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EXPO: evvai Trentino!

Da Trentinowine

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Dal nostro inviato, infiltrato fra i giornalisti invitati, e trasportati in corriera, dalla Provincia di Trento a Milano, l’altra cronaca dell’EXPO trentino.

Il nostro collaboratore si firma Libellula, preferendo mantenere l’anonimato a scanso di spiacevoli ritorsioni.

di Libellula – Raccontare Expo Milano 2015 non è semplice, figuriamoci la sbandieratissima Expo Trentino.
La prima impressione che ho avuto, direttamente dal finestrino del pullman organizzato dalla Provincia di Trento per la stampa, è stata quella che l’autista avesse sbagliato strada e che fossimo finiti a Gardaland. Dal recinto che circonda il quartiere fieristico, infatti, emergono vistose installazioni e i padiglioni più alti, esattamente come nel noto parco divertimenti. Anche la viabilità e la segnaletica stradale sono state modificate in funzione di Expo e non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa succederà a queste modernissime infrastrutture dopo la chiusura, prevista per il 31 ottobre.
Piazzetta Trentino è facilmente raggiungibile: si trova sul Cardo Nord, la direttrice che porta all’Albero della Vita ed al Padiglione Italia, la zona più visitata di Expo. Se i colleghi presenti non si fossero fermati, però, non l’avrei mai notata. Dai comunicati che l’ufficio stampa della Provincia aveva diligentemente provveduto a consegnarci, infatti, mi aspettavo qualcosa di maestoso. Peccato che le tre “Torri del Vajolet” fossero dei lastroni di pietra anonimi e che “l’anfiteatro” fosse solo una tettoia. Lo “spazio incontri”? Un corridoio rivestito da scaffali in stile Ikea pieni di mele, qualche bottiglia della Cavit e una ventina di pacchetti di “zirele” (per i non trentini: caramelle a forma di cubetti a base di zucchero). Costo dell’opera? Un milione e seicentomila euro finanziati dalla Provincia di Trento, duecentomila investiti dagli Special Sponsor (Astro, Cavit, Dolomiti Fruits, Melinda, Mezzacorona, Pasta Felicetti, Sciare in Trentino, Sottobosco Paoli, Terme e salute, Trentingrana e Adige Spa) e seicentomila reperiti tramite fondi nazionali C.I.P.E. (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica), per un totale di due milioni e quattrocentomila euro. Questi soldi sono finiti in legno e sassi, qualche monitor e un proiettore, di qualità extra lusso visti i costi. A onor del vero, bisogna dire che al Trentino è stato anche riservato uno spazio di protagonismo settimanale nel Convivio delle Regioni e “ben” ventotto metri quadrati nel Padiglione Vino. Peccato che, soprattutto nell’ultimo spazio, i trentini non abbiano saputo mettere a frutto questa possibilità: nel giorno dell’inaugurazione di Piazzetta Trentino nessun espositore ha sentito il bisogno di essere presente. Bottiglie in vetrina, insomma, ma proprietari irreperibili.
Alla cerimonia di apertura, poi, i presenti erano una cinquantina, di cui venti giornalisti, una decina di politici e una ventina di esponenti di spicco del turismo e della produzione agricola del Trentino.
L’impressione era quella di trovarsi in un luogo di autocelebrazione di una “trentinità” priva di contenuti e incapace di immettersi in un contesto ampio come quello proposto da Expo. I pochi curiosi sono stati allontanati perché l’evento era “riservato ed esclusivo”.
Il confronto con l’Alto Adige-Südtirol, dirimpettaio della piazza è stato inevitabile. I “vicini di casa” hanno ricreato un contesto sudtirolese, arricchito da una struttura in legno grezzo, sviluppata in altezza e dotata di una terrazza con vista sul quartiere fieristico. Uno spettacolo che ha reso ancora più misera l’esposizione trentina.
Di questa Expo Trentino, una sola cosa si è salvata ed è il Padiglione Ferrari, che si è dimostrato all’altezza delle aspettative e degno di competere con il resto del mondo. Con le sue diecimila bottiglie stappate in soli tre mesi e con il ristorante completamente prenotato dal 24 agosto fino al 31 ottobre, la Famiglia Lunelli è stata in grado di mettersi in gioco e di dimostrare che Expo potrebbe essere una vetrina e anche un trampolino di lancio. Un concetto compreso già dal fondatore Giulio Ferrari, che nel lontano 1906 si aggiudicò la Medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Milano. Più di cento anni dopo i trentini sembrano non aver capito nulla e sprecano l’ennesima occasione per ricavarsi uno spazio nel mondo. Evvai Trentino!


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