8 gennaio 2013 1 commento
Per questa ed altre ragioni, trovo invece piu’ interessante parlare dell’esperienza personale della visione del film prima e dopo la lettura del romanzo, quali nuove suggestioni e valenze emergono.
E’ bene sgomberare il campo anche dalla questione che piu’ di altre ha tenuto banco all’uscita postuma del film, ovvero se sia o meno un film attribuibile interamente a Kubrick.
Si dice che quando mori’ le riprese erano da tempo terminate e col montaggio in pieno stato d’avanzamento. Per chiunque altro, cio’ basterebbe per attribuirne la paternita’ ma conoscendo la perizia e la cura che Kubrick riponeva nelle decine di ciack per ogni singola sequenza, viene da se’ che la cernita del girato, fosse un’operazione fortemente caratterizzante il prodotto finito.
Sotto questo aspetto un montaggio non completato da Kubrick equivarrebbe a un girato non interamente suo ma soprassediamo, per quanto talvolta venga da dubitare sulla paternita’ di quanto si vede, togliendo allo spettacolo una parte del gusto. Si aggiunga che altre testimonianze diano Kubrick scomparso pochi giorni dopo la consegna della pellicola alla Warner quindi e a maggior ragione, la questione per me si conclude qui.
Vedendola per la prima volta e senza aver letto Schnitzler, fu forte l’impressione che la vicenda fosse fin troppo cucita addosso al regista e che in generale il film rappresentasse la summa del Kubrick-pensiero, un riassunto della propria opera da lasciare ai posteri presagendo forse l’imminente disgrazia.
Se luci e uso della steadicam tecnicamente rimandano a "Shining", il contrappasso della vicenda conduce di fatto al destino dell’Alex di "Arancia meccanica", tanto per dare un’idea delle possibili autocitazioni.
E’ inevitabile invece che Harford/Fridolin siano immersi entrambi nella campitura onirica sulla quale la storia e’ affrescata, ben riprodotta dal regista nell’incessante e fluido movimento di camera e il ritorno sugli stessi luoghi che alla luce del sole si mostrano come doppi opposti della notte, e’ mutuato dal romanzo, funzionale per la sceneggiatura senza troppe modifiche. Ogni aspetto della vicenda ha un suo doppio che visivamente Kubrick sottolinea col forte contrasto di tinte gialle e blu, opposizione di anime, cause ed effetti, sogno e realta’ nel mescolarsi continuo, traumatico eppure peculiare dell’esistere. Per approfondire rimando pero’ al romanzo.
Altra questione e’ la moltitudine di avvenimenti che accadono al protagonista. Senza la descrizione del libro di cio’ che accade nella mente del Fridolin narrante e conseguenti reazioni, e’ forte la parvenza di una forzatura della storia affinche’ si compia cio’ che io chiamo "tutto in una notte" ovvero una impossibile sequenza di eventi che nel mondo reale non accadrebbero neppure in una vita.
Schnitzler da’ le sue spiegazioni e giustificazioni che rendono meno improbabili certi avvenimenti ed esserne a conoscenza aiuta a interpretare meglio l’opera di Kubrick, per quanto egli sia bravo a rendere immagine il desiderio della moglie e il disagio del protagonista, mescolato al veleno della gelosia e del riscatto.
Le differenze tra testo e pellicola non si contano eppure topologicamente restano affini, identiche addirittura laddove il grosso del cambiamento e’ legato all’attualizzazione della storia e nel rendere visibili i pensieri del protagonista, operazione che impone certe scelte cinematografiche piuttosto diverse dal romanzo.
Altra questione, Tom Cruise e Nicole Kidman. A quel tempo la piu’ bella ed importante coppia del cinema statunitense, era assolutamente perfetta per portare in scena giovani sposi, ricchi e innamorati ma credo che nella testa di Kubrick vi fosse altro. Due attori, per quanto bravi, non possono avere la stessa intimita’ di marito e moglie e’ ovvio. Da un lato la pignoleria del regista esige la perfezione ma soprattutto in una vicenda nel quale il tradimento e’ idealizzato e non compiuto, il sentirsi coinvolti e sconvolti richiedeva qualcosa che andasse molto, molto oltre la platealita’ della recitazione. A Kubrick servivano due persone che in qualche modo vivessero i confini del rapporto matrimoniale e affrontassero questi limiti con una introspezione ed un coinvolgimento impossibile da provare se non sulla propria pelle. Ebbene se prima della lettura del romanzo ritenevo Kubrick uno scaltro opportunista per aver ingaggiato i due, col testo alle spalle e’ impossibile non pensare che con loro volesse andare altre, che l’intento fosse di ottenere il massimo della recitazione scavando dentro l’anima non degli attori ma delle persone, porre la coppia di fronte alla fragilita’ del rapporto di coppia e far giocare loro per davvero la sfida interiore che la presa di coscienza pone. I coniugi si separarono poco tempo e ricordo un’intervista nella quale si attribuiva al film un certo ruolo, per le domande poste e gli interrogativi evidentemente irrisolvibili.
Sono certo che Kubrick lo avesse messo in conto, come sarebbe da mettere in conto per qualunque coppia decidesse di affrontare seriamente il problema.
Ripeto, tanto si e’ scritto che trovo inutile scendere nei dettagli ma spendendo un’ultima parola sui protagonisti, trovo entrambi nella parte, bravi ma non al loro meglio, leggermente sovraeccitati ma le tecniche di ripresa per cosi’ dire "estranianti" di Kubrick, alterano lo stile attoriale e del resto cio’ che si vede e’ perche’ cosi’ ha voluto il regista.
Detto tutto? No ma per giudizi o scambi di opinioni piu’ strettamente detti, sono qua. Parliamone.