(il vulcanico Alex ha partorito un'altra delle sue esaltanti - ed esaltate! - recensioni. Eccola a voi:)Sono il pitbull inferocito delle umane lettere. Ho le fauci spalancate, pronte ad azzannare il bastardo che tenterà ancora una volta di mettere le mani su un altro dei libri, di uno dei maestri immortali della letteratura americana. Hubert Selby Jr. (New York 1928 - 2004). La mia ferocia scaturisce dal fatto che il fantastico romanzo di cui sto per parlarvi non lo troverete più in nessuna fottutissima libreria, nonostante sia stato pubblicato nel 2006 da Fazi. The Willow Tree. Il salice. Ingiustamente considerato opera minore dello scrittore per il quale Allen Ginsberg spese queste parole: «I romanzi di Hubert Selby Jr. sono tra i pochi scritti in America che saranno letti nei prossimi secoli». Secoli, avete capito? Maledizione! E qui da noi, invece, appena un lustro è bastato a mettere fuori uso, uno dei suoi pochi romanzi tradotti in italiano. Non sarà il capolavoro di Selby, ma comunque è una delle migliori opere letterarie made in U.S.A.Il Big Bang letterario di Selby coincide con la pubblicazione di un'opera scandalosamente grande: Ultima fermata a Brooklyn, 1964. In quell'anno, il quasi sconosciuto scrittore newyorkese provocò un vero e proprio pandemonio letterario, spaccando in due l'America della cultura, tra chi osannava questo capolavoro e chi lo accusava di immoralità. Perché protagonisti assoluti ne erano i travestiti, i tossicodipendenti, i teppisti, i reietti di una società che voleva chiudere gli occhi di fronte allo squallore, alla violenza e al degrado, che Selby invece racconta, elevandoli a grande letteratura. Intervistato da Newsweek, Selby dichiarò di aver sentito la vocazione alla scrittura dopo essere stato gravemente malato e sul punto di morire: «Ero stato molto malato... e sapevo solo una cosa: che dovevo assolutamente scrivere». Raccontare dell'orrore che aveva conosciuto e in mezzo al quale aveva vissuto, usando la parola scritta, lui che non aveva letto quasi niente. Fare con le lettere quello che Beethoven era riuscito a fare con le note. Capolavori. La storia che Selby ci racconta ne Il salice è terribilmente semplice e lineare, ma nello stesso tempo lirica, e crudele. È poesia pura trasformata in prosa. È Les Fleurs du Mal fatto romanzo.Selby ci mostra il Bronx attraverso lo sguardo di Bobby, giovane di colore che vive in un buco di appartamento con la madre isterica, fratellini al seguito e un esercito di ratti che sembra non dormire mai. Bobby vive nel ghetto. Deve crescere in fretta per non restare impantanato nella violenza di ogni giorno. Unica ragione di vita, Maria, la sua ragazza ispanica. Si amano tanto e vorrebbero farsi una famiglia. Ma quella violenza che li circonda, li distrugge. Annienta il loro amore. Aggrediti da una gang di portoricani, Bobby viene picchiato a sangue, mentre Maria viene sfregiata con l'acido. A salvare Bobby, il buon samaritano Werner Schultz, ebreo sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, - Moishe - per gli amici. Rinascita di Bobby, amicizia vera, e una nuova vita, in cui a contare sono i sentimenti che affiorano, sempre più forti, tra esseri umani feriti nell'anima. Finché Bobby scopre che Mèààùàà
«èì»
«èèè»
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