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F1 Storia : Germania ’68 : La dura prova del Nurburgring

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

5 marzo 2015 – Ci voleva del coraggio per guidare nel vecchio Nordschleife. Quel coraggio vero, puro, che nasceva da quella forza interna che aveva ogni vero driver nel trovare il limite di se stesso. Ci volevano quegli attributi che solo un tracciato come il Nurburgring sapeva tirarti fuori; e te li tirava fuori tutti, senza lasciare nulla dentro. Come se ciò non bastasse, c’è un’edizione del Gran Premio di Germania che ancora oggi è ricordata come la gara simbolo per un’intera epoca motoristica. Il Gran Premio di Germania del 1968 : La vera prova del Nurburgring

E’ il 4 agosto del 1968. Il mondiale di Formula 1 procede nella sua cavalcata dopo essersi lasciato alle spalle uno dei lutti più gravosi della sua storia. Ad aprile è morto Jim Clark, il più forte, il simbolo per tutti. Un mondo, la Formula1, tramortito dal suo lutto che a fatica cerca di proseguire, ma fatica davvero a ritrovarsi. La Lotus, orfana del suo cavaliere principale, è leader del mondiale con Graham Hill che, però, sente il fiato sul collo di Stewart su Matra e di Ickx su Ferrari. Poi arriva il Nurburgring, la gara delle gare, il viatico per cui bisogna forzatamente passare, la tagliola più netta tra chi è pilota e chi è autista.

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Già dalle prove del venerdì, i piloti si trovano un meteo che dire avverso è dir poco. Pioggia mista nebbia, con visibilità scarsissima. Anche se sei ad agosto, al Nurburgring poco conta. Se il Nordschleife decide di applicare la sua legge del coraggio, tu ci devi stare. Che ti piaccia o no. Le prove vedono la Ferrari 312 di Ickx e Amon piazzarsi davanti a tutti, con al loro fianco Rindt su Brabham. Hill e Vic Elford in seconda fila, mentre in terza nell’ordine: Stewart, Surtees e Courage. Si arriva a domenica, giorno della gara, e qui inizia l’incubo, il motivo per cui quel 4 agosto 1968 è ancora oggi ricordato.

Se le condizioni nei giorni precedenti erano proibitive, quel giorno sono da puro terrore. L’incubo peggiore per ogni pilota è divenuto realtà in una domenica d’agosto. Piove, fortissimo, e una nebbia scura e fitta si è adagiata su tutto il Nordschleife come un lenzuolo. Non si vede nulla, e quel poco che si vede è ostacolato dagli spruzzi di acqua nebulizzata che le vetture sollevano. Manco i commissari, che già non erano tantissimi, riescono a vedersi uno con l’altro. E’ terribile quel giorno il Nurburgring, calmo e sornione come un gigante a riposo, ha atteso i suoi cavalieri per 365 giorni e ha creato per loro una sfida ad Hoc. Solo a pensare al Nurburgring in quelle condizioni vengono i brividi. Altro che camino e the caldo per Stewart, quel giorno il Nurburgring va preso per le corna, sfidato e domato; perchè se sarà lui a dominarti, non ti lascerà scampo: ti farà cadere in un vortice di paura dal quale uscirne, vivi, è praticamente impossibile.

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Il via viene dato 45 minuti di ritardo nella vana speranza che il lenzuolo di nebbia si alzi. Ickx parte malissimo, mentre Stewart azzecca tutto portandosi al comando. Dietro gli si piazzano Hill, Amon, Rindt e Ickx; ma saranno ben presto messi a debita distanza. Il futuro Sir di sua Maestà corre una gara contro un qualcosa che solo lui conosce, sente e percepisce. Due ore e quattordici giri in bilico tra la paura e la ragione, tra il coraggio e il timore, tra la vita e la morte. Come le altre volte, più delle altre volte e come mai più sarà, probabilmente, nella sua vita. Sul filo di un baratro che gli altri manco riescono a intravvedere, e non per colpa della nebbia e dell’acqua nebulizzata sugli occhialoni. Gli andrà anche bene, quando all Adenauer Forst s’intraverserà per via dell’aquaplanning con la Matra che punterà dritta verso un gruppo di commissari. Un miracolo farà riprendere aderenza alle ruote ed eviterà una tragedia. Giocatosi il Jolly della giornata, di solito, si cerca un ritmo più tranquillo, ma Stewart no. Quel giorno il Nurburgring va preso di petto costruendosi una corazza di audacia mista a incoscienza. Serve anche quella in quel 4 agosto da lupi nel bosco. Stewart lo sa, e allora si porta oltre quel limite che si era piazzato prima, siglando anche il giro più veloce come se avesse voluto dare uno schiaffo al Nurburgring che ha tentato di disarcionare il cavaliere dal suo cavallo di metallo. Solo eroico sarebbe un’eufemismo, qui bisogna dare fondo a enciclopedie per trovare una definizione.

Alla fine Stewart trionfa, manco a dirlo, e infligge distacchi abissali a tutti. Hill e Rindt arrivano a 4 minuti, Ickx a quasi 6, Brabham e Rodriguez oltre a 7 minuti e gli altri sul filo del doppiaggio o addirittura proprio doppiati. Un trionfo senza paragoni che rilancia Stewart nella lotta iridata ma, sopratutto, nella storia. Il mondiale, per la cronaca, andò a Hill per la seconda e ultima volta in carriera, ma a tutti, presenti e non, rimangono negli occhi le immagini di quella Matra blu che buca la nebbia con coraggio e audacia. Di quell’uomo, dagli occhi socchiusi e dal capello lungo, che ebbe il coraggio di prendere in mano il Nurburgring e farlo suo. Costui è Jackie Stewart: The King of The ‘Ring.

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