Cristian ButtazzoniF1Sport.it
7 marzo 2014 – Quinta puntata dedicata ai personaggi che hanno fatto la storia della Formula 1 e il ritratto di questa settimana il ritratto sarà quello di un progettista che con le sue “magie” ha creato delle innovazioni importanti: John Barnard.
L’ingegnere inglese, noto per le sue invenzioni rivoluzionarie per le quali sarà soprannominato “il Mago”, muove i suoi primi passi nelle competizioni di Formula 1 con la Lola, dal 1969, negli anni in cui la sperimentazione aerodinamica era agli inizi e comparvero i primi alettoni. Ben presto, però si accaserà alla McLaren, dove collaborerà a uno dei progetti più longevi della storia: la M23.
Ispirata alle forme della Indycar, cui la McLaren partecipava, la M23 fu una monoposto tanto prestante quanto affidabile, spinta dal motore Cosworth DFV, con telaio monoscocca in alluminio e cambio Hewland manuale. Ingaggiò nel corso degli anni un lungo duello con un’altra longeva della storia della Formula 1, la Lotus 72, alla quale paradossalmente si ispirava, ma a spuntarla fu il team di Bruxce McLaren. Sulla sua monoposto, dopo un esordio in cui si avvicenderanno vari piloti, tra cui l’iridato 1967 Dennis Hulme, sarà Emerson Fittipaldi a portare il primo trionfo alla monoposto disegnata da Coppuck, strrappandolo sul filo di lana a Clay Regazzoni. La McLaren dilaga anche in America, cion la M24 che si aggiudicherà anche la 500 Miglia di Indianapolis.
Nel 1975 la McLaren pare intenxionata a confermare i trionfi dell’anno precedente ma non c’è storia, la Ferrari 312T trionferà (con un’idea che 20 anni dopo sarà lo stesso Barnard a riprendere) senza lasciare nulla a Fittipaldi, che si accontenterà del secondo posto. Barnard lavora alla M26, ma la M23 è ancora in grado di regalare soddisfazioni. Infatti il 1976 è l’anno di “Rush”, l’epica sfida tra Lauda e James Hunt, che si risolverà in favore dell’inglese solo grazie al clamoroso ritiro di Lauda in Giappone, che darà alla M23 un ulteriore successo.
Barnard, però, se n’è già andato dalla McLaren e ha seguito le orme di Mario Andretti alla Parnelli. Fu a capo del progetto VJP4, che però non gli permise di ottenere grandi risultati. Così seguirà Andretti in America, dove invece raccoglierà i frutti del suo lavoro, anche grazie al motore Cosworth DFX. Nel 1980 c’è spazio anche per un’altra 500 Miglia di Indianapolis, con la wing-car Chaparral 2k di John Rutherford.
Sarà Ron Dennis a richiamarlo in Europa per iniziare la serie “MP4“, serie che va avanti tuttora. Barnard introduce due novità destinate a passare alla storia: il telaio non è più in alluminio bensì in fibra di carbonio e anche in questo caso si tratta di un telaio monoscocca. A questo si aggiunge la fiorma della monoposto, a bottiglia di Coca-Cola, che ancora oggi è lo schema adottato nella progettazione delle monoposto. Grazie a questo nuovo telaio, nel 1982 Watson, complice il sistema degli scarti, arriverà secondo nel Mondiale. Sarà la Mp4/2, dotata di un motore Porsche TAG turbo, a risultare imbattibile, con Lauda e Prost che nel 1984 si divideranno il Mondiale per solo mezzo punto in favore dell’austriaco. Nel 1985 e 1986 sarà Prost a dominare la scena, battendosi prima con Alboreto e poii con la coppia Williams Mansell-Piquet.
Nel frattempo, Enzo Ferrari lo chiama a Maranello, tentato anche dal progeto Indycar. Sarà proprio lui a bloccare la “nascita” della 637, chiedendo che la Casa di Maranello concentrasse le sue attenzioni sulla Formula 1. Il suo destino in Ferrari si incrocerà quasi completamente a quello di Gerhard Berger, con l’austriaco che abbandonerà un anno prima del progettista inglese (1996).
Nonostante l’approdo in Ferrari, il lavoro di Barnard sarà la base per il progetto più vincente della storia della Formula 1: la McLaren MP4/4, con cui Gordon Muray riprenderà, tramite la Mp4/3 di Nichols, il disegno della Mp4/2 del Mago. Infatti, il musetto sarà molto affusolato e verrà dato ampio spazio alle superfici alari e ci sarà un innovativo sistema di sospensioni, pull-rod davanti e push-rod dietro. Questa vettura, dotata di un poderoso V6 turbo Honda da 1200 cavalli, affidata ai due assi del volante Senna e Prost, conquisterà 15 gare su 16, e l’unica gara che non vinse sarà conquistata a Monza proprio dalle due Ferrari F1-87/88C di Barnard, cion Berger davanti ad Alboreto, nella giornata di addio da parte del pubblico monzese a Enzo Ferrari.
Dopo aver messo mano alla F1/87-88, sviluppandola, Barnard sarà incaricato di portare a compimento la monoposto che riporterà in corsa il 12 cilindri a V. La monoposto del 1989, contraddistinta daslla sigla del numero di progetto 639 e 640 (la seconda sarà dotata di airscope), nasconde nell’abitacolo un’altra innovazione fondamentale: il cambio semi-automatico sequenziale con comandi al volante. Via quindi il cambio ad H e dentro questa soluzione che rivoluzionerà in modo irreversibile la Formula 1. Nessuno ci crederà, ma a vincere la gara d’esordio sarà proprio il nuovo arrivato a Maranello, Nigel Mansell, e tutti andranno al box Ferrari a chiedere spiegazioni al Mago. Il nuovo cambio genererà qualche problema (Murray Walker, in una delle sue famose battute, dirà che la Ferrari al pitstop cambiava 5 ruote, i 4 pneumatici e il volante, che in inglese si chiama “steering wheel”), ma la gara che sorprenderà il mondo arriverà a Budapest, con Nigel Mansell che partirà addirittura dodicesimo e su una pista che prevede un numero elevatissimo di cambiate transiterà sul traguardo in prima posizione, con un’incredibile rimonta e un sorpasso di forza su Ayrton Senna. Il cambio funzionerà così bene che… Mansell sarà in grado di usare anche la retromarcia! Infatti in corsia box all’Estoril arriverà lungo e per riassestarsi nella piazzolla del pitstop farà una manovra in retromarcia, assolutamente fuori regolamento, che gli costerà una bandiera nera, e arriverà al botto con Ayrton Senna. Niente paura, perchè a tenere alto l’onore della Ferrari ci penserà Gerhard Berger, che vincerà la gara. L’austriaco, per inciso, sarà vittima del rogo di Imola di quell’anno, e sarà proprio il nuovo cambio ideato da Barnard a permettergli di rientrare dopo solo una gara di assenza a causa delle ustioni alle mani.
Nel 1990, Barnard passa alla Benetton, con la Ferrari 641 erede della sua “papera” che perderà con Prost il titolo alla penultima gara di Suzuka. Nel team capitanato da Flavio Briatore disegnerà la B190 e la B191. Quest’ultima monoposto aveva una particolarità: il muso alto, che verrà ulteriormente elevato dalla coppia formata da Ross Brawn e Rory Byrne nel 1992. Con questa vettura Nelson Piquet vincerà in Canada e, a causa dei guai con la giustizia di Bertrand Gachot, farà il suo esordio in Formula 1 Michael Schumacher, che nel 1992 coglierà la prima vittoria in Formula 1.
Dopo una parentesi in Toyota, rientra in Ferrari, dove progetterà l’unica Rossa a sospensioni attive, la F93A, che introdusse anche la novità del cambio trasversale e mantenendo un muso alto. I risultati di questa monoposto furono alcuni podi conquistati da Alesi e Berger, che culminarono con il secondo posto del francese a Monza.
Le novità più vistose, però, si avranno con la 412T1 nel 1994, in cui il muso alto ricorderà la Benetton B191 e il cambio sarà scatolato, sempre in posizione trasversale. Inoltre darà alle pance una nuova forma, estrema, a bocca di squalo. La monoposto promette molto bene, tant’è che arriveranno diversi podi nelle prime gare. Il progetto, però, si rivelerà molto estremo, visto che era dotato anche di un motore V12 a 4 valvole per cilindro dotato di ben 860 cavalli, progettato da Claudio Lombardi che nel frattempo aveva abbandonato la direzione tecnica per assum. Alesi ne farà lwe spese al Mugello, andando a sbattere in rettilineo in un test che lo costringerà a saltare due gare, sostituito da Larini. La morte di Senna a Imola costringerà anche Barnard a varare una versione B della monoposto, con un disegno meno estremo delle pance, pur mantenendo inalterato lo stile aggressivo della monoposto. I risultati non tardano ad arrivare e culmineranno con due prime file conquistate sui circuiti veloci di Hockenheim e Monza (cui si aggiungerà una terza pole position di Berger) e, soprattutto, con il ritorno alla vittoria dopo 3 anni e mezzo di digiuno, con Gerhard Berger che domina la gara di Hockenheim dalla pole position alla bandiera a scacchi. La Ferrari dunque sembra essere ripartita.
La conferma delle buone prestazioni della Ferrari arriverà nel corso della stagione 1995, dove Barnard schiererà la 412T2, una monoposto all’apparenza conservativa ma che ben presto, grazie alle ottime prestazioni soprattutto di Alesi, si rivelerà di ben altra pasta. Il team è orfano di Claudio Lombardi, che progetterà il nuovo V12 da 3 litri per poi essere destinato ad altri incarichi il giorno prima della presentazione della vettura, passando il testimone a Paolo Martinelli. Anche questa monoposto introduce una novità destinata a passare alla storia: su ispirazione della McLaren dell’anno prima, Barnard oltre al cambio mette dietro il volante del solo Berger anche una seconda farfalla per la frizione (Alesi rifiuterà tale soluzione, rimanendo fedele alla frizione al pedale anche per la caratteristica posizione delle mani sul volante definita “10:10″). Arriva subito un terzo posto in Brasile che grazie al giallo della benzina irregolare Elf proietterà Berger sul gradino più alto del podio e Alesi su quello più basso, salvo poi assistere alla restituzione dei punti a Schumacher e Coulthard, ma non ai team; poi, dopo 2 secondi posti e due ritiri mentre Alesi si trovava in seconda posizione, arriva finalmente la grande gioia del francese, che taglia il traguardo con la sua Ferrari numero 27 in testa, incredulo, e la Ferrari conquista la vetta del Mondiale costruttori. Però da qui, inspiegabilmente, si interromperà lo sviluppo della 412T2, che riceverà solo un aggiornamento a Monza. Barnard infatti bloccherà il progetto di Brunner e Toet, che avevano già testato dei nuovi pezzi in galleria del vento, in vista del nuovo progetto che nel 1996 avrebbe accolto il V10 che in quei momenti stava girando al banco. Saranno, però, proprio quei pezzi che permetteranno a Schumacher e Irvine di stracciare i record di Fiorano e dell’Estoril.
Nel 1996, la Ferrari si presenta con la F310, una monoposto sostanzialmente derivata dalla 412T2, ma con un muso alto e molto grosso, con le pance laterali analoghe alla F92A, staccate dal corpo vettura. Nel corso della stagione la macchina cambierà con un muso a becco di pellicano. Schumacher nel corso dell’anno strabilierà tutti con un monoposto inferiore rispetto alle avversarie, Williams in testa, vincendo ben 3 gare e aprendo il varco alla rincorsa mondiale del 1997. La versione B della F310, più squadrata e dalle linee più omogenee rispetto alla progenitrice, verrà sviluppata da Ross Brawn e Rory Byrne e si aggiudicherà 5 vittorie nel corso della stagione, con Schumacher che sfiorerà il titolo, prima di essere provocare l’incidente che gli costerà il titolo e la perdita di tutti i punti in classifica a Jerez.
Nel frattempo, Barnard passa alla Arrows, in cui Damon Hill accetta la scommessa di correre con una monoposto inferiore per provare a difendere il suo titolo mondiale. John svilupperà la Arrows A18, spinta da un V10 Yamaha. La monoposto nella seconda parte di stagione inizierà a far vedere qualche risultato, ottenendo il primo punto a Silverstone e un incredibile terzo posto in qualifica a Budapest. Damon Hill, che sul tracciato ungherese si è sempre trovato a suo agio, si porterà in testa dall’undicesimo giro, nell’incredulità generale. Sarà solo il cambio bloccato in terza a rovinargli la festa all’ultimo giro, consegnando la vittoria nelle mani di Jacques Villeneuve.
Nel 1998 Barnard progetta la A19, che costruirà telaio e motore in proprio, con cui Mika Salo e Pedro Paulo Diniz conquisteranno 6 punti nel Mondiale, con un doppio arrivo a punti sul circuito di Montecarlo. Sarà questa l’ultima stagione in Formula 1 di un grande innovatore che grazie alle sue ricerche ha cambiato in modo radicale il modo di progettare le monoposto, anche se a volte non ha ottenuto i risultati sperati.
F1 | Storia: John Barnard, mago dell’innovazioneF1Sport.it - F1 Formula 1 F1 Tecnica F1 News Team Analisi