F1 | Storia: tre racconti di test, Ferrari nel bene e nel male

Da Tony77g @antoniogranato

Cristian ButtazzoniF1Sport.it

6 marzo 2014 – A proposito di test, la storia della Formula 1 è stata piena di aneddoti, prove funamboliche e gesta spericolate da parte degli assi del volante, ma anche di progetti e sperimentazioni portate avanti da grandi costruttori, di cui ne sono scelti tre frammenti. Il filo conduttore di queste storie si tinge di rosso Ferrari.

Gilles l’aviatore che batte gli aerei

Gilles Villeneuve, dopo il Gran Premio d’esordio sulla Ferrari, avvenuto nel 1977 sul circuito di Montreal, si renderà protagonista di un grave incidente sul circuito del Fuji, in cui tamponò la Tyrrell di Peterson nel corso del 7. giro e si sollevò da terra; nella ricaduta ucciderà uno spettatore (appostato in zona proibita) e un commissario di percorso. Tutti inizieranno a criticarlo e gli daranno un soprannome, “l’aviatore”. Lui, ovviamente, non gradirà questa etichetta che gli viene cucita addosso e nel corso degli anni dimostrerà di essere sì estremo nella guida, ma anche efficace; coglierà infatti 6 vittorie nel corso della sua breve ma intensa carriera. Però il funambolo Gilles è famoso soprattutto per le sue imprese, anche fuori dalle piste. Una tra tutte fu la sfida avvenuta all’aeroporto militare di Istrana con un caccia F-104S 51-03 condotto dal Tenente Daniele Martinelli, con cui Gilles ingaggerà, a bordo della sua 126 CK, un duello in accelerazione con partenza da fermo sulla distanza di 1000 metri. Gilles decide di partire senza alettoni, per diminuire la resistenza all’avanzamento della monoposto. Il risultato fu incredibile perchè, come dimostra la tabella qui sotto riportata, Villeneuve staccò di ben 3 secondi e mezzo l’aereo e fu il più veloce in assoluto tra i contendenti delle varie sfide che si sono succedute tra aerei e vetture.

 Pilota F1 Macchina Tempo  Pilota F-104   F-104  Armamento  Tempo

B. Giacomelli  Alfa 179 C/2  18″05 magg. W. Santacroce   51-44  pesante  19″26

G. Villeneuve  Ferrari CK  16″53  ten. D. Martinelli   51-03  pesante  20″05

N. Piquet  Brabham BT49/9  17″45 magg. G. Da Pos   51-45  medio  18″26

G. Villeneuve  Ferrari CK  17″80  ten. col. L. Tennerello   51-40  leggero  19″00

B. Giacomelli  Alfa 179 C/2 17″75 magg. G. Bono   51-15  medio  18″25

R. Patrese Brabham BT49/9 19″98 magg. L. De Vincenti  51-07  leggero  18″05

Ferrari, Alboreto e l’anti-F.1

Enzo Ferrari aveva un sogno: costruire una vettura che fosse in grado di competere nelle corse americane e provare a vincere la 500 Miglia di Indianapolis. Negli anni 1980 questo sogno è diventato realtà; la monoposto nasce come un atto di protesta di Ferrari per le modifiche delle regole sui motori introdotte dalla FIA per le stagioni di Formula 1 1986, che fecero addirittura pensare a un abbandono della Formula 1 da parte della Scuderia, grazie alla collaborazione del Team Truesports di Jim Trueman, che aiutò fattivamente il Commendatore nell’avvio della nuova avventura. Il Drake quindi affidò a Gustav Brunner  con la collaborazione di Steve Horne, progettista della March 85C (spinta da un V8 turbo Cosworth), il progetto di questa monoposto. Inizialmente venne chiesto a Michele Alboreto di percorrere alcuni giri sulla March al fine di comprenderne le reazioni, poi si passò al vero e proprio progetto della 637, la monoposto con cui il Drake avrebbe salutato il Circus iridato per approdare in Indycar. Come disse il Drake, “In effetti la notizia riguardante il nostro abbandono della F1 in favore degli USA ha delle basi concrete. Per molto tempo la Ferrari ha studiato un programma valido per partecipare al campionato CART ed alla Indy500. Se la F1 non riuscirà a garantire un regolamento tecnico e sportivo valido per i prossimi tre anni, la Scuderia Ferrari renderà questo programma effettivo, in accordo con i suoi partners”.

La monoposto, spinta da un V8 turbo di 2,65 litri, scese in pista a Fiorano, sotto lo sguardo vigile di Bobby Rahal, pilota di punta del team di Trueman scomparso pochi giorni dopo il test di Alboreto sulla March. Rahal sembra quasi incredulo nel vedere il nuovo progetto di Maranello: “E’ successo tutto nel bel mezzo della stagione, sono stato laggiù a Settembre mentre il campionato era ancora in pieno svolgimento. Abbiamo testato la macchia a Fiorano e Michele Alboreto ci è salito per pochi giri. Ovviamente la Ferrari ha copiato tutto, o almeno ci ha provato. E’ stato poi formato un team di persone per lavorare al progetto e abbiamo cercato di convincere Adrian Newey a lasciare la March per progettare la nuova Ferrari Indy, ma non sapevamo che Adrian era già stato scelto dalla March per dirigere le operazioni del team Kraco Racing per la stagione 1986. Cosi arrivò Brunner”. (parole tratte dalla biografia ‘Bobby Rahal: The Graceful Champion’ di Gordon Kirby).

Ma le copie, spesso, riescono meglio degli originali; infatti, fu progtrammato un test comparativo tra la March 85C e la Ferrari 637 sul circuito di Fiorano e la pista dette ragione alla monoposto di Maranello, che aveva delle soluzioni aerodinamiche innovative, come il musetto al quale si sono ispirate le attuali monoposto Dallara dela Indycar. Si decise quindi di portare la monoposto in pista, ma nelle gare vere. E la gara che avrebbe visto l’esordio della 637 fu quella di Laguna Seca. Però, una voce dall’Italia fermò tutto. E sarà quella di John Barnard; l’ingegnere inglese, appena ingaggiato dal Drake per progettare la monoposto del 1987, e fece chiaramente intendere che i progetti del Cavallino erano orientati unicamente verso la Formula 1. Un bluff del Drake per costringere la FIA a rivedere le regole? O forse una resa del Commendatore? Queste erano le opinioni che circolavano in Europa alle quali rispose dall’America lo stesso Horne affermando che il progetto 637 aveva basi solide, tanto che venne utilizzato dall’Alfa Romeo per lo sviluppo del suo motore, ma senza alcun successo.

Alberto Ascari, il campionissimo muore a Monza

Alberto Ascari, figlio d’arte, coronò con la Ferrari il sogno del padre, dimostrando a tutti di essere il pilota più forte del mondo. Trionferà nel 1952 e nel 1953 con la Ferrari, infilando un’incredibile striscia di 7 vittorie consecutive tra il 1952 e il 1953, cui se ne aggiungeranno altre 4 in quest’ultimo anno. Amatissimo dal pubblico italiano, aveva formato intorno a Ferrari un team imbattibile insieme al compagno fraterno Gigi Villoresi e Nino Farina un team imbattibile, che mieteva successi a ripetizione (la Ferrari vincerà 7 gare su 8 nel 1952 e 7 su 9 nel 1953). Nel 1954 accetta la scommessa della Lancia di riportare al vertice la Casa torinese e nel 1955 sembra poter raccogliere i frutti sperati. Dopo essersi ritirato in Argentina a causa di una macchia d’olio, vincerà infatti le gare fuori calendario del Gran Premio di Napoli e del Gran Premio del Valentino. A Monaco è protagonista di un terribile volo nelle acwue del Porto, da cui si salva con delle ferite al volto.

Arriva così a Monza, dove Castellotti e Villoresi lo chiamarono perchè stavano testando la Ferrari 750 Sport. Non aveva intenzione di guidare, ma il test lo ingolosì e poco prima di pranzo chiese di fare solo un paio di giri. Si lanciò in pista e quando pareva aver finito il test la 750 si capovolse schiacciando Ascari,  che morì sul colpo. La causa dell’incidente (in cui la 750 sbandò) non fu chiara, forse un cedimento meccanico, forse un commissario che aveva attraversato la pista, ma nulla di certo. I funerali furono un’ondata di commozione generale, persino Fangio rimase molto colpito dalla notizia; ci fu un silenzio generale e una scritta appesa alla Chiesa di San Carlo al Corso: “Accogli, o Signore, sul traguardo l’anima di Alberto Ascari” accanto dei drappi neri.

Tre giorni dopo la scomparsa di “Ciccio” la Lancia chiuse definitivamente il suo reparto corse e consegnò le D50 e tutto il materiale a Enzo Ferrari, che nel 1956 schiererà Juan Manuel fangio e Gigi Villoresi. I due, in ricordo di Ciccio, porteranno la Lancia-Ferrari in trionfo con una doppietta e Villoresi dirà che se Ascari fosse stato in vita Fangio non avrebbe mai vinto 5 titoli mondiali.

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