esempio del tema della vecchiaia e dei suoi aspetti più perturbanti. L’apice della rappresentazione horror si ha negli anni ’70 e ’80, dove il terrore sperimenta forme estreme. Se per orrore si intende un senso di repulsione o spavento, il termine che ne enfatizza una paura estrema, è terrore. Il cinema di genere horror assume tinte apocalittiche, implicandosi proprio con il terrore. Parliamo certo di un filone più recente, quello delle nuove Apocalissi, in cui lo scenario è la fine del mondo. La paura si fa collettiva, di comune annientamento e lo spettatore è chiamato ad un’identificazione empatica con il personaggio, intento a misurarsi con l’estremo.
Da sempre il cinema ha attualizzato le tematiche ad immagine della realtà vissuta. Dai vampiri pittoreschi figli di credenze popolari, ai visitatori alieni frutto della consapevolezza scientifica, alla rappresentazione di paure sofisticate, come le mutazioni legate al progresso... si può affermare con una certa sicurezza che ogni epoca abbia le sue paure, anche quelle cinematografiche.