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Exit – Alicia Giménez-Bartlett (Sellerio Editore 2012) – di CorpiFreddi Itinerari Noir

Creato il 28 gennaio 2013 da Wsf

exit

Stupefacente è il primo aggettivo che mi viene in mente. Come ci immaginiamo la nostra morte? Vorremmo pianificarla, organizzarla, recitarla? Ci si può uccidere senza una apparente buona ragione? E decidere di morire deve per forza averla una buona ragione? E’ stato il romanzo di esordio della Bartlett, pubblicato solo adesso in Italia e per quanto, di solito, insospettiscano uscite tardive di opere prime di autori all’apice del successo, EXIT non delude. E’ una storia di paradossi, un romanzo dai toni vagamente surreali, che porta la mente ad ondeggiare, come la risacca sulla battigia, tra il tragico e la parodia.

EXIT è il nome, evocativo, di una residenza di classe, di una clinica per privilegiati, che si permettono il lusso di scegliere, quando e come congedarsi dalla vita. Sono assistiti da due medici, fini esteti e da una spigolosa infermiera che ha, fra le sue doti, capacità culinarie sopraffine. E si, perché ad EXIT si passano giornate allegre, fra pranzi, balli, banchetti, cibi raffinati e litri di champagne, discussioni e piacevoli chiacchierate. E’ un posto accogliente, elegante, circondato da un parco lussureggiante, dove si paga perché la vita sia gioiosa, fino a quando ciascuno non decida modi e tempi per andarsene. Il contratto, però, è a termine, scade allo scadere della stagione: chi non si suicida deve salutare e lasciare spazio agli ospiti successivi. Non ci sarà un secondo giro, non ci sarà una seconda possibilità. E la morte arriva, a interrompere per un momento la gioia artefatta della vita di comunità. E’ accompagnata da cerimonie bizzarre, che richiedono coreografie dettagliate. In un mondo che ha perso il senso del vivere e forse del morire, le vecchie liturgie non consolano più, se ne cercano altre, probabilmente vacue, ma su misura, come se fossero l’ultimo vestito da indossare per l’estrema rappresentazione di una vita che non si sa più vivere, ma solo recitare e rivedere nello sguardo degli altri, non amici, non parenti, neppure nemici, bensì pubblico.

Potrebbe sembrare un romanzo sull’eutanasia, in realtà è molto altro, ad EXIT non vanno i malati, anzi, per essere ammessi, occorre certificare di non essere affetti da patologie fisiche né tantomeno essere depressi, serve solo la volontà di farla finita. Badate bene, la volontà, non una presunta, ragionevole, socialmente accettabile, buona ragione per farla finita.

La Bartlett ha l’animo dell’investigatore e questa volta indaga, senza ipocrisie e con i tratti ironici che contraddistinguono il suo scrivere, nell’anima di una borghesia e di una società annoiata, alla quale sono venuti a mancare gli strumenti tradizionali e gli anticorpi per affrontare alla vita. Fra situazioni grottesche e colpi di scena, la tensione resta alta ed è facile scivolare nel mondo surreale di EXIT, sentirsi parte della strana compagine li radunata per morire, ma che ne frattempo vive, ama, odia, soffre e finisce, in poco tempo per diventare intima, un gruppo di amici, pronti a vivere e a confondersi nella partita del fato, del sentimento e dell’estrema decisione.

Non è un romanzo sulla buona morte, ma sulla cattiva vita, sulla mancanza di senso, o dell’incapacità di trovarlo, in noi e in quelli che ci stanno accanto, compagni scelti od occasionali di viaggio. Non c’è consolazione, non c’è disperazione, c’è una visione laica del vivere e del morire, che si apre con sguardo estetico ed estatico verso la bellezza della vita. Il senso del tragico scolorisce nell’ironia della prosa, nel fraseggio teatrale del testo, nello spazio chiuso della villa e nell’arco temporale di un’estate.

E’ un testo attuale, capace di molti registri e di strappare qualche risata, sicuramente di accompagnare verso riflessioni che prima o poi tutti incontriamo sul nostro cammino. E’ anche una sorta di manifesto del pensiero dell’autrice, si trovano già tutti i temi della produzione successiva il femminismo, il senso del tragico della vita e il tentativo di affrontarla sorridendo, senza prendersi troppo sul serio, mostrando quanto la vita, con i suoi paradossi, possa essere comica, per coloro che abbiano voglia e il coraggio di ridere.

articolo di Francesca Fossa – Corpifreddi Itinerari Noir


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