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F1 | Storia ; Haas & Haas gli omonimi in Formula 1

Da Tony77g @antoniogranato

Luca SarperoF1Sport.it

4 dicembre 2014 – Ci sono casi di omonimia curiosi e particolari in Formula 1. Phill e Graham Hill manco sono originari dello stesso continente, Harvey e Pete Postlewhaite (attore americano) probabilmente non si sono mai incrociati nella loro vita mentre Desirè e Justin Wilson non sono di sicuro madre e figlio. In questo periodo un’altro caso di omonimia è salito alla ribalta nel mondo della Formula 1: Gene Haas e Carl Haas. Qualcuno ha unito i due, ma la differenze tra di loro ci sono e, ovviamente, una è la totale assenza di parentela.

Entrambi partono dal nuovo continente: dagli States. Carl Haas, il primo a portare il cognome in Formula 1, è un pilota professionista degli anni cinquanta. Tanti bei risultati con: Ferrari, Mercedes, Jaguar e Porsche. Poi basta. Carl Haas preferisce fare i soldi dall’altra parte del muretto, piuttosto che rischiare la pelle su vetture a sigaro. All’inizio degli anni ’60, a poco più che trent’anni, dice basta e tramuta casco jet e occhialoni in cronometro e camicia. Carl Haas ci sa fare, però, anche con lo sporco (mica tanto) lavoro del manager. Diventa importatore Lola negli USA, diventando vero uomo immagine per il marchio di Bromley. Non pago, negli anni ’70 scende nel campo delle corse, impegnandosi in F.5000, Can-Am e Formula Super-Vee mettendo un volante in mano a gente del calibro di: Masten Gregory, Jackie Ickx, Brian Redman, Alan Jones, Patrick Tambay e tanti altri. Nel 1983 si associa con l’attore col vizio delle corse più famoso della storia: Paul Newman. Nasce la celeberrima Newman/Haas che vince il titolo CART già l’anno dopo con Mario Andretti.

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Carl Haas vuole di più. Sull’onda di una Formula 1 sempre più popolare negli USA, decide che bisogna tentare, rischiare. Parla del suo azzardo a Teddy Mayer, altro Born In The USA col dente avvelenato con il nuovo direttivo Mclaren, e l’accordo si trova in men che non si dica. Alza il telefono e pesca una sua vecchia conoscenza che nel frattempo ha messo su qualcosa come un mondiale in Formula 1, ma anche qualche chiletto di troppo: Alan Jones. A spingere l’australiano campione del mondo 1980 al grande ritorno è stata senza dubbio l’amicizia con Carl Haas ma anche, se non sopratutto, il fatto che il buon Carl Haas avesse strappato alla Ford – Cosworth l’esclusivo utilizzo dei nuovi motori turbo che avrebbero dovuto sostituire i vecchi (si fa per dire) DFV. Se poi contiamo che la progettazione della prima macchina è affidata ad un neanche trentenne Neal Oatley, le carte in regola per spaccare il mondo ci sono tutte. In Inghilterra, Teddy Mayer trova la base del team acquistando un vecchio capannone e da vita alla Force ( Formula One Race Car Engineering) dentro la quale Oatley potrà lavorare al progetto della prima vettura. Fin qui tutto bene, ma i soldi chi li mette? Haas ha vinto campionato Cart, ma con un socio del tutto estraneo a questo progetto non può attingere più di tanto, e così si mette alla caccia di sponsor e dopo poco lo trova, e pure bello grosso. La Beatrice, azienda americana di pasti pre-confezionati, appoggia in toto il progetto di Haas e Mayer diventando sponsor principale e dando alle vetture il colore rosso. Haas, però, iscrive il team come Haas Lola, anche se la casa inglese sarà del tutto estranea al progetto. Siamo a fine 1984 e Haas il proprio compito l’ha fatto alla grande. Ora tocca alla Cosworth, ma qui arrivano gli inghippi.

La prima Haas Lola non sarà pronta prima del Gran Premio d’Italia 1985, ed è già un problema; ma ben peggiori notizie arrivano dalla Cosworth che ancora non riesce a cavare un ragno dal buco del loro primo V6 Turbo. Carl Haas fa la spola tra USA e Europa per tenere a bada lo sponsor incavolato e controllare lo sviluppo del nuovo progetto. Trovandosi alle strette, decide di firmare un’accordo con Brian Hart per una fornitura momentanea di motori e far così debuttare la sua scuderia. La THL-1 debutta, come previsto, al Gp d’Italia con al volante Alan Jones per correre le ultime 5 gare del campionato. Se escludono Belgio, dove non parteciperà, e Sud Africa, dove ufficialmente scioperarono insieme a Ligier e Reanult contro l’ apartheid, nelle restanti tre gare la Haas Lola si dimostra un mediocre mezzo, equipaggiato però da un motore lento e inaffidabile. In sostanza un macello, ma è lo stesso Haas a dar forza a tutti, speranzoso che con l’arrivo dei nuovi motori Ford le cose cambieranno.

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Per il 1986, Carl Haas rilancia. Al super confermato Jones, viene affiancato Tambay, anch’egli già una vecchia conoscenza del manager americano. Oatley, che nel frattempo ha imparato che in F1 non bisogna perdere troppo tempo, ha già ultimato la costruzione della THL-2, una vettura nata appositamente per ospitare il Ford Turbo che, però, tarda ancora ad arrivare. Con l’iscrizione pagata per tutta la stagione, Haas non ha scelta e spedisce a Jacarepaguà due THL-1 per partecipare al primo appuntamento della stagione. Manco a dirlo, entrambi i piloti sono costretti al ritiro per guai meccanici. Tre settimane dopo, si corre in Spagna e in pista scendono ancora le THL-1, ma stavolta Tambay riesce ad arrivare al traguardo. E’ già un successo per il team di Haas, e pace sia se il distacco è di ben 6 giri dal primo. A Imola, finalmente, arriva la THL-2 con il motore V6 Turbo. La Cosworth riesce a mettere in pista il suo progetto, nonostante un ritardo enorme, e proprio da qui inizierà una striscia di presenze che terminare 21 anni dopo al Gp del Brasile del 2007. La THL2, si dimostra un’enorme passo avanti rispetto alla precedente, risultando molto agile nelle piste guidate ma anche capace di garantire una stabilità eccezionale nei tracciati più veloci. Una versatilità non di sicuro comune in quegli anni, a dimostrazione che il lavoro di Oatley era tutt’altro che da buttare. A fermare, spesso, i sogni della Lola Haas sarà il Ford Turbo che nonostante una gestazione lunghissima si dimostrerà molto inaffidabile. Anche la sfortuna ci mette del suo, con Tambay costretto a saltare due gare ( Canada e Usa) a causa della frattura di un piede in un incidente durante il Warm Up a Montreal. In estate, però, le cose cambiano. La Ford sembra aver trovato la quadra e permette alle Lola Haas di essere un pò più affidabili. In Austria arrivano anche i primi punti, con Jones quarto e Tambay quinto. A Monza, Jones replica portando nuovamente la THL2 a punti. Proprio mentre sembravano in via di risoluzione i problemi tecnici, arrivano guai economici.

La Beatrice, principale sponsor, cambia proprietà a metà 1985 e i nuovi gestori onorano il contratto con Carl Haas ma non intendono prolungarlo. La Beatrice molla ufficialmente Haas a termine del 1986 e il manager americano tenta in ogni modo di raccimolare fondi lungo tutta l’unica stagione completa del team. La sua caccia, però, non porta successo e così decide che bisogna mollare tutto. Vende la sede Force inglese e liquida Mayer ed entrambi i piloti che chiuderanno così la loro carriera in Formula 1. Carl Haas continuerà, invece, con gran successo la propria collaborazione con Paul Newman vincendo altri titoli CART con Micheal Andretti e niente poco di meno che Nigel Mansell. Soffierà alla Formula 1 il suo campione in carica. Per certi versi, una vendetta nei confronti di un mondo che non le ha dato il tempo di esprimersi al meglio.

Nel 2015, forse, inizierà l’avventura di Gene Haas. Manager dal passato corsaiolo pure lui, proviene da un mondo simile ma diverso: le Nascar. Sperare che il suo team faccia meglio della Lola Haas è il minimo, ma il fascino USA di Carl Haas e di quel sigaro sempre in bocca durante le gare Cart e Gran Premi sembra essere lontano.

 

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