6 febbraio 2014 – Molte cose si sono dette e scritte su quest’uomo, che ha a suo modo rivoluzionato – e sta continuando a rivoluzionare – le regole della Formula 1. Di certo, non si può dire che Adrian Newey, nasce a Stratford-upon-Avon, città natale di William Shakespeare il 26 dicembre 1958, sia un personaggio comune, soprattutto per la mole di trofei conquistati nel corso della sua brillante carriera da ingegnere. Infatti, dopo aver incrociato, nel suo esordio nel mondo delle competizioni Ross Brawn alla Copersucar-Fittipaldi sotto la guida di Harvey Postlethwaite, nel 1981 entrò nel gruppo March, prima fondamentale tappa della sua storia da disegnatore. Infatti, tutti i prototipi che disegnerà, dalla March GT, alle monoposto Indycar, si riveleranno molto competitive e vittoriose (ricordiamo le vittorie in IMSA e nel Campionato Indycar).
Inevitabilmente, queste vicende crearono una frattura tra Newey e la Williams, che si fece ancora più evidente nel corso del 1995, quando la Benetton, spinta dal V10 Renault, dominò la stagione e portò a casa entrambi i titoli, con 11 vittorie; è il segnale che convince il genio Newey a chiudere il rapporto con la William. Però prima fa in tempo a gustarsi un ultimo doppio trionfo nel 1996, grazie alla sua arma totale, la FW18, dalle linee non estreme ma molto efficienti, con cui Damon Hill e Jacques Villeneuve si contesero il titolo fino all’ultima gara in Giappone. Lascerà in eredità un ulteriore progetto, ovviamente vincente, quello della FW19, ancora una volta iridata con Villeneuve.
Nuovi stimoli arriveranno dalla McLaren, in cui nel 1997 si limitò a un ruolo marginale, per poi far esplodere il suo genio nel 1998 grazie alla McLaren MP4/13 (13 che nei Paesi anglosassoni porta sfortuna). I titoli seguirono nel 1998 e 1999 grazie all’erede di Toivonen, Mika Hakkinen (alcuni sostengono che entrambi siano stati persi da Schumacher, a Spa nel 1998 e a Silverstone nel 1999, però è indubbio che il tasso tecnico mostrato dalla McLaren si è rivelato superiore alla Ferrari); “Hakka” fallirà però il tris nel 2000, anche in questo caso a Suzuka, con Michael Schumacher che aprirà il ciclo più vincente della storia della Formula 1.
La crisi di risultati per la McLaren (che sarà insidiata anche dalla Williams) nel periodo d’oro della Ferrari alimentarono molte voci su Newey, tra cui quelle di un suo ritorno alla Williams o all’abbandono della Formula Uno, però Dennis lo convinse a resistere al richiamo delle sirene, e infatti rimase in McLaren fino alla fine del 2005, anno in cui Raikkonen finì subito dietro ad Alonso.
Anche in questo caso, però, era chiaro che il clima non fu tranquillo in McLaren e, infatti, tanto tuonò che piovve… Newey entrò a far parte di una nuova scommessa: quella della Red Bull Racing. Newey non contribuirà al progetto della RB2 e si concentrerà sulla RB3, dove vi furono miglioramenti significativi nell’aerodinamica. Newey inizierà a lavorare effettivamente sulle monoposto a patire dal 2007, anche in questo caso rivoluzionando un’intera scuderia; richiederà infatti il cambio del motore dal Ferrari al Renault (marca che ha portato Newey ai successi con la Williams) e cambierà alcuni concetti aerodinamici richiamandosi ad alcuni elementi delle passate McLaren. La scuderia gemella Toro Rosso, in
Newey metterà in scena il suo stile di progettazione estremo e ai limiti del regolamento anche nel 2009, in cui si mostrerà pronto ai cambiamenti regolamentari, adottando alcune innovazioni come la sospensione pull-rod, e andrà in certi casi anche in controtendenza (non userà infatti il KERS): questo permetterà alla Red Bull di lottare finalmente per il titolo, che la Red Bull perderà nelle ultime gare a vantaggio della BrawnGP di Button.
La rivincita però non tarda ad arrivare e nel campionato 2010 la RB6 sarà caratterizzata da un’altra innovazione al limite del regolamento: i terminali di scarico posizionati in basso a livello del fondo della vettura che generano carico aerodinamico soffiando i gas nel profilo estrattore; essa vincerà il mondiale costruttori alla penultima gara in Brasile, con una gara d’anticipo e il mondiale piloti ad Abu Dhabi con Sebastian Vettel, che precederà Alonso e Webber superandoli all’ultima gara.
Nel campionato 2011Newey, come accaduto in Williams e McLaren, presenterà un’altra arma totale, la RB7 che dominerà la stagione e frantumerà diversi record, come le 18 pole position (di cui le prime 15 di fila) in 19 gare, le 15 pole di Sebastian Vettel, impreziosite da 12 vittorie, 10 giri veloci, 3 doppiette e 27 podi su 38 massimi disponibili. Un dominio perfino superiore a quello dell’accoppiata Schumacher-Ferrari del 2004.
Anche nel 2012 Newey non si smentisce e presenta un’altra monoposto (la RB8) che sarà fonte di polemiche. Vettel a inizio stagione sembrerà in palese difficoltà nei confronti di Alonso, Hamilton e del suo stesso compagno di squadra Webber.
Nel 2013 alla sregolatezza prevale il genio e le polemiche dell’anno precedente vennero messe a tacere fin dalle prime gare, grazie al dominio pressochè totale di Vettel e della Red Bull RB10, che si aggiudicherà 12 gare, le cui ultime 9 consecutive, e nemmeno le avversarie più temute, come Ferrari e Mercedes (quest’ultima con la nuova coppia Rosberg-Hamilton), impensieriranno il dominio del tedesco, che si aggiudicherà il titolo con 3 gare d’anticipo, insieme a quello Costruttori per la Red Bull. E nonostante la vittoria, Vettel vorrà legittimare il successo, cannibalizzando anche le ultime 3 gare della stagione.
Newey quindi racchiude in se le doti del genio e della sregolatezza, capace di cercare il limite nelle pieghe del regolamento e spesso andando anche oltre, ma si rivela talmente intelligente da rendere i propri progetti immuni da sanzioni; inoltre, mai si è visto in passato un progettista che guida le proprie vetture. Ladies and gentlemen, questo è Adrian Newey.
F1| Storia: Adrian Newey, tanto genio… e poca sregolatezza?F1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi