Faber
Si susseguono i tributi dedicati allo chansonnier più amato dal pubblico, che abbraccia diverse e svariate generazioni. Uno di questi l’ha organizzato l’associazione Pompei Lab che organizza, per la quarta volta, il tributo a Faber. Una manifestazione, che ogni anno, vede la partecipazione di artisti della scena musicale campana, che omaggiano il cantautore genovese con interpretazioni personali e di spiccata profondità. In una location suggestiva, nell’area ex depuratore di Pompei, ci si è “riscaldati” sulle note del compianto De Andrè. La serata si apre con un video-omaggio all’amico-musicista Michele Contegno, scomparso prematuramente.
Aprono la scena il musicista Daniele Petrella con la sua “band” che omaggia De Andrè con le “Passanti”, seguita dal “Suonatore Jones” e dalla dolce “Amore che vieni, amore che vai”.
Irrompe sulla scena un personaggio tanto buffo quanto eclettico, Raffaele Giglio dei “Gentlemen’s Agreement”, che delizia il pubblico con una personale versione di “Disamistade” e propone successivamente una canzone poco conosciuta ai più, “Inverno”.
Intanto la fredda serata sembra non gelare il pubblico, che accoglie gli artisti in scena con un calore intimo, ma allo stesso tempo sincero e caloroso.
Arriva sul palco Claudio Domestico degli “Gnut” che continua il filone poetico di De Andrè con “Ballata dell’amore Cieco”, “Cantata dell’eroe”, “la Canzone dell’amore perduto”, accompagnato successivamente da Claudio Sansone (“Foja”) e lo stesso Raffaele Giglio. Non potevano mancare Stefania Aprea, Fulvio Di Nocera, Raffaele Polimeno dei “Pennelli di Vermeer”, immancabile presenza a questa manifestazione, che hanno fatto sognare a occhi aperti il pubblico con “Un blasfemo” e la “Canzone del Maggio”. A chiudere la jam session artistica Rocco Traisci, Claudio Cesarano dei “Freak Opera”, con Massimo Rosa, Alfonso Franco, Luigi Cozzolino (“Shak&Speares”).
L’altro tributo a De Andrè ha visto protagonista il Teatro Augusteo di Salerno, palcoscenico di un originale e ardito spettacolo musicale, il cui soggetto è stato l’album “La Buona Novella”, uno degli album più complessi e profondi della summa opera del cantautore genovese. Impegnativa per la rielaborazione dei testi in chiave “classica”, con l’esecuzione degli stessi brani da una ensemble variegata: il Coro di voci bianche “Il Calicanto”, il Coro “Estro Armonico” e l’Ensemble strumentale del Conservatorio G. Martucci di Salerno.
Una bambina saltella su di una gamba per tre volte mentre inizia solenne il “Laudate dominum”, che apre il concerto, diretto dalla sapiente maestrìa di Roberto Marino. La voce solista di Chiara Riondino si alterna alle voci narranti di Marino Cogliani e Ciro Girardi. L’infanzia di Maria, il Ritorno di Giuseppe, Il sogno di Maria, Ave Maria (senza accompagnamento musicale), Maria nella bottega del falegname, la Via della Croce, Tre Madri accompagnano lo spettatore in uno stato di solenne sospensione musicale, a volte un po’ ridondante, ma pur sempre suggestivo, aiutato dalle immagini, stagliate sullo sfondo dell’orchestra. Il testamento di Tito, l’opera massima dell’album, crea uno stacco impetuoso dal resto delle canzoni, arricchito dalla profonda vocalità della solista e dai numerosi ed imprevedibili “climax” acustici dell’orchestra. Il Laudate Hominem chiude il concerto, con soddisfazione del pubblico e degli organizzatori. Un De Andrè “diverso”, che considera il Cristo, dalla parte e parte della reietta società, lo stesso descritto nei Vangeli apocrifi.
Il coraggio e l’impegno di chi ha messo in scena l’opera, sotto la direzione artistica di Silvana Noschese e la regia di Francesco Alfano e di tutto lo staff organizzativo e tecnico, cui si aggiungono gli Enti patrocinanti, premiano questa originale testimonianza di chi, con tutte le difficoltà e responsabilità che ne derivano, ha ancora la voglia di far conoscere e far ricordare lo spessore umano e artistico di Faber.
Pask
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