3 settembre 2014 – La Lotus 72 è considerata da molti la Formula 1 perfetta: veloce, affidabile, bella, imbattibile. Un capolavoro su 4 ruote d’inizio anni ’70. Proprio a Monza ottenne l’ultima vittoria della sua gloriosissima carriera. A guidarla, quello che rappresenta probabilmente il prototipo in carne, ossa e piede del pilota perfetto a Monza: Ronnie Peterson. Il tutto nel giorno che doveva essere il trionfo e la consacrazione per la Ferrari.
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Le qualifiche parlano rosso. Lauda ottiene la pole davanti al plotone Brabham con Reutman davanti a Pace e al giovane Watson. Regazzoni, quinto, precede Peterson; mentre Scheckter, suo avversario diretto in campionato, è dodicesimo e staccatissimo. Tutto sembra girare bene per la Ferrari. Monza, macchina veloce e popolo di tifosi che attende questa gioia che manca dai tempi di Surtees.
Prima del via, una polemica. La Good Year, a sorpresa, ritira le gomme fornite il giorno prima, in quanto pericolose. Ne fornisce delle altre ovviamente ma, dopo un breefing eterno, si decide che i piloti gommati Good Year abbiano un giro in più per scaldare le gomme. Se sono sicure rispetto alle altre, beh quello lo devono scoprire in gara.
Al via, Lauda parte benissimo e solo Reutemann sembra poterli tenere testa. Regazzoni è scatenato e nell’arco di 10 giri infila le due Brabham. Peterson rimane li, senza rischiare più di tante, ma vuoi i suoi sorpassi o vuoi un pizzico di fortuna: la Lotus 72D è dietro al duo Ferrari. Da dietro vengono su in gran carriera Merzario e Brambilla, ma quest’ultimo è vittima di un pauroso botto dove la March arancione Beta si schianta contro il guard rail. Il “Gorilla di Monza” ne esce indenne. Monza intera tira un sospiro di sollievo.
La davanti le due 312B3 fanno il vuoto. Nella Monza vera, quella con la prima chicane fatta con in paletti e la variante Ascari stretta come uno scantinato, le Ferrari dettano il ritmo. Lauda davanti, Regazzoni dietro. Al Clay questo risultato non andrebbe bene: andrebbe benissimo. Con Scheckter lontano, gestire Lauda come compagno di team non sarebbe un problema.
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Al 26esimo passaggio, Lauda alza il ritmo e dal posteriore della sua Ferrari esce un’inquietante fumo grigio. Dopo 3 giri ancora davanti al compagno Regazzoni, decide di dargli strada e subito dopo preferisce fermarsi ai box. Perdita d’acqua nel sistema di raffreddamento. Addio sogni di gloria. Lauda esce infuriato dalla vettura. Non ha colpe, ma il campionato per lui è praticamente finito li.
Ora al comando c’è Regazzoni, ma la gioia dei è assai amara. Si vero, Regazzoni è pur sempre primo, ma la doppietta a Monza avrebbe avuto tutto un’altro sapore. Clay, che con questo risultato darebbe una mazzata epocale al campionato, ormai è in completa solitudine. Lo preoccupa solo il liquido perso dal compagno all’Ascari che lo porterà a fare qualche piccolo errore senza conseguenze. Il “Rega” vola. Solo e sempre più vicino a quel trionfo e a quell’iride che tanto meriterebbe. Ma la Formula 1 e il destino messi insieme delle volte sono dei veri bastardi. Non c’è altro termine.
All’uscita della variante Ascari, improvvisamente Regazzoni ha un pauroso calo di potenza. La sua 312 sembra ammutolirsi di colpo, a tal punto che Hulme, doppiato pochi istanti prima, lo svernicia manco avesse un razzo atomico tra le mani. Lo sconforto cala a Monza. Regazzoni si ferma subito ai box. I meccanici lavorano a ritmo serrato e la diagnosi è impietosa: perdita della pressione dell’olio. Trovano la falla e la tappano alla belle meglio. “Vai! Vedi come va” urla Montezemolo. Clay dopo 20 secondi si ributta in pista, ma l’olio perso ormai è troppo. Parcheggia alla Lesmo con le lacrime al cuore e forse anche sul viso. E’ finita. Al box, Montezemolo si siede su 2 gomme con la testa tra le mani, mentre i meccanici fanno su gli arnesi. Lauda, ancora in tuta, aveva già capito tutto. Regazzoni arriva al box. Nessuna parola, solo tristezza. Mancavano 10 giri alla fine.
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“Fitti” si avvicina, annusa gli scarichi, sente la scia: ma non può nulla. Peterson a Monza è un mago. Il brasiliano può solo stargli dietro. Dopo 52 giri, Ronnie Peterson vince per la seconda volta in carriera a Monza, la sua pista, davanti a Fittipaldi, Scheckter e uno stratosferico Merzario, che nonostante il 4° posto salirà comunque sul podio a ricevere gli applausi della folla.
Questa è stata l’ultima danza della gloriosa Lotus 72. Una ballerina di alluminio e passione che ha sfrecciato per 4 stagioni vincendo in ogni dove. Nel giorno del sciagurato doppio ritiro Ferrari e del rilancio di Fittipaldi nella corsa all’iride, questo dato passò quasi inosservato. La Lotus 72 rimane l’auto migliore che abbia mai corso in F1 e 40 anni fa diede la sua ultima lezione di danza tra cordoli e guard rail.
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