10 agosto 2015 – Nuova puntata di F1Legend e secondo episodio della trilogia del Signore delle Corone Iridate, ovverosia Adrian Newey da Stratford-upon-Avon, che nel suo percorso ingegneristico dopo aver abbandonato la Williams ha portato al trionfo anche la McLaren, disegnando una delle monoposto più vincenti della storia del team di Woking. Una nuova fiamma che ha preso il nome di Freccia d’Argento e che dopo anni amari ha riportato gli uomini di Ron Dennis in vetta alle classifiche mondiali. Stiamo parlando della McLaren MP4/13 e questa è la storia di un successo partito da lontano.
Già, perché l’inizio di questa avventura è datata 1997, quando cioè Ron Dennis decide di strappare Adrian Newey alla Williams, dopo gli strascichi del caso-Senna e le polemiche che si sono infittite dopo gli scarsi risultati del 1995, ai quali Newey ha risposto da fuoriclasse sfornando la FW18. Oltretutto, la Williams deve registrare anche gli addii di Renault ed Elf, che peseranno non poco sul futuro del team, che si trasferirà a Grove. Il risultato è che nel 1997 Newey si troverà a disegnare la FW19, ultima monoposto iridata della scuderia di Sir Frank, ma è impossibile non vedere la sua mano anche sulla McLaren MP4/12. Un indizio su tutti: il musetto, che era lo stesso montato proprio sulla FW19. Una monoposto, la McLaren del 1997, che è stata capace di vincere 3 gare, tra cui quella iniziale di Melbourne e quella finale di Jerez, che guarda caso ha consegnato il titolo a Villeneuve, e che ha aperto il viatico alla stagione 1998.
“Non penserete di avere già vinto il Mondiale con questa macchina!”. Così esordisce Ron Dennis nel giorno della presentazione del nuovo missile di casa McLaren rivolto a Hakkinen e Coulthard, ben conscio che i Mondiali si vincono in pista e non sulla carta. Ma il mezzo che i due piloti si trovano ad avere per le mani è veramente un missile, non solo perché la McLaren sfrutta nel migliore dei modi la guerra delle gomme, optando per le nuove gomme scanalate fornite dalla Bridgestone (novità regolamentare del 1998, insieme al restringimento delle carreggiate) ma anche perché, oltre ad abbassare ancora il muso e ad allungare il passo (2985 mm), si inventa una soluzione tecnica rivoluzionaria: il KERS. La MP4/13, infatti, sarà la prima monoposto che monterà un sistema di recupero dell’energia cinetica generata in fase di frenata che permette di immagazzinarla in batterie e generare dai 30 ai 40 cavalli aggiuntivi in fase di accelerazione. Un elemento, questo, che scatena i sospetti dei rivali, prima tra tutte la Ferrari, che agita anche il sospetto che la McLaren usasse un sistema che consente l’uso di quattro ruote sterzanti, ma la FIA respingerà la polemica al mittente.
Il connubio McLaren-Mercedes si rivelerà da subito imbattibile, con una doppietta a Melbourne che farà impallidire gli avversari, tutti doppiati, con Michael Schumacher costretto ad arrendersi già dopo cinque giri. Dennis ordina ai suoi piloti che colui che sarebbe partito meglio si sarebbe aggiudicato la corsa, e così è stato, con Coulthard, balzato in testa, che restituisce la posizione a Hakkinen a due giri dal termine. Un’altra doppietta arriva in Brasile, ma in Argentina ecco che arriva la prima vittoria di Schumacher, Hakkinen deve così guardarsi le spalle dal tedesco, ma anche dal compagno di squadra, che però non lo attaccherà nella corsa iridata, facendogli da scudiero. La lotta, quindi, è tutta tra Hakkinen e Schumacher, in un continuo tira e molla. I momenti più esaltanti per le due scuderie arrivano sui due circuiti veloci, che sono quelli di casa: Hockenheim e Monza. In Germania la Mercedes si presenta con un supermotore da oltre 800 cavalli, che porta le due McLaren a prendere quasi il largo, mentre a Monza la McLaren si rivelerà quantomai fragile, consegnando la doppietta a Schumacher e Irvine. Doppietta preceduta dalle polemiche vibranti del Gran Premio del Belgio, in cui Schumacher finisce addosso a Coulthard, che si scansa dalla traiettoria andando a prendere il tratto bagnato della pista per consentire a Schumacher, che viaggiava in testa indisturbato con Hakkinen fuori gioco, di doppiarlo. Circostanza che regala una doppietta a sorpresa alla Jordan, l’unica della sua storia.
Schumacher e Hakkinen sono appaiati in classifica e nemmeno al GP del Lussemburgo il finnico riesce a staccare il tedesco, che lo costringe a chiudere i giochi all’ultima gara in Giappone. Un duello rusticano che parte sin dalle qualifiche, con Schumacher che conquista la pole davanti a Hakkinen. La partenza deve essere ripetuta ben tre volte, e nell’ultima c’è il colpo di scena: a partire in fondo al gruppo c’è proprio la Ferrari di Schumacher, che ha accusato dei problemi alla frizione. Hakkinen così scatta in testa, ma il tedesco non ci sta e inizia una rimonta furiosa, che in tre giri lo porta al settimo posto, dietro Hill. Passano i giri e Schumacher è addirittura terzo, approfittando della girandola delle soste ai box, ma i sogni di gloria si infrangono, anzi scoppiano, al giro 31, così come scoppia la sua gomma posteriore destra. I titoli così vanno a Mika Hakkinen e alla McLaren, a suggellare un trionfo durato tutta una stagione e che, se possibile, hanno reso evidente che Newey, da qualsiasi parte vada, è sempre in grado di sfornare vetture vincenti. E anche il terzo episodio della saga, che chiude questa trilogia (la Red Bull), ne sarà un’ulteriore riprova. Le Frecce d’Argento sono tornate a vincere, rinverdendo fasti gloriosi.
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