A poco meno di due anni di distanza dalla loro precedente fatica, All Guts No Glory, tornano a mietere vittime gli Exhumed. Da quando hanno deciso di “riunirsi” (sebbene in realtà la loro fosse più che altro una pausa, e non un vero e proprio scioglimento), hanno reso felici tutti i loro fan, che aspettavano con ansia del materiale nuovo dal lontano 2006, anno dello split 7” con i cechi Ingrowing, che oltretutto non aveva circolato molto. Chi li seguiva di meno, infatti, nemmeno era al corrente di quest’uscita, rimanendo dunque con la mente e con il cuore a quel gran bel disco che è Anatomy Is Destiny del 2003. Da quella release – fino alla sua semi-dipartita – la componente carcass-iana della band era incredibilmente aumentata: le influenze thrash erano state messe in secondo piano, inserendo molte parti (in particolar modo assoli) che ricordavano parecchio Heartwork. Il ritorno sulle scene ha invece comportato un’inversione di tendenza per quanto riguarda il registro stilistico: brani molto più diretti e sempre meno gore-oriented, soprattutto nei testi (questa volta pieni zeppi di riferimenti politici, come si può ben vedere nel video di “Coins Upon The Eyes”). Ovviamente i quattro chirurghi di Liverpool non sono stati affatto dimenticati e di base rimangono l’influenza principale del gruppo di San Jose, ma qui gli Exhumed sembrano strizzare più l’occhio a Razor, Exodus e compagnia thrasheggiante, come si può sentire “Sickened” o “Ravening”, il cui intermezzo può ricordare anche i Coroner di Mental Vortex. Non aspettatevi però cambi drastici, che incidano a tal punto da stravolgere la loro proposta musicale: questo è un disco 100% Exhumed e, se amate i dischi prima, di sicuro farete tanto headbanging con quest’ultima fatica. La produzione è come al solito impeccabile: chitarre taglienti come rasoi ma anche sostanziose e molto ben delineate, soprattutto negli assoli, con Matt Harvey (voce) sempre al massimo della forma. Il drumming, infine, è vario e incisivo come da copione. Tirando le somme, non c’è niente di così nuovo sul fronte occidentale, nessun elemento così evidente a un primo ascolto, il che da un lato è un punto di forza, dall’altro potrebbe in futuro rivelarsi un problema. Dal 1990, anno in cui si sono formati, il sound si è molto lentamente evoluto: dai primi 7”, nei quali erano in buona sostanza un gruppo goregrind à la Symphonies Of Sickness, fino ai loro full length, nei quali la componente death metal oramai andava per la maggiore. Dal 2010 in poi questo processo di maturazione stilistica sembra essersi interrotto, il che per il momento può andare anche bene, ma il rischio è davvero quello di ripetersi. Necrocracy, nonostante non sia un capolavoro, è però un bell’album, che ci fa capire come il quartetto sia in palla e in grado di riprendersi tutti i vecchi fan, che da anni attendevano con ansia un comeback, e facendosene anche di nuovi. Gli Exhumed sono sempre stati una formazione ottima, capace di portare nel gore una tecnica e un’inventiva che in pochi possono vantare. Tra questi, come non citare i loro colleghi Impaled, che tutti quelli che veramente adorano i Carcass devono sentire e non possono non amare.