17 ottobre 2014 – Ruote non carenate e abitacolo aperto da sempre rappresentano la maggiore fonte di pericoli in pista. Un argomento da sempre statico nella corsa alla sicurezza ma che, indiscutibilmente, rappresenta l’identità della categoria
Mentre Jules Bianchì, in Giappone, continua a lottare per vincere la corsa più importante, in queste settimane di sosta forzata prima dell’ultimo rush finale la F1 si interroga per capire come le vetture possano diventare ancora più sicure. Portavoce del parere dei piloti è stato Fernando Alonso il quale si è espresso favorevole all’introduzione di qualcosa che possa proteggere l’unica parte scoperta del corpo umano all’interno di una vettura: la testa.
Chi segue la F1 sa che la sicurezza, soprattutto negli ultimi 20 anni, ha fatto cosi tanti passi avanti che per ben due decenni non si sono registrati incidenti gravi. Alcuni episodi ci sono stati, anche duri nella loro dinamica, ma senza conseguenze troppo gravose per il fisico dei piloti.
La storia ci ha comunque insegnato che il capo è la parte più a rischio nelle competizioni. Helmut Marko, attuale boss Red Bull ed ex-pilota austriaco, nel 1972 si vide la carriera stroncata da un sassolino che gli bucò la visiera causandogli la perdita di un occhio. Peggio andò a Tom Pryce deceduto nel corso del GP del Sudafrica del 1977 investendo un commissario che stava attraversando la pista. L’estintore che il commissario teneva in mano colpì Pryce sul capo causandone probabilmente la morte sul colpo.
In tempi recenti tutti ricordiamo la molla che colpì Felipe Massa a Budapest nel 2009, fu una questione di centimetri. Se il pezzo metallico avesse centrato la visiera, oggi Felipe non sarebbe al volante della Williams. Henry Surtees, figlio del grande John, nello stesso anno in una gara di F2 a Brands Hacht perse la vita a seguito dell’impatto di uno pneumatico perso da un’altra macchina sul suo casco.
Tutti questi episodi dimostrano quanto i passi in avanti in termini di sicurezza siano relativi quando si parla della testa, minimo comune denominatore della storia della Formula uno, in quanto da sempre priva di copertura. L’incidente di Bianchi ha risollevato la questione tanto che si è ricominciato a parlare di abitacoli coperti o cupolini; per ora sono solo supposizioni che sulla rete hanno dato luogo alle immagini più fantasiose. Un eventuale cupolino rappresenterà una sfida ingegneristica straordinaria soprattutto in termini di resistenza di materiali, che ovviamente dovranno essere trasparenti.
L’altro grosso pericolo della formula 1 è costituito dalle ruote scoperte. I prototipi pensati per ovviare al problema negli anni sono stati molti. Uno su tutti lo studio “Fioravanti LF1″ che propose, nel 2009, una configurazione di monoposto con protezioni alle ruote al fine di evitare l’effetto carambola che coinvolge le vetture in caso di contatto. L’idea certamente vincente in termini di sicurezza è la medesima che configura le attuali monoposto Indycar. Chissà se non sarebbe il caso, per una volta, che la F1 prenda spunto dai cugini americani.
F1 | I pericoli delle ruote e degli abitacoli scopertiF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi