Cristian ButtazzoniF1Sport.it
16 maggio 2015 – Il mondo della Formula 1 del passato ha pianto ieri la scomparsa di Renzo Zorzi, pilota trentino che ci ha lasciato all’età di 68 anni. Grande speranza dell’automobilismo italiano, Zorzi aveva tanti pregi, era un pilota veloce e consistente, ma aveva un piccolo grande difetto: era una persona semplice, buona, che non si è costruito una corazza che avrebbe potuto proteggerlo dagli attacchi che gli sarebbero piovuti addosso nel corso della sua carriera. Un appassionato come tanti, che è riuscito ad accarezzare il sogno della massima serie, ma lo ha visto infrangersi dopo troppo poco tempo.
Svolge il ruolo di collaudatore per la Pirelli e inizia a correre in Formula 3, grazie a una Tecno della scuderia Mirabella, ma dopo il passaggio a una Brabham la sua esplosione si è avuta nel 1975, quando si metterà al volante della Lancia. Proprio in questa stagione, il pilota italiano si guadagna le luci della ribalta grazie a una straordinaria vittoria nel Gran Premio di Montecarlo di Formula 3, che fa da apripista al Gran Premio di Formula 1. Una cornice che regalerà un doppio trionfo tutto italiano, grazie anche alla vittoria di Niki Lauda sula Ferrari. Ma le sue strade non lo portano in Italia, bensì da quelli che Enzo Ferrari definiva i “garagisti inglesi”. Sarà, infatti, Frank Williams a volerlo, facendolo debuttare, quasi per una coincidenza, al Gran Premio d’Italia, che coincide con la conquista del titolo iridato dell’austriaco della Ferrari, dove Zorzi si classificherà al 14. posto dopo essere partito 22. La stagione successiva, per Zorzi ci fu solo una gara da disputare, il Gran Premio del Brasile, visto che quella stagione la scuderia venne acquistata da Walter Wolf e il manager austriaco decise di affidarsi ai telai Hesketh. Zorzi decise così di tornare in Formula 3, ma il suo ritorno nella massima serie non tarderà ad arrivare.
Come detto, però, Zorzi era un pilota con la valigia, figura che era un po’ invisa specie ai team inglesi, ma la sua, di valigia, forse contribuì a quello che succederà in seguito. Era infatti sponsorizzato da Franco Ambrosio, manager considerato “il re del grano”, capace di portare l’Italgrani a battere i colossi americani in termine di fatturato ed esportazioni prima di essere colpito da diversi scandali, che però scoppieranno diversi anni più tardi. Zorzi, quindi, dovette combattere contro le ritrosie di Don Nichols, che si vide imporre il pilota italiano proprio da Ambrosio nel suo team. Il clima quindi non fu dei più idilliaci, anche se a tentare di mitigare le cose ci penserà il primo e unico punto ottenuto dall’italiano. Ma non tutto filerà per il verso giusto, anzi.
Si arriva a Kyalami, gara che darà vita a una delle tragedie più dure e, forse, inspiegabili della storia della Formula 1. Zorzi si ferma sul rettilineo d’arrivo a causa di una perdita d’acqua del radiatore della sua Shadow DN5, vuole uscire e per farlo sbaglia il movimento per sganciare il proprio casco dalla bombola dell’aria medica, perchè tira in senso contrario rispetto a quello che servirebbe per staccare il tubo di collegamento. E già di per sè, questa cosa non farà piacere ai vertici della Shadow. Ma quello che accade negli istanti successivi sarà ancora più grave: in soccorso di Zorzi arriva un commissario con l’estintore in mano, attraversando la pista perchè temeva un principio di incendio; però sulla sua strada sopraggiunge come un fulmine proprio l’altra Shadow, quella di Tom Pryce, che falcia il commissario e nell’impatto viene a sua volta decapitato dall’estintore. Si tratta di una delle morti più assurde della storia dell’automobilismo e allo stesso tempo inspiegabili. Ma siccome Zorzi veniva ritenuto un pilota arrivato in Formula 1 non tanto per le sue capacità quanto per la valigia che si portava appresso, Nichols decise che la responsabilità dell’accaduto dovesse ricadere unicamente su di lui, reo unicamente di essersi fermato in mezzo alla pista e non essere uscito in tempo utile dall’abitacolo. E così, dopo due ritiri, Nichols decise di fargliela pagare senza chiedergli spiegazioni sull’accaduto, e non in una gara qualsiasi, ma proprio a Montecarlo, dove era salito alla ribalta. Quando Zorzi entrerà ai box, e, come normalmente accade, si appresta a salire in monoposto, scorge il nome di Riccardo Patrese al posto del suo. E’ la fine della sua carriera nella massima categoria velocistica a 4 ruote, segnata da un rimorso che si porterà dietro per tutta la vita per una scena in cui è stato incolpevole protagonista.
Zorzi continuerà a correre e anche a vincere, segno evidente che il pilota possedeva doti velocistiche che in pochi avevano considerato, etichettandolo unicamente come pilota dalla grande valigia; trionferà, infatti, alla 1000 km di Monza del 1979 con una Lola T286-Ford condivisa con Marco Capoferri, proseguendo poi nelle gare di durata. Ma in seguito appenderà il casco al chiodo per dedicarsi alla crescita di giovani piloti con una scuola a Binetto. Tutto questo fino alla lunga malattia, che però non ha mai spento la sua personalità buona e sorridente, che ha fatto parte di tutta la sua carriera e che, forse, non gli ha permesso di raggiungere i traguardi che meritava. Ma noi lo ricordiamo così, un grande pilota che ha percorso con grande passione e onestà la sua carriera, forse non adeguatamente considerato da chi avrebbe potuto imprimere un deciso salto in avanti alla sua storia.
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