Vlao, accompagnato da Martimarti e Zander, era partito con tante aspettative verso l’esposizione universale di Rho… ma solo con una vaga idea di quello che lo stava aspettando.
L’unica certezza era l’ennesimo raduno laotiano che, con l’appoggio logistico dei compagni milanesi, Mrs.Postamat e Mr.Linux, e l’apporto del toscano FulvioAbbestia, non poteva che essere un successo. Il parterre di Cologno Monzese, con la presenza di special guest di tutto rispetto provenienti da viaggi in ogni dove, è stato veramente ricco e variegato così come la cena del venerdì sera.
La sana scorpacciata era solo l’antipasto di quello che sarebbe stato il vero piatto forte del weekend, la spedizione all’EXPO MILANO 2015. Una spedizione che si rivelerà punitiva per i laotiani, perché una cosa sono le code di cui si è sentito dire… ma un’altra è l’impraticabilità di campo, si perché, con così tanta gente, è di impraticabilità della fiera che si deve parlare.
La fiumana di persone in rotta di collisione con i tornelli dell’entrata è solo la punta dell’iceberg rispetto a quello che si sarebbe visto dentro. Il Decumano, il fiume umano che passa attraverso i padiglioni dell’Esposizione Universale, è un brulicare di persone che vaga senza meta.
Appena entrati i laotiani, spauriti, decidono all’unanimità di saltare il padiglione zero… troppo inflazionato… e di optare per lo stand brasiliano famigerato per la sua rete sospesa. L’ingresso è presidiato da una colonna di persone lunga 1 ora e 20 a cui diligentemente si accodano. Procedendo a singhiozzo si avvicinano lentamente alla trama di iuta che li porterà, sospesi, sopra la tipica vegetazione brasiliana. Osservando i visitatori vaganti tra le piante del piano inferiore, si arrampicano su su fino all’ingresso del padiglione vero e proprio che degnano di una rapida visita che comunque li lascia positivamente sorpresi. Ma che vorranno dire con questa istallazione i brasiliani??? Nutrire il pianeta? Bastano le piante… crescono da sole… è meglio spassarsela saltellando su una mega amaca piuttosto che zappare la terra.
Padiglione Cina
E’ già l’ora di pranzo e che c’è di meglio che deglutire i panini home-made con un fresco sorso di Beerlao??? Attraversando il Decumano in piena, si va verso il mini padiglione del Laos ospitato nel cluster del riso insieme ad altri paesi meno abbienti. Il gruppetto consuma il lunch e si rigetta tra la folla dove si accorge che anche i padiglioni più sfigati hanno ore di coda…
L’Angola, la Colombia, il Marocco, gli Emirati Arabi… sono inespugnabili. Al Kazakistan ci sono 3 ore di fila. All’Italia nemmeno vale la pena passarci davanti. Un tentativo per curiosità al Giappone, il più rinomato, e qui i tempi di attesa sfondano le quattro ore.
Sono quasi le due del pomeriggio e i laotiani hannovisto un solo padiglione! Vlao comincia ad innervosirsi. Bisogna fare qualcosa… e quella cosa è alquanto chiara… bisogna fare la fila. Insieme a Martimarti e Zander decide che almeno un altro padiglione prima di sera lo vogliono vedere, si accodano perciò alla Cina, mentre gli altri optano per il padiglione zero. Dopo un’ora e venti di estenuante attesa all’ingresso del padiglione del paese del dragone, finalmente entrano. Una stanza piena di steli led li accoglie con giochi di luce psichedelici, mentre un filmato introdotto dal capo supremo cinese li introduce nella realtà agricola tipicamente asiatica. Dopo un po’, con un breve balletto caratteristico, gli occhi a mandorla accompagnano i visitatori all’uscio… avanti i prossimi.
Prima della ricongiunzione con quelli del padiglione zero Vlao, Martimarti e Zander hanno addirittura il tempo per visitare la Gran Bretagna… una mezz’oretta di coda e via… attraversando un prato verde, abitato da insetti, entrano in una struttura metallica che dovrebbe rappresentare un alveare… è curiosa la possibilità di mettersi in contatto con le api mettendosi in bocca uno stecco di legno… non si capisce cosa c’entri tutto ciò con il regno unito, e con il nutrire il pianeta soprattutto, ma almeno… si fa poca fila.
I tre ripassano per curiosità al Kazakistan… ma niente… c’è gente sconsolata che staziona da ore. Qui non dà buoni frutti nemmeno la tattica del passeggino (strategia usata da genitori senza scrupoli che legano ragazzini quattordicenni alla quattro ruote a spinta per ottenere un ingresso prioritario ndr). Decidono comunque di rimpinguare il loro bottino giornaliero visitando la Turchia… si entra da tutti i lati e non c’è da aspettare… mitici. Prima del tramonto ci scappa anche una altro pavilion, certo non uno di quelli clou… molti si buttano negli USA… ma Vlao si rifiuta e, facendo contenta Martimarti, si dirige verso il Mexico.
Basta, ormai non c’è più tempo… è l’ora dell’albero della vita… tutti si dirigono verso la piazza principale di Expo, dove un pacchiano albero metallico pieno di cavi e ammennicoli vari di notte si trasforma in uno spettacolo… la musica accompagna le evoluzioni colorate della finta pianta che sprigiona colori, spruzza acqua e lancia fuoco in un crescendo emozionale. Una degna conclusione della giornata fieristica.
A fine show i laotiani si ricongiungono e si fanno trasportare verso la metro dalla corrente umana. Sono distrutti dall’intensa giornata e non oppongono resistenza. Hanno la forza solo per una pizza prima di andare a letto dove, come dei sassi, si risvegliano il mattino dopo nella medesima posizione in cui avevano toccato il materasso la sera prima.
Alla fine tutto sommato era una cosa da fare, non capita mica tutti gli anni di avere una esposizione universale sotto casa. Certo forse c’era un tantino troppa gente, però poteva anche andare peggio… poteva piovere…