Imola, 1 maggio 2014 – Alle ore 14.17 di quel giorno soleggiato, Ayrton Senna si schianta alla curva del Tamburello e dopo diverso tempo viene portato in condizioni disperate all’Ospedale Maggiore di Bologna, dove perderà la vita alle 18.10. Il brasiliano viene così consegnato una volta per tutte alla leggenda e ne alimenta il mito.
Ma cos’è veramente accaduto qwuel 1 maggio 1994? Il processo instaurato presso il Tribunale di Bologna vede imputato tutto lo stato maggiore della Williams, dallo stesso patron Frank a Patrick Head e Adrian Newey; il patron e il capo tecnico vengono assolti, ma la prescrizione non esclude la responsabilità di Patrick Head. E questo getta una pesante ombra di mistero sulla vicenda. Cosa è veramente accaduto in quella terribile domenica? Dov’è la FW16 del pilota brasiliano incidentata? Come mai i soccorsi sono partiti tardi dopo l’incidente? Tante cose a 20 anni di distanza continuano ancora a creare discussion, dibattiti, polermiche e continuano a far scrivere fiumi di inchiostro. L’incidente rimane ancora una cosa misteriosa, molto misteriosa. Quello che non ha misteri è il testamento che ha lasciato: un’eredità pesantissima, che ha segnato per sempre la storia della Formula 1, che finalmente dopo quella gara comincia seriamente a interrogarsi non solo sulle questioni della sicurezza, ma sul proprio futuro. E l’eredità è stata tanto grande quanto il personaggio Senna, percfhè ha cambiato in modo irreversibilòe il mondo della Formula 1, cambiando le macchine, ridisegnando i circuiti e cambiando la filosofia del mondo delle corse. Infatti si impegnerà a fondo per cercare di garantire la sicurezza dei circuiti e delle macchine, anche a fianco di Jackie Stewart, lo stesso pilota con cui, proprio per la stessa ragione, polemizzerà in una nota intervista. Stringerà un’amicizia importante, quella con il “dottore” della Formula 1, Sid Watkins, che lo seguirà molto da vicino dal punto di vista medico, e con lui inizierà una serie di progetti e studi, i cui frutti si vedono ancora oggi.Ma chi era veramente Ayrton Senna? Il pilota-computer senza scruopoli, impietoso con gli avversari, perfezionista, in grado di andare sempre oltre ogni limite?
Oppure l’uomo dal cuore grande, amante del suo Brasile, un campione di emozioni? Di certo la sua vita ha cambiato l’esistenza di molte persone, da chi era dentro alla Formula 1 a chi con la Formula 1 non c’entrava nulla, come il popolo brasiliano che lui tanto amava e che non aveva paura di celebrare durante ogni sua vittoria. Quel popolo delle favelas da dove veniva anche lui e che spesso aiutava, perchè non poteva lasciare che quella parte di mondo venisse troppo facilmente dimenticata; bisognava aiutare coloro che non erano fortunati come lui a realizzare la loro vita e i loro sogni e lui, che è stato fortunato, aveva il dovere morale di divulgare questo messaggio per non lasciare sola la sua grande famiglia brasiliana.Senna era innanzitutto un pilota formidabile, appunto, capace di firmare imprese impossibili come il Gran Premio d’Europa del 1993 sotto l’acqua, oppure il Gran Premio del Brasile 1991, in cui vince con il cambio bloccato in sesta marcia, capace di firmare ben 65 pole position, di ricercare ogni volta il limite e di superarlo. Ma è stato, anche, il pilota che ha salvato la vita a Erik Comas nel corso delle qualifiche del Gran Premio del Belgio 1992, arrestando la sua McLaren in mezzo al rettilineo di Blanchimont e lanciandosi in una corsa folle per estrarre il pilota francese dalla sua Ligier, l’uomo che ha regalato all’ultima curca la vittoria a Gerhard Berger nel Gran Premio del Giappone 1991, quello che lo ha incoronato Campione del mondo per la terza volta.
Ma è anche l’uomo rispettato e amato per i suoi modi sempre (o quasi) pacati nel lamentarsi e nell’affrontare, anche a muso duro, gli avversari (chiedere a Michael Schumacher) e per l’umanità che aveva nell’affrontare le corse. “La vita è troppo breve per avere nemici”, ecco la vera filosofia di Ayrton: in pista tutti avversari, ma nessun nemico. Forse l’unico che avrebbe potuto rappresentare l’emblema del nemico di Ayrton era il suo grande rivale, Alain Prost, che pretese dopo i due anni passati insieme in McLaren di non averlo più come compagno di squadra, ma anche lui, a fine carriera, avrà modo di congedarsi dalla Formula 1 ad Adelaide nel 1993 celebrando quello che era solo un rivale, ma mai un nemico e cioè il vincitore Senna.“Io voglio vincere sempre. L’opinione secondo cui la cosa importante è competere è un’assurdità“; ecco il credo di Ayrton, quello che in fondo è il credo di tutti i piloti, che non si mettono alla guida di un mostro di 700 e più cavalli per arrivare ultimi, in fondo sarebbe riduttvo, ma tutti affrontano una gara in automobile per puntare al massimo risultato, e questo era quello che voleva Ayrton. E per farlo, in quello che non avrebbe dovuto essere l’ultimo anno della sua carriera, voleva la mnacchina migliore, quella Williams che gli anni prima avevano guidato Mansell e Prost, per dimostrare anche a loro due di essere più forte di loro. E questo non avrebbe dovuto essere l’ultimo anno di Senna in Formula 1; lo aspettava la Ferrari per il 1995, dopo che Fiorio è stato cacciato per aver cercato di portarlo al fianco di Prost, lo aspettava, forse, la Minardi, il team per il quale Ayrton aveva profonda stima e che era desideroso di aiutare nell’ultima parte della sua carriera.
Ma già dai test invernali c’era la sensazione che qualcosa non stesse andando nel verso giusto, anche a causa dei nuovi regolamenti tecnici, che impedirono alla Williams di essere supderiore. Ma almeno nelle prime gare, Ayrton mette tutto se stesso e piazza due pole position in Brasile e ad Aida; non riuscirà, suo malgrado, ad avere la meglio su quel giovane tedeschino di nome Michael Schumacher, con cui cercherà di lottare, ma sarà costretto a un incredibile doppio ritiro.Si arriva a Imola, in quel tragico weekend tra aprile e maggio; Senna è molto inquieto, assiste all’incidente del suo giovane concittadino Barrichello e va a trovarlo in ospedale, avendo modo di rincuorarlo e anche di scherzarci su; il sabato la sua inquietudine si fa ancora più forte quando ai box vede il terribile schianto che uccide Ratzenberger e chiede “320 km/h?”. Ayrton è scosso, nervosissimo, il sabato sera va a fare il solito giro della pista con Angelo Orsi, il fotografo di Autosprint, e gli chiede uno scatto alla curva Villeneuve, la stessa dove perderà la vita il povero Roland, e gli farà la promessa che se avesse vinto quella gara avrebbe sventolato la bandiera austriaca e avrebbe fatto il giro dì’onore con lui seduto al suo fianco… Il destino beffardo lo ha portato via troppo presto, all’età di 34 anni nel momento in cui aveva ancora molte cose da dire a questa Formula 1 malata di soldi e che per i soldi ha via via portato a distruggere i rapporti umani. Lo piangono tutti, da Prost al grande amico Berger, da Piquet a Barrichello a Massa; non solo perchè il vuoto che ha lasciato è incolmabile, ma anche per i suoi gesti, le sue parole, i suoi slanci, le sue meditazioni all’interno dell’abitacolo, le sue preghiere, le sue pole position, la sua guida esaltante sul bagnato, le sue vittorie, i suoi titoli… insomma, perchè era Ayrton Senna, che come Jeremy Clarkson disse in un tributo, “era spettacolare in ogni singola gara che ha corso”.
F1 | Imola ’94 ep.10: 1 maggio 1994, Senna dalla storia alla leggendaF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi