Photo credit: Official U.S. Navy Imagery / Foter / CC BY
Nei due mesi passati si è parlato lungamente degli F-35, dell’esborso oneroso richiesto per dotarsi di simili velivoli e dei costi effettivi della crisi economica che attanaglia il Paese ormai da troppo tempo. Eppure, nonostante i conti in tasca, sembrava un argomento destinato a godersi la prima pagina per parecchio. E invece sembra proprio il contrario, stando almeno ad una frase pronunciata dal ministro della Difesa, Mario Mauro, il quale, alla presenza delle Commissioni di Difesa, Esteri e Politiche europee del Senato, ha affermato: “Si dice che se ci ritiriamo dal programma per i caccia F-35 non avremo penali. Ma abbiamo già speso 3,5 miliardi di euro per la portaerei Cavour che dovrebbe ospitare gli F-35 a decollo verticale. Allora non capiremmo per quale ragione abbiamo speso quei soldi”. I costi dell’Europa per gli armamenti hanno qualcosa di impressionante. Si parlerebbe di una spesa complessiva pari alla somma di quanto investono Cina, Giappone e Russia messi insieme. Il problema, tuttavia, non sembra tanto da ricercarsi nell’entità della spesa, quanto invece nella disorganizzazione complessiva degli investimenti. Insomma, ciascuno dei 27 Paesi dell’UE ragionerebbe con la propria testa, proprio come se un’unione di fatto non esistesse neppure. Queste ancora le parole del ministro: “L’inefficienza sta nel fatto che questa spesa non è né unica, né coordinata tra i 27 Paesi membri. Ciascuno va sostanzialmente per la sua strada”. Il problema è stato del resto ben spiegato, e nei dettagli, dallo stesso Mario Mauro, che ha continuato dicendo: “Tutti i Paesi europei stanno riducendo quelle capacità operative che sono più costose da mantenere, ma così facendo, l’Europa nel suo complesso si ritrova con una pluralità di eserciti nazionali più piccoli e meno capaci, divenendo essa stessa meno capace di giocare un ruolo significativo sulla scena mondiale”. In altri termini, un’Europa che “spende e spande” ma si rende ogni giorno più vulnerabile. Stando infatti ai dati del solo 2011, l’Europa avrebbe investito quasi 30 miliardi di euro per gli armamenti e gli equipaggiamenti dei singoli eserciti. Insomma, un autentico sproposito. Sempre lo stesso Mauro ha commentato: “Non possiamo eludere la necessità che l’Europa nel suo insieme si doti di capacità comuni, cioè propriamente europee e non semplicemente nazionali e condivise con gli altri”. E sottolineando poi il ruolo decisivo dell’Italia, lo stesso ministro ha spiegato come il Paese da oltre sessant’anni si sia assunto le dovute responsabilità per la protezione e la difesa. In buona sostanza, quando si andrà a creare un esercito “europeo”, l’Italia dovrà comparire nella “pattuglia di testa, quando si tratta di favorire la crescita della difesa europea”. In Senato, tuttavia, a fronte della votazione di mercoledì, il clima è particolarmente acceso. Si riconoscono, com’è normale che sia, le spaccature interne. Da una parte il Partito Democratico, insieme ad una frangia del Popolo della Libertà, vorrebbe posticipare le sorti definitive del progetto. Sul fronte di Sinistra Ecologia e Libertà, nonché il Movimento 5 Stelle, le idee sono invece ben chiare: far marcia indietro sugli F-35 e anche subito. Il dado non è stato ancora del tutto tratto, nonostante le parole del ministro della Difesa.
Articolo di Stefano Boscolo