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eXistenZ (di David Cronenberg, 1999) e la Nuova Carne: cos'è reale?
Creato il 05 giugno 2015 da Frank_romantico @Combinazione_CE' vero che non sto guardando più film (nuovi). E' vero che non mi sto più informando sulle uscite e sui vari progetti legati all'industria cinematografica. Però il cinema resta parte di me e questo nessun periodo oscuro e nessun problema lo potrà mai cambiare. Quindi, a tempo perso, di film ne continuo a vedere. Soprattutto in TV, quella scatola malvagia che molti odiano ma che, indubbiamente, ha il pregio di (ri)tirar fuori perle della cinematografia mondiale che tutti - inclusi i non appassionati - dovrebbero (ri)vedere. Ad esempio, mi è capitato qualche sera fa durante una classica serata da nottambulo casalingo (non sto uscendo molto - anzi, quasi per niente - ma non vado comunque a dormire prima delle 3 del mattino) di ritrovarmi di fronte ad un film che non vedevo da un po', una perla che però non ho mai apprezzato tanto come questa volta: sto parlando di Existenz di David Cronenberg.
Non ho intenzione di scrivere una recensione. Non ho intenzione di parlare di trama, attori o regia di questo bellissimo film, considerato un minore del Maestro. Sinceramente, ora come ora, non me ne potrebbe fregar di meno. Piuttosto mi piacerebbe soffermarmi sul ruolo che questo film ha assunto all'interno della poetica di Cronenberg, sul divenire quasi un emblema del percorso filosofico sviluppato dal canadese a proposito della settima arte, sul tema della "nuova carne" e del potere massmediale del cinema, inteso come mondo fittizio più reale del reale o che si sostituisce al reale, fagocitandolo.
Ma andiamo con ordine: era il 1975 quando Cronenberg diresse il suo terzo lungometraggio, spargendo il seme di quella che sarà poi la cosiddetta "poetica della carne": Il Demone Sotto la Pelle, horror di serie B che ribalta il concetto di "possessione demoniaca" mettendo da parte i risvolti sovrannaturali della vicenda e sostituendo la genesi satanica con quella scientifica. Non è quindi il Diavolo a intervenire sull'essere umano quanto l'essere umano stesso. Il bello è però che, pur cambiando la causa, le conseguenze rimangono le stesse: uno scienziato crea un parassita che, penetrato nel corpo umano, porta alla luce gli istinti primordiali di quest'ultimo. E se è vero che il "contaminato" non impara a levitare o non inizia a vomitare zuppa di piselli girando la testa di 360°, si ritrova sopraffatto dai propri istinti sessuali repressi, dalla violenza, dalle perversioni che lo trasformano nel corpo e nella mente. Cosa non molto diversa da quanto immaginato nel 1886 da Robert L. Stevenson ne Lo Strano Caso del Dr. Jackyll e Mr. Hyde, In entrambi i casi quel che vien generato dall'esperimento scientifico è il male atavico, al di là dei confini etici e della morale. Il concetto venne portato avanti da Cronenberg nelle opere successive della sua prima fase: Rabid (1977) e The Brood (1979), dove assume pian piano una valenza più metafisica, rivelano che la realtà non è solo quello che possiamo sperimentare ma va oltre. The Brood soprattutto mostrò allo spettatore il potere che può avere la mente umana (la fantasia, se intendiamo l'essere umano come artista) sulla realtà fisica, al punto di alterarla alterata, in un processo simile a quello cinematografico stesso. Si tratta del primo passo verso un legame più stretto tra mente e carne, poi approfondito in Scanners (1981) e che viene per la prima volta sviscerato nel film manifesto del regista: Videodrome (1983).
In Videodrome, per la prima volta, Cronenberg parla di Nuova Carne e affronta un concetto che fino a quel momento aveva sempre evitato di affrontare: quello di realtà. Cos'è reale? Cosa non lo è? Eppure al canadese non interessava affrontare l'argomento da un punto di vista universale, sapendo quanto infido potesse essere un territorio del genere. Gran parte di letteratura, della cinematografia e dell'arte visiva in generale su sto dilemma ci ha sbattuto la testa e ci ha campato, anche con risultati piuttosto commerciali (Matrix docet). E però no, a Cronenberg quel che interessava era altro: il ruolo dei mass media e di come siano questi a definire il "reale". Sempre di mente umana che influenza la realtà si tratta, sempre di tecnologia (e quindi di scienza) come nuova magia. Sempre di istinti, di carnalità e di quel male primordiale rappresentato dalla natura selvaggia, libera da una morale sintetica inventata dall'essere umano. Il mondo descritto da Cronenberg è pesantemente plagiato dal più potente dei mass media (la TV) che definisce quel che è reale e quel che non lo è, che lo plasma e lo trasforma. Che ci riprogramma e ci modifica tanto nella mente quanto nella carne. E per sopravvivere a questa trasformazione dobbiamo trasformarci noi stessi, trascendendo in nostro corpo e trasmutandoci in "nuova carne".
E' chiaro che tutto questo assume connotazioni sempre più "religiose". Siamo passati da quelle demoniache a quelle cristologiche in una manciata di anni e la cosa si fa ancor più palese nei successivi La Zona Morta (1983), dove l'attenzione finalmente si sposta sul mass media "cinema" in un film filtrato dal protagonista stesso che diventa cristo/MDP attraverso le sue stesse visioni, e La Mosca (1986), dove il demoniaco "nuovo" genera mostri in una realtà a cui la natura umana si oppone. Ma è dal 1988 (anno di Inseparabili) che, in un certo senso, le cose cominciano a farsi più interessanti ponendo la questione da un punto di vista sempre più "umano" e carnalmente intimo e poi scivolando via via nello psicologico e in un gioco metacinematografico sempre più sottile, analizzando come la mente agisca prima di tutto su noi stessi cambiandoci da dentro e poi noi, pezzi di un puzzle, che agiamo sulla realtà: attori che nemmeno capiscono di recitare una parte.
All'interno di questo percorso che arriva fino al 2014 c'è però una pellicola sottovalutatissima che, nondimeno, probabilmente è la più importante e la più geniale di David Cronenberg: Existenz (1999), appunto.
Perché in Existenz, per la prima volta, la domanda viene esplicitata: cosa è reale? Un quesito a cui è impossibile dare una risposta, se ne rende conto lo stesso regista, quel David Cronenberg che già lo sapeva quanto fosse inutile non tanto chiederselo quanto provare darsi una risposta. Existenz è un fottutissimo gioco di scatole cinesi. è geniale, sarà stata la quinta volta che l'ho visto è questa è stata sicuramente quella in cui mi ha realmente folgorato, entusiasmandomi. Altro che Matrix, altro che Inception,
In Existenz c'è un gioco (realtà virtuale). Per giocare il giocatore deve entrare in questa realtà virtuale, letteralmente, ma per giocare il gioco deve letteralmente entrare nel giocatore. Al di là degli ovvi e risaputi intenti metacinematografici, con il mezzo cinema che fagocita lo spettatore e per farlo lo "penetra" metaforicamente parlando, abbiamo ancora una volta la tecnologia che fotte l'essere umano (con un chiaro riferimento al vecchio Il Demone Sotto la Pelle) generando una realtà diversa da come la conosciamo, in cui l'individuo diventa nuova carne, privo dei limiti dettati da etica e morale. Se non fosse che anche quel mondo "altro" ha delle regole a cui sottostare. Per questo ci si immerge e si va oltre, in un'altra realtà e poi ancora in un'altra fino a perdere le coordinate, fino a non capire quanto troppo in profondità ci siamo immersi. E se, tornando indietro, scoprissimo solo che il punto di partenza non era altro che uno dei vari step e che, magari, la nostra realtà non è altro che una delle tante realtà? Noi, personaggi di un gioco (o di un film) senza sapere di esserlo. Il bello è che il film stesso condiziona lo spettatore, facendogli credere che quel che vede sia prima reale, poi finzione e, verso metà pellicola, confondendo le due cose solo per farci scoprire che anche quel che all'inizio noi credevamo vero (pur trattandosi di film) non lo era.
E nel frattempo Cronenberg ha preso per il culo noi e le nostre sicurezze, colpendo i protagonisti, i loro proclami, la loro morale. Personaggi persi, lanciati in azioni terribili che noi ci ostiniamo a giustificare "perché tanto è un gioco", "perché tanto è un film", "perché tanto non è reale". Le stesse giustificazioni che troviamo nella quotidianità, di fronte a fatti reali, solo perché (ad esempio) un telegiornale ce li presenta vicinissimi e pur lontani allo stesso tempo. Perché non possiamo essere sicuri di nulla finché tutto verrà filtrato da uno schermo. E Cronenberg lo sa, lo ha sempre saputo. E' una carriera che lo dimostra e che va oltre. Eppure, in Existenz, lo dice chiaro e tondo, con quel sorrisetto sotto i baffi, concludendo con un socratico "io so di non sapere". Questa cosa mi fa impazzire ed è stato bello quella notte di qualche giorno fa, dopo la visione, continuare a pensarci e poi andare a dormire con tanta confusione, un po' di ansia, ma la mente altrove.
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