10 novembre 2015 – Il Gran Premio del Brasile nella storia delle sue edizioni si è sempre collocato ai margini del calendario, o all’inizio o alla fine. Ill simbolo pressoché assoluto di questa gara è Ayrton Senna, capace di imprese incredibili come la vittoria del 1991, dove percorse diversi giri con il cambio bloccato in sesta (quasi come se la sua McLaren fosse diventata un kart monomarcia) e concluse con il brasiliano in preda ai crampi, o come la vittoria bagnata di due anni dopo, ma la palma del trionfatore in terra brasiliana paradossalmente va al suo grande rivale Alain Prost, che non solo è stato capace di vincere per 5 volte sul tracciato di Jacarepagua, a Rio de Janeiro, ma di aggiudicarsi anche la prima edizione dal ritorno sul tracciato di Interlagos, mettendo la sua preziosa firma su quell’edizione destinata ad aprire un’era lunga 25 anni. E proprio l’edizione del 1990 è l’anteprima storica del Gran Premio del Brasile in programma domenica.
Come detto, Senna, il grande figlio della terra paulista, l’uomo che sta portando con sé tutte le favelas che circondano la città di San Paolo, è l’idolo indiscusso, l’uomo che tutti i bambini bra
siliani sognano di diventare prima ancora del grande pilota. Un uomo che a Interlagos viene idolatrato, celebrato, mitizzato e quanto mai atteso. Soprattutto dopo il 1989, soprattutto dopo un esordio da urlo nella stagione a Phoenix, dopo che sembrava essersi scrollato di dosso non solo un rivale, ma un vero e proprio incubo. Prost, infatti, nella prima gara stagionale stecca, ridicolizzato dal giovane connazionale Alesi che gli ruba la scena e costretto al ritiro da una perdita d’olio. La migliore occasione per il brasiliano per fare la lepre in casa sua, davanti al pubblico che lo acclama. Giorgio Moroder, qualche mese dopo, farà iniziare un suo inno, divenuto famoso con un altro nome, con queste parole: “This is what we’ve worked for all our lives reaching for the highest goal we can We choose to give it all when competition calls” Sembra proprio il preludio perfetto di questa gara, un sogno non solo per il pubblico di Interlagos ma per tutta San Paolo. E così, Senna, il grande mattatore, mette in scena la sua specialità: la pole position. Ma come è facile immaginare Senna non si accontenta del primato, vuole sempre andare oltre. La sfida con il cronometro, per lui, non finisce mai, nemmeno se è già certo di scattare dalla prima posizione. E così, se dopo le qualifiche del venerdì a dividerlo dal fido compagno Berger erano 119 millesimi, il vantaggio si moltiplica il sabato, dove il brasiliano migliora di ben mezzo secondo e i millesimi salgono a 611. Ma la cosa più imbarazzante è che tra coloro che non migliorano ci sono le due Ferrari di Mansell e Prost, con il francese addirittura dietro al compagno di squadra e staccato di 1″4 da Senna. Un’eternità, che spiana a Senna un’autostrada verso la più facile delle vittorie.Ma come ben si sa, la legge delle corse è che i conti si fanno alla domenica sotto la bandiera a scacchi. E Senna questo lo sa benissimo, tant’è che vuole completare l’opera portandosi a casa anche la vittoria e parte verso quello che sembra essere un dominio solitario. Ayrton fa ancora una volta la lepre, ma dietro di lui ad aspettare un passo falso del brasiliano c’è una tartaruga, l’animale che fu il simbolo di Tazio Nuvolari, che non è solo l’animale più lento ma anche quello più riflessivo e attendista tra i due. Anche questa tartaruga, come Nuvolari, guida una Ferrari, che ha il numero 1 sul musetto; sì, è proprio lui, Alain Prost, il peggiore incubo e il più grande rivale di Senna. Il quale, dopo essersi sbarazzato del compagno di squadra e di Patrese, prima supera Berger e poi approfitta dei guai che capitano ai box della Williams, con Boutsen che finisce lungo in corsia box, colpisce le gomme e deve cambiare il musetto. Così, il francese si mette a caccia del brasiliano, iniziando a tallonarlo a distanza. E con l’avanzare dei giri la pressione aumenta, sia da parte del francese che da parte del pubblico, che non vede altro che una sua vittoria. Senna sa che deve farcela, è obbligato a portare la vettura al traguardo. Ma tra sé e la vittoria non ci sono sorpassi da compiere, bensì i doppiati da superare. Senna tenta di sbarazzarsene il più velocemente possibile perché sa che Prost potrebbe approfittarne, ma al momento di superare la Tyrrell di Satoru Nakajima Senna fa uno di quegli errori imperdonabili, quelli che ti costano forse più di una semplice
vittoria, quelli che ti fanno ripiombare nella polvere dopo essere stato portato sugli altari. I due si toccano, con il brasiliano che ha la peggio e deve sostituire il muso. Ma lui non può e non deve darsi per vinto, ma a bloccarlo nel tentativo di rimonta sarà la sua McLaren, che lo farà finire dietro anche al compagno Berger. Dietro di lui chiuderanno Mansell, Boutsen e Zanardi, che conquisterà l’unico punto della sua carriera, significativo come tutti quelli della sua lunga carriera in CART. Prost centra la vittoria numero 40 in carriera e ha impartito un’altra volta la sua lezione, come a Monaco due anni prima, e grazie a una tattica attendista attacca al momento più opportuno, approfitta dell’errore del brasiliano e incassa la vittoria che lo porta a pareggiare i conti con il brasiliano. Ma per il Professore le insidie non sono certo finite e la stagione gli riserverà diverse sorprese… Ma questa è un’altra storia.F1 Storia: GP Brasile 1990, sbaglia Senna, trionfa ProstF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi