4 settembre 2014 – Nel mondo della Formula 1 ci sono delle figure speciali, che svolgono il loro lavoro in silenzio, ma la cui opera è fondamentale per la sicurezza dei piloti e in pista, oltre che per assicurare la regolarità dello svolgimento delle gare. Il loro lavoro è duro, fatto di tanti sacrifici e spesso rischiano la vita nel corso delle gare, spesso più dei piloti perché devono stare attenti non solo alle macchine in pista, ma anche a quelle che vanno fuori pista. Sono i commissari di percorso, presenza insostituibile in aiuto dei piloti e del direttore di corsa, e questa è la storia di un dramma che ha colpito la squadra più forte del mondo, i leoni della CEA, coraggiosi uomini antincendio che sono riusciti a spegnere a tempo di record il fuoco sulla Ferrari di Berger a Imola nel 1989 e si sono resi protagonisti di altre memorabili gesta. Ma uno di loro, che amava questo lavoro, purtroppo non ce l’ha fatta. Si tratta di Paolo Gislimberti, e questa è la storia di quella tragica domenica a Monza nel 2000, nella gara che porta la Ferrari alla vittoria.
Paolo, come tutti gli altri commissari di percorso, inizia a sua giornata di lavoro la mattina presto. Lui è uno di quei 210 uomini che stanno ai lati della pista, pronti a scattare in caso di incidente per spegnere un ince
ndio e aiutare i commissari durante le uscite di pista, e non solo durante le gare della Formula 1 ma anche durante tutti gli eventi di contorno. Segue tutte le prove libere, le qualifiche, che regalano alla Ferrari di Schumacher, quella che Paolo tanto amava, una pole position che riaccenderà gli entusiasmi dei ferraristi dopo la gara di Spa per il Mondiale; e Paolo sarà rigorosamente a bordo pista con quella pesante uniforme.E arriva il giorno più importante, quello del Gran Premio. Con la Ferrari intenzionata a completare l’opera portando a casa anche la vittoria, ma subito al via Barrichello perde la seconda posizione in favore di Hakkinen e Coulthard. E, praticamente subito, la squadra degli eroi viene coinvolta nel loro lavoro, a causa di un incidente che coinvolge Irvine, Sato e Diniz. Il loro lavoro è frenetico perché non c’è un attimo da perdere, bisogna liberare la pista per consentire lo svolgimento regolare della gara. E i commissari italiani lo fanno alla perfezione.
La gara prosegue: alla Variante della Roggia, Barrichello tenta una rimonta impossibile, cercando di sopravanzare Coulthard e Trulli, ma la sua manovra innesca il parapiglia: con loro viene coinvolto anche De La Rosa, le monoposto diventano incontrollabili, si accartocciano e volano rottami, tra cui una gomma. Q
uella maledetta gomma schizza in aria, prende una velocità spaventosa e ripiomba a terra; tutti cercano di evitarla ma la traiettoria impazzita la fa finire proprio su di lui, Paolo Gislimberti di 33 anni, il Leone che amava il Cavallino. La corsa all’ospedale, i tentativi di rianimarlo si rendono vani. Il medico all’ospedale allarga le braccia, costernato. Non riuscirà a fare nulla. La gara di Paolo finisce dopo nemmeno un giro. «È arrivato in arresto cardiocircolatorio, all’ autodromo l’ avevano già intubato e gli avevano applicato due drenaggi toracici. Ma il trauma facciale e toracico era tale che il massaggio cardiaco non è servito a nulla. Aveva anche un trauma cranico con fuoriuscita di materia cerebrale». Questo disse il chirurgo nel momento in cui Paolo arrivò in ospedale, le sue condizioni erano già irreversibili. Inizia il lavoro dei magistrati che come da obbligo indagano sull’incidente. Viene coinvolto il direttore di corsa che dirà «Per quanto ci riguarda, i commissari sportivi hanno visto e rivisto le immagini dell’ incidente e sentito i piloti. La nostra conclusione è che si sia trattato di un tragico incidente di gara, nient’ altro: il rischio in questo sport non si può eliminare». Già, il rischio, quello che questi cavalieri affrontano a ogni gara, accovacciati come cavallette e pronti a scattare come centometristi ogni volta che sentono un botto, mettendo a repentaglio la propria vita fino al martirio sull’altare della passione motoristica.«Parliamoci chiaro, il Gran Premio quest’ anno non è esistito. Il ragazzo che è morto era un addetto dei nostri!». Giusto, per il direttore di corsa con la morte di Paolo si chiude il Gran Premio, perchè non ci sarà storia. Schumacher, dopo la neutralizzazione della gara per 10 giri, si invola solitario verso la vittoria. Una vittoria che fa es
plodere di gioia l’Autodromo. Il popolo ferrarista lo acclama, ora che ha raggiunto Senna nella classifica delle vittorie e sta per dare la caccia a Prost. Lui che sta per riportare alla Rossa il titolo che manca dal 1979 a Monza getta le basi per il prossimo trionfo di Suzuka e qui erode punti pesanti alla McLaren. E la festa può cominciare. Ma dal box, mentre lui esplode insieme al popolo rosso su un tracciato di Monza nuovo di zecca, lo informano della morte del povero Paolo e dopo la festa sul podio, in un attimo di silenzio, alla prima domanda che gli viene posta in conferenza stampa sul record di Senna raggiunto, Michael esordisce dicendo: “Significa molto per me”… e cala il silenzio. Michael china il capo, porta le mani agli occhi e inizia a piangere. Hakkinen al suo fianco gli porge una mano sulla spalla, nemmeno lui vuole rispondere e chiede di passare la parola all’altro Schumacher, Ralf, anche lui scosso dalla reazione del fratello. Anche i campioni piangono e anche Michael, per il quale Paolo era solo un punto che dietro al suo casco non riusciva nemmeno a vedere, per un attimo certamente lo avrà pensato. Magari si sarà chiesto: ma com’è fatto Paolo Gislimberti, chi è? La risposta in una parola: un eroe.F1 | Storia: GP Italia 2000, il dramma di Paolo GislimbertiF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi