«Conosceva come le sue tasche quel dedalo di acque sozze. Ci aveva passato un’infanzia solitaria, in mezzo al fetore di quella palude: pomeriggi interi a caccia di ramarri mentre il padre schiavizzava la squadra di operai che aveva ingaggiato per dare forma al suo fallimento.
Scivolò lungo sentieri scoscesi tra i reflui calpestando erba rorida e guazzosa, i richiami d’ogni genere di rapace notturno ad affollare l’umida vastità del sottobosco e le colonie di funghi a ombrello che gli ostacolavano la corsa facendolo procedere incespiconi. Sapeva che non poteva essersi inoltrata più di tanto nella scuraglia e che - se almeno una volta la fortuna lo avesse degnato di un po’ di riguardo - forse l’avrebbe incontrata prima di quel pezzo da galera di Pà Nasi.D’un tratto si smarrì, il buio attorno a sé brulicava come un barattolo pieno di lombrichi e l’aria sciamava del ronzio instancabile di un milione di moscerini. Cominciò a girare su se stesso alla cieca, da una parte all’altra, il fucile rigorosamente armato, incerto se mettersi a urlare il nome della ragazza oppure continuare a scandagliare muto la zona senza alcuna altra valida strategia che non fosse desiderio di trovarla subito, adesso, per salvarla per sempre da lui.»Aspettati l'infernoraccontiOmar Di Monopoli (Ed. Isbn)
