È il 1983 quando a Pronto Raffaella, alla Carrà che gli chiede cosa voglia fare da grande, un giovane e riccioluto ragazzo di Savona risponde sicuro: «Voglio fare Mike Bongiorno». L'anno prima, ai provini a Genova, ha convinto Bruno Voglino e Guido Sacerdote con le imitazioni. Sono gli anni di Loretta Goggi in quiz, dell'Orecchiocchio, di Diritto di replica. Finisce su Odeon Tv a condurre un programma di sport, Forza Italia, ed è lì che lo nota Marino Bartoletti. È il 1993, nasce Quelli che il calcio: prima su Rai3, poi su Rai2, Fazio e il suo team rivoluzionano il rito della domenica degli italiani, raccontando le partite invisibili con la complicità di una galleria di formidabili comprimari, da Teo Teocoli a Paolo Brosio, da Idris a suor Paola
La consacrazione definitiva arriva con Anima mia - con un sorprendente Claudio Baglioni, la celebrazione di mode, personaggi e costumi degli anni '70 e '80, tra tenerezza e memoria televisiva - e con due edizioni memorabili di Sanremo, 1999 e 2000. Anche all'Ariston è svolta: il Nobel Renato Dulbecco e poi Luciano Pavarotti nel cast, Michail Gorbaciov sul palco entrano negli annali del festival e dell'Auditel, stabilendo il record di ascolti. Nel 2001, dopo otto stagioni e uno share schizzato dal 9 al 30%, Fazio lascia Quelli che, per condividere i sogni da terzo polo di La7, forte di un contratto pare multimilionario, con un talk show in seconda serata. Ma il progetto viene travolto dal cambio di proprietà della rete.
L'esilio da Viale Mazzini dura due anni: nel 2003 Fazio torna in Rai con un contratto multirete e con un 'vecchio pallinò, un programma sul meteo che è in realtà lo spunto per parlare del tempo e dei tempi, per dare il suo originale contributo a una tv «libera, che fa crescere il dibattito». Nella Rai3 di Paolo Ruffini comincia l'era di Che tempo che fa: da allora, sono oltre 800 le puntate realizzate, più di duemila gli ospiti, dal presidente Napolitano, incontrato in esclusiva al Quirinale, a Clooney, da Abbado a Benigni, da Grisham a Polanski, da Yehoshua agli U2, da Biagi a Sorrentino, da Eco a Sofri a Montezemolo.
In studio sfilano centinaia di personalità dello sport, della politica, dell'imprenditoria, per interviste brillanti, mai cattive. I fan plaudono alla leggerezza, i detrattori accusano Fazio di ipocrisia, rituali da sacerdote della sinistra, buonismo. Lo scorso febbraio, a Sanremo, nel pieno delle polemiche sul calo degli ascolti, il conduttore sbotta: «Non sono più disponibile a sentire la parola 'buonistà, mi ha rotto le palle. Bisogna smetterla di interpretare l'educazione o la civiltà come buonismo». Prima del nuovo bis all'Ariston, nel 2013 e 2014, Fazio trova il tempo per cambiare ancora una volta la grammatica del linguaggio tv.
Nel novembre 2010 a Vieniviaconme sdogana Roberto Saviano in prima serata e dà voce a storie e testimonianze attraverso gli elenchi: il risultato è il più grande successo Auditel della storia di Rai3, un fenomeno di costume che conquista anche il web. Il bis nel maggio 2012, stavolta su La7, con Quello che (non) ho: decine di ospiti portano la propria parola 'carà, ripercorrendo una storia, leggendo un brano, cantando una canzone. È il racconto come responsabilità. In tv con Luciana Littizzetto è più di un matrimonio, con Massimo Gramellini una amicizia recente che ha generato il rinnovamento in questa stagione di Che fuori Tempo che fa, il sabato. Ora il sogno di Fazio, come ha raccontato a Tv Sorrisi e Canzoni, è rifare Rischiatutto in prima serata. E chissà che, all'ex ragazzo che sognava di fare Mike Bongiorno, non riesca di cogliere anche questa sfida.