Fabio M. Serpilli su “Neoplasie civili” di Lorenzo Spurio

Creato il 09 gennaio 2015 da Lorenzo127

Collage per “Neoplasie civili”

di FABIO MARIA SERPILLI

 

(Ho cercato di isolare quei nuclei poetici che mi avevano particolarmente colpito proprio per la loro valenza poetica e che, quindi, erano autosufficienti letterariamente, indipendentemente dalle implicazioni tematiche, che indubbiamente sono molto forti e avvertite dall’autore che, essendo giovane, ha il sacro fuoco – purtroppo perso dai più – dell’indignazione di fronte e in mezzo alle tante macerie d’ogni ordine: morale, civile, politico, letterario e artistico. Le reazioni di Lorenzo sono primarie, talora senza mediazioni culturali e pertanto  senza giustificazioni. La sua sensibilità, assistita da una coscienza limpida, rifiuta le situazioni (complicate e complici) di ingiustizia, violenza, ipocrisia che ‘sporcano’ e soffocano la storia individuale e collettiva. L’intenzione principale sembra dunque quella di denuncia, condanna attraverso una versificazione dai toni forti e senza indugi estetizzanti quasi ad operare interventi chirurgici (‘neoplasie’ non a caso è lemma appartenente al titolo stesso della raccolta e dunque estremamente semantizzante) volti a individuare il male ‘cancerogeno’  che infetta e porta alla distruzione della storia naturale-umana e tentare quindi un recupero valoriale… Questa forte scossa passa dalla scrittura di Lorenzo alla pelle del lettore.)

Gridai senza voce una qualche ballata

Il fango a volte

può diventare cemento

Le lacrime di un popolano

scivolano copiose, per un momento;

quelle di una madre

non trovano fine.

Perché non ti domandasti perché?

Non era stata una di loro

perché era stata una di noi.

I bambini rubavano il mare

con gli occhi bagnati.

La vittoria è un tramestio di nuvole

Il cemento si spaccava

sotto un sole impavido

L’orologio indispettito

batteva le ore

al contrario

ed era sempre presto.

Impossibile darsi appuntamento.

Mi fingevo altro da me

il mondo si mascherava…

nella convinzione di un nulla convinto…

ma ora ricerco una via unica.

e Dio piangeva a fiumi

Allora bandii le preghiere

da quella terra di pianto

e l’oceano mangiò se stesso…

Strozzai un bicchiere d’acqua…

Impossibilità di vedere una luce…

Non seppi più nulla di quell’immagine

Il sole sveniva

L’inchiostro strillava indomito

Alla fine mi sguaiai su un marciapiede

Ho guardato la terra e

le ho chiesto dove andasse…

Nessuna risposta

***

Caro Lorenzo, io spero di aver indovinato qualcosa con queste mie scelte di tuoi versi e di mie parole di commento. Mi sembra abbastanza certo comunque di avvertire in te quell’agostiniano «inquietum cor nostrum donec…» con quel che segue… senza disturbare il “Domine” finale…

Ciao e buon Anno… Fabio M. Serpilli

26-12-2014



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