14 Febbraio 2015 – A poco più di un mese dall’inizio del mondiale di Formula 1, prosegue la collana “F1 Legend” dedicata alle più grandi monoposto nella storia della Formula 1. Oggi è il turno della Ferrari 312 T4.
San Valentino: festa degli innamorati, di chi si vuole ben e di chi ama. Ogni ferrarista ama e ha amato lei, l’ultima regina per quasi 21 anni uscita dalle scuderie di Maranello. Chiamatela pure brutta, papera o storpio. La Ferrari 312 T4 non deve essere bella per essere amata, ma va compresa per quello che è. Una storia da B-Movie anni ’90, dove la brutta della scuola aveva una profondità in grado di far innamorare il bel protagonista. Ecco, la Ferrari 312 T4 è proprio così. Bollata dalla critica come brutta prima ancora di toccare l’asfalto, ma capace di spaccare il mondo al suo debutto e diventare vincente. Nel mondo dove essere belle è un’optional, la 312 T4 è diventata icona e immagine come una top model nel mondo, nostro, che vive anche di forme, suoni e non solo di numeri e spettacolo a tutti i costi. E poi, diciamocelo, ditelo voi che è brutta perchè in queste righe sopra scritte il motto è “ambasciator non porta pena”.
4° sorella di una famiglia leggendaria: 4° figlia della saga “312 T”, la saga dei tempi eroici della Formula 1 secondo la Ferrari. La saga che sancì il ritorno di Mauro “Furia” Forghieri al tecnigrafo del reparto corse di Maranello. Una saga nata dopo un 1973 disastroso, una risalita iniziata e già l’anno dopo culminata con i due titoli (1975, 1977) di Lauda prima della clamorosa fuga verso i milioni Brabham. La vita, si sa, va avanti e dopo un 1978 non di sicuro vissuto come anno “top”, Forghieri si rimette al lavoro e disegna la quarta generazione della 312 T.Obiettivo dichiarato, battere un mostro, la Lotus 79 di Colin Chapman, l’inventore dell’effetto suolo; una macchina talmente perfetta che l’anno prima non ha avuto nessuna rivale in grado di impensierirla. Una ricerca aerodinamica tanto complessa quanto mirata che si pensava potesse portare la Lotus al dominio incontrastato per anni. La stampa italiana la boccia subito come brutta, orribile, considerandola una delle più brutte della storia Ferrari. Eppure, la 312 T4 ha molte cose da dire dal punto ti vista tecnico. Il motore è ancora l’inossidabile 12 cilindri boxer a V con bancata di 180° e 3000 di cilindrata. Questa bancata molto larga, consente un’ottima distribuzione del peso e un’abbassamento delle masse con conseguente baricentro molto basso della vettura. Se da un lato aiuta, il motore ( 015) paga un grosso svantaggio per l’epoca: la sua conformazione molto larga impedisce l’applicazione dell’Effetto Venturi sul fondo della vettura, limitando l’effetto suolo che tanto aveva dato alla Lotus l’anno prima. Forghieri mica viene definito “Furia” così tanto per dire, e allora allunga allo strenuo le pance laterali della vettura, portandole praticamente da ruota a ruota. Queste sue pance molto larghe, danno alla T4 una forma tozza che sommata all’alettone anteriore molto sporgente le fanno guadagnare il soprannome di “Ciabatta”. La “Ciabatta”, però, sotto il cofano ha un cambio in posizione trasversale (da qui la lettera T nel nome) che ottimizza ulteriormente pesi e baricentro. Insomma, la 312 T4 sembra un pachiderma con il tutù. Tutto il peso a centro macchina, ma con minigonne in ogni cm possibile del bordo vettura. Sarà pure brutta e non particolarmente rivoluzionaria dal punto di vista tecnico, ma in epoca di esasperazione delle Wing Car, la “trequarti – quattro” potrebbe risultare vincente.
Quella coppia così diversa e così iridata: A gettare benzina sul fuoco ci pensa, manco a dirlo, Enzo Ferrari. La stampa, ancor prima di criticare la nuova creatura di Forghieri, non capisce perchè il Drake abbia lasciato andar via Reutmann (argentino burbero, enigmatico, scontroso ma molto veloce) e tenuto l’inesperto, e sfascia macchine, Gilles Villeneuve. Al posto dell’argentino, arriva un sudafricano velocissimo che dopo un’inizio di carriera travagliato ha messo la testa a posto e, quindi, prontissimo per la prima iride della carriera: Jody Scheckter. Uno sfascia macchine incallito, che affianca un ex sfascia macchine ormai educato. Sta a vedere che il Drake ha capito tutto prima di tutti. L’inizio del mondiale, però, non esalta. In Brasile e Argentina, la Ferrari schiera la T3 che fa su a malappena 3 punti, mentre Ligier e Tyrrell volano. In Sudafrica, però, debutta finalmente la T4 ed è subito un trionfo. La Ferrari coglie due doppiente in Sudafrica, appunto e a Long Beach con, udite udite, Villeneuve vincitore davanti a Scheckter. In tre settimane la critica italiana viene zittita e lo rimarrà tale per tutta la stagione. In Spagna torna alla vittoria la Ligier, stavolta con Depailler, ma è solo uno stop momentaneo, perchè in Belgio e a Montecarlo Scheckter fa salire a 4 vittorie su 5 gare il palmarès della 312 T4. In Francia, Villeneuve chiude secondo dopo un duello epico con Arnoux e si porta alle spalle del compagno in una graduatoria che, complice un incidente col deltaplano che toglie dalle gare per molto tempo Depailler e una Ligier in crisi profonda, premia la Ferrari come vettura da battere. Dal fondo, però, sta emergendo la Williams che, dopo un’avvio di mondiale non esaltante, tenta di risalire la classifica. La scuderia di Frank Williams diventa la rivelazione del mondiale vincendo la sua prima gara a Silverstone con Regazzoni e inanellando tre vittorie di fila ( Germania, Austria e Olanda) con Jones. La davanti, però, Scheckter è inarrivabile e può contare pure sul compagno Villeneuve che da pretendente al titolo si trasforma in fido scudiero dopo aver capito che per lui le chances iridate erano crollate per via della troppa esuberanza. La Ferrari si trova ora ben due rivali diretta, ma entrambe hanno delle pecche. La Williams è velocissima ma acerba e la Ligier è in caduta libera e senza un vero leader al volante. Così a Monza, dove sulla carta le Renault dovevano fare manbassa di risultati, Scheckter si trova al comando della gara con l’occasione di vincere il mondiale proprio davanti al pubblico italiano. Dietro di lui c’è l’unico pilota che può toglierli questo sogno: Gilles Villeneuve. Il canadese, però, da prova di lealtà e copre le spalle al compagno per gran parte della gara regalando, così, alla Ferrari il titolo mondiale costruttori numero sei e a Jody Scheckter il mondiale piloti. Jody, per ripagare, aiuta Villeneuve nelle successive due gare dove Gilles, con una vittoria a Watkins Glen e un secondo posto in Canada, chiude secondo il campionato. La brutta Ferrari con una coppia di piloti criticata manco fossero andati a Sanremo, ha dominato il mondiale. Con buona pace di tutti i detrattori.
Gilles e la T4: Nella carriera di Gilles Villeneuve, i numeri contano come i due di fiori a Poker. Eppure, se vogliamo amare la calcolatrice, il 1979 è stato l’anno migliore nella carriera del canadese volante. 3 vittorie, una pole position, 4 podi e un secondo posto nel mondiale che profumava di vittoria. Con quella macchina, Gilles Villeneuve ha iniziato a scrivere la sua storia. Con quella macchina Gilles ha cominciato a trasformare le sue esuberanza in capolavori, i suoi primi spartiti confusionari in melodia. 2 luglio 1979, quel duello rusticano ormai diventato semplicemente e dannatamente leggenda. 26 agosto 1979, quel sorpasso da antologia su Jones all’esterno della curva Tarzan a Zandvoort e il giro a ritmo indiavolato su 3 ruote. E poi: la staccata della vita alla Sant Devote su Arnoux (ancora lui), il dominio sotto alla pioggia del Watkins Glen, le spazzolate in ogni centimetro quadrato del circuito di Long Beach. L’artista si sedette al piano. Gilles Villeneuve iniziò a scrivere musica con la 312 T4. Una musica che mai più sarà dimenticata.
La Ferrari 312 T4 rimarrà per 21 anni l’ultima Ferrari in grado di conquistare un mondiale piloti. Per chi è nato al centro di questo periodo, essa era un pò come una diva del cinema. Tutti l’hanno vista, tutti l’hanno sognata, ma chi non aveva a ancora visto la luce in quel magico 1979 non rimaneva che sognarla. Una diva, sì, con stra-buona pace di chi la considera ancora oggi brutta. La “trequarti-quattro”, come la chiamava il mitico Oscar Orefici, sarà stata pure una papera, ma di papere con due cavallieri come Scheckter o Villeneuve, io, ne ho viste davvero poche.
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