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F1 Così vicini, così lontani

Da Tony77g @antoniogranato

Alessandro FranceseF1Sport.it

07 ottobre 2015 – Entro fine anno, forse già a Sochi, Lewis Hamilton sorpasserà sicuramente Ayrton Senna in termini di GP vinti. I due, indiscutibili leader delle loro epoche motoristiche,in questi giorni sono stati più volte avvicinati e paragonati. Farlo è stato giusto, lo dicono i numeri. Ma la vita, le emozioni, la profondità dei personaggi non è mai stata e non sarà mai una questione di cifre. Ecco perché, a mio giudizio, ci vuole qualche distinguo.

Ayrton_Senna_1992_Monaco
Ayrton Senna viene ricordato come il più grande pilota di tutti i tempi. Può essere vero ma non vi può essere la conferma scientifica perché ogni generazione di campioni non è paragonabile alle altre. L’unica certezza nel paragonare i grandi è che ogni epoca ha le sue variabili; piste, livello tecnologico dei mezzi, livello degli avversari. Fangio, Stewart, Lauda, Senna, Schumacher ed oggi Hamilton sono stati e sono leader del proprio tempo e della propria epoca. Mischiarli per capire quale sia il più grande è solo un gioco fine a sé stesso.

La grandezza di Senna non va ricercata solo nei suoi eccezionali risultati sportivi ma nella profondità della sua persona . Senna è stato capace di essere il leader del movimento Formula1 di fine anni ‘80 / inizio ‘90. In quegli anni, da una buona parte di pubblico, la Formula 1  era seguita perché ci correva Senna e non per le gare in sé. Senna era un personaggio carismatico, potente, profondo capace di affabulare il pubblico con il suo modo di esprimersi e di vivere le gare a metà tra realtà e “metafisica”.

Ayrton_Senna
Senna era la Formula 1. La Fama e la gloria che otteneva dalla F1 le usava poi per condurre importanti battaglie dentro e fuori le piste. Fu in prima linea nei temi della sicurezza (un vero precursore della Formula 1 che ci sarà dopo di lui), fu in prima linea nei temi umanitari. Ricco di famiglia, reso ancora più ricco dalle corse, Senna cercava di riscattarsi da questo fortunato destino non smettendo mai di posare lo sguardo nei confronti della sua gente, del suo Brasile. Senna non faceva beneficenza tanto per fare, lui ci credeva. Voleva donare una possibilità a chi a differenza di lui  una possibilità non l’aveva mai avuta. E qui non parliamo di corse, parliamo di vita.

In pista, con la visiera abbassata, Senna era un’altra persona. Quasi crudele. Non concepiva e quasi non rispettava l’avversario, Senna non voleva e non sapeva perdere. Non si accontentava di batterli, i suoi avversari li voleva schiacciare.

In realtà poi era il primo ad accorrere sul luogo di incidenti, ad indignarsi se le condizioni di sicurezza non erano garantite o addirittura a fermarsi per portare il proprio aiuto ad collega in difficoltà come accadde a SPA nel 1992 in seguito allo schianto del francese Comà. Talvolta, Senna non era un santo, cercava persino di trarre vantaggio dalle sue battaglie. Non opportunismo, bensì capacità di ragionare, visione limpida delle questioni politiche di squadra e regolamenti.

senna-schumacher
Senna è stato il primo pilota ad affrontare le gare come un vero atleta, non una cosa scontata a quel tempo. Dopo di lui lo capì per primo Michael Schumacher che non a caso divenne il campione che imparammo ad amare in rosso. La preparazione fisica e psicologica curata nel dettaglio era il viatico per ottenere il massimo dei risultati. Per come diceva Senna, era il modo per  “andare oltre il limite”. Nulla in Senna era improvvisato.

Lewis Hamilton in pista lo si può si paragonare nei numeri ma a mio avviso andare oltre significa ledere entrambi.

Ayrton Senna era un uomo complesso e poliedrico, Lewis Hamilton è ancora un ragazzo. Per interessi, per vita, per abitudini, il confronto non deve andare oltre un discorso di numeri che in sé fa parlare giornalisti ed appassionati ma non contiene nessuna verità.

hamilton-silverstone-2015
Lewis Hamilton in Senna vede un proprio idolo di gioventù. Quando correva nei kart da ragazzino Lewis utilizzava un casco giallo proprio per questo oltre che per risultare maggiormente visibile nel gruppo dal padre. Ecco perché al debutto in F1 nel 2007 il casco di Hamilton era così simile  a quello dell’idolo brasiliano. Anche la storia di Lewis è sorprendente e bellissima. Da bambino disse di persona a Ron Dennis che un giorno avrebbe voluto vincere con una delle sue macchine. La Mercedes lo mise subito sotto contratto, finì che nel 2008 proprio Hamilton regalò a Ron Dennis l’ultimo titolo iridato della McLaren-Mercedes. All’epoca il rapporto di Hamilton col padre era molto stretto. E’ stato il padre a seguirlo e a fargli da manager negli anni che lo hanno formato e confermato campione. Ecco un altro distinguo. Senna era in grado di discutere di macchina e politica all’interno e all’esterno del proprio team, era capace di seguire da solo la propria persona nella gestione di contratti e clausole. Un valore aggiunto oggi pressoché perso.

Hamilton (austin)
Hamilton dal 2009 è stato seguito da una società che gestisce molti nomi dello spettacolo per poi recentemente tornare sui suoi passi sotto la gestione del padre Anthony. A modo suo anche Hamilton rappresenta una novità. La sua vita mondana al di là delle corse è sempre ricchissima. E’ onnipresente presente nello showbiz, più di una volta tra un GP e l’altro è solito fare il giro del mondo per presenziare ai più svariati eventi di cinema, spettacolo o moda. Continua a vincere e non lo si può di certo criticare, anzi Hamilton oggi è il miglior testimonial della Formula 1 nel mondo. La sua presenza ovunque, lo rende un personaggio versatile e trasversale capace di portare il mondo della F1 in contesti in cui certamente non sarebbe argomento di discussione. Oltre a quello che mostra in pista, questo è Lewis Hamilton. In termini di popolarità lui è oro in uno sport in crisi di personaggi.

Hamilton e Senna hanno vinto entrambi 41 GP. Fermiamoci qui però. La storia di Lewis è ancora in divenire, quella di Senna resta irraggiungibile.

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