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F1 | Storia ; Belgio 2001 e il miracolo di Luciano Burti

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

21 agosto 2014 – Si sa che la fortuna gira sempre. Delle volte ti aiuta; altre volte sembra dimenticarsi di te. Un pilota è perfettamente a conoscenza di questa legge scritta da chissà chi. Luciano Burti in quel Gran Premio del Belgio del 2001 ebbe la fortuna nettamente dalla sua parte. E pace sia se è stata la sua ultima gara in Formula 1. 

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Prima di quel Gran Premio: Luciano Burti in quel 2001 ha 26 anni. Alle spalle una carriera consolidata in Brasile nelle formule minori, per poi trasferirsi in Europa, grazie ai soldi del papà, a fine anni 90. Due stagioni F3 britannica, un terzo posto a fine campionato 1999 e un’amicizia solida con Rubens Barrichello, a tal punto da spingerli a dividere casa. Amicizia con “Rubinho” e sopratutto ottimi risultati in F3, spingono Jackie Stewart ad affidarli una SF3 (la Stewart Gran Prix del 1999) per un test. Va talmente bene che il buon Jackie lo scrittura subito e rimane nel team anche dopo la cessione alla Jaguar (leggi: Ford). Nel 2000, Burti parte come test driver e si dimostra subito all’altezza dei piloti ufficiali Irvine ed Herbert. In Austria, il buon provolone Eddie viene colpito da un’attacco acuto di appendicectomia ed è costretto a saltare il Gran Premio. Burti viene chiamato di corsa, sale su una macchina non assettata secondo le sue richieste e ottiene un undicesimo posto molto positivo. Viene rimandato a casa a collaudare i pacchetti evolutivi, ma nessuno si dimentica lui. Nel 2001, viene promosso al ruolo di pilota ufficiale, ma la smania di crescere del box color verde british lo vuole licenziato dopo appena 4 gare. Burti non si demoralizza e salta in Prost al posto di Mazzacane, lento e pure incapace di appoggiare i pochi sponsor che il team del “professore” aveva (Brasile 2001, shooting fotografico per bevanda energetica: Mazzacane non deglutisce l’unica sorsata che doveva dare in tutto il week end). In Prost i risultati non arrivano: un ottavo posto in Canada è la miglior prestazione, poi tanti ritiri e un’incidente da paura al via del Gp di Germania. Burti decolla su Schumacher, rimasto lento a causa di un problema al motore. Infine arriva il 2 settembre 2001: giorno del Gp del Belgio.

F1 | Storia ; Belgio 2001 e il miracolo di Luciano Burti
Gran Premio del Belgio 2001: Che quella domenica non fosse una domenica normale, lo si capisce fin dal mattino. Alonso, che era li solo perchè i commissari furono magnanimi, picchia violentemente alla Stavelot nel corso del warm up. Impatto durissimo, lo stesso compagno Marques si ferma per controllare le condizioni del compagno, ma nulla di grave. Alonso può partecipare alla gara. Dopo poche ore, finalmente il via.. ripetuto due volte. Prima Frentzen e Marques poi anche Montoya lasciano spegnere il motore. Bandiera rossa e tutto da rifare. Nel secondo start anche Ralph Schumacher avrà problemi ma riuscirà a risolverli. La procedure di partenza avviene regolarmente e Schumacher (che sulle Ardenne si trova da dio) vola. Seguono il fratello Ralph e Barrichello. Al quinto giro, però, accade il fattaccio. Burti, grazie alle disgrazie altrui, è risalito fino al 16° posto ed è in scia all’ ex compagno Irvine, alle prese con la Jaguar R2: la peggior vettura mai guidata in carriera dall’irlandese.  Affrontare la curva Blanchimont in pieno, vuol dire avere una certa dose di pelo; tentare un’attacco li vuol dire averne un tir in sovraccarico. Burti vede Irvine in difficoltà li e tenta l’affondo. Irvine, non si accorge della Prost al suo fianco e chiude la traiettoria normalmente fino ad arrivare al contatto. La ruota posteriore sinistra di Irvine, tocca prima l’anteriore destra e poi l’alettone della Prost di Burti. Nel contatto si danneggia il braccetto dello sterzo e l’alettone si stacca, lasciando il brasiliano a quasi 270Km\h senza il più totale controllo. Burti tenta di scalare due marce e si appende ai freni ma la via di fuga è troppo breve: l’impatto è devastante. La Prost si infila nelle gomme come un cuneo, e lancia blocchi di gomme in aria come se fossero dei cartoni vuoti. Via radio, l’ingegnere di Burti domanda: “Luciano, Are you Ok?”. Non riceve nessuna risposta. I soccorsi sono immediati, ma non sono all’altezza della situazione. Irvine, che ha picchiato duro pure lui, in un primo momento sembra voler rientrare subito ai box, ma appena si
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accorge della gravità dell’accaduto corre subito verso il mucchio di gomme sotto la quale è sepolta la Prost di Burti. La gara viene in un primo momento neutralizzata con la Safety Car, ma subito dopo si ricorre alla bandiera rossa per la gravità del botto. Sid Watkins arriva subito sul posto e trova di fronte a se una scena agghiacciante. E’ subito chiaro che la testa di Burti ha picchiato contro le gomme e inoltre ha subito una compressione causata dalle stesse gomme di protezione. Il casco è praticamente sfondato sulla mentoniera e presenti chiari segni di urto sulla calotta superiore. L’impatto è stato talmente violento, che le paratie laterali alla testa del pilota si sono rotte. La visiera, come se non bastasse, si è rotta sfregiando il viso del pilota e si teme anche il “colpo di frusta” (all’epoca il collare Hans non c’era ancora). Burti viene estratto dalla vettura privo di coscienza, e l’intero paddock cade in quella angoscia che non si provava dai tempi di Imola 1994.

Il post incidente: L’esperienza del dottor Watkins tornano come non mai utili. Burti riprende conoscenza, ma è in preda ad attacchi di panico molto forti. In un primo momento viene visitato nella clinica del circuito, ma si decide per il suo trasporto all’ospedale di Liegi. Solo verso la fine della gara (vinta manco a dirlo da Schumacher) verrà diramato il bollettino medico: trauma cranico di lieve entità e tumefazioni sul volto. Burti è vivo e sta bene. Il miracolo si è compiuto. Nell’immediato dopo gara, circoleranno voci messe su da Barrichello che davano Burti in perfette condizioni, pronto a prendere a cazzotti Irvine. In realtà, furono voci arrivate ai piloti per spingerli a correre nonostante il brutto fatto avvenuto.Barrichello in particolare fu “intortato” molto perchè, da grande amico che era ed è di Burti, voleva parcheggiare la F2001 e ritirarsi per stare vicino all’amico in questo momento difficile. Burti non ricordava (e manco oggi lo ricorda) nulla dell’incidente e rivedendo le immagini arriverà al punto di scagionare Irvine da ogni responsabilità. In seguito a questo incidente (e all’improvvisazione dei commissari) si decise a fine che ogni circuito doveva avere dei commissari addestrati mediante corsi di formazione periodici. La Formula 1 fece un’altro passo avanti sulla sicurezza. Nessun prezzo pagato stavolta; andò bene a tutti.

Il casco a mo di trofeo: La Fia aprì, comunque, un fascicolo per stabilire se c’erano delle responsabilità nel crash e per capire se vi erano punti critici da migliorare. Fu requisito il casco di Burti che fu esaminato a lungo per capire come era possibile che la mentoniera cedesse in questa maniera. Trovate e colmate le lacune, il casco venne archiviato in un magazzino nei pressi di Parigi e solo di recente è stato restituito al legittimo proprietario che ha postato una foto sul social Instagram commentando: “Lo metterò nella mia collezione, assieme a quelli di Schumacher, Barrichello, Button, Webber e tanti altri colleghi, oltre che logicamente ai miei. In un primo momento, ho pensato di metterlo vicino ai miei trofei. In fondo è un pò come se lo fosse“.

La carriera di Burti, in pratica, sulle monoposto di F1 finì quel giorno. Grazie all’amicizia con Barrichello, venne ingaggiato dalla Ferrari come collaudatore, per poi tornare in Brasile per correre con le Stock Car locali dove ha chiuso la carriera. Luciano Burti, è il pilota scampato a uno degli incidenti più impressionanti dal dopo Senna fino ad oggi. E’ stato un monito per tutta la Formula 1: si stava andando ancora oltre. Il segno tra sicurezza e pericolo era stato valicato. Tutti i piloti moderni qualcosa a Burti lo devono, ma il fatto che poi qualcuno abbia usato questa esasperata ricerca della sicurezza per scopi puramente  di portafoglio; beh quello è un’altro paio di maniche.

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