“Il segno dell’untore” (Mondadori, in libreria dal 17 gennaio 2012) è il romanzo che ci presenta attraverso il suo personaggio principale. La storia si svolge a Milano nel 1576 e ha per protagonista Niccolò Taverna, un notaio criminale.
Prima di tutto chiediamo all'autore: chi è esattamente un notaio criminale? Se fosse una figura contemporanea, a chi potremmo paragonarla?
I notai criminali erano una sorta di figura intermedia fra i commissari di polizia e i PM moderni. A loro erano delegate le indagini sugli atti criminali che avvenivano sul territorio del Ducato di Milano, e nei periodi di emergenza (come per esempio le epidemie di peste), avevano diritto di vita e di morte. Cercavano le prove e interrogavano i testimoni, e poi assicuravano al Tribunale di Giustizia i colpevoli.
E adesso rivolgiamo qualche domanda a Niccolò Taverna in persona...
Ci racconti qualcuna delle tue tecniche investigative?
La deduzione è la meccanica del pensiero che più s'adopera durante le investigazioni, e io credo di saperne eccellere. Poi naturalmente faccio uso delle più moderne conoscenze relative alle dinamiche
criminali, come per esempio lo studio delle macchie di sangue sul luogo di un delitto. E' risaputo, infatti, che se un uomo viene colpito al cuore mentre è vivo, dalla ferita uscirà un fiotto possente
di sangue, che schizzerà ovunque, mentre se è un cadavere a venire pugnalato, o una parte del corpo meno vitale, come per esempio un braccio, allora il sangue gocciolerà meno impetuoso, e questo può
farmi capire molte cose, ovvero come è stata aggredita la vittima e magari per quale motivo, come è stato sferrato il colpo e, in base alla forza utilizzata, quale stazza potrebbe avere l'assassino. Anche lo studio delle ferite è importante: se una lama a quadrello colpisce un corpo, lascia un foro ben riconoscibile, e noi sappiamo che solo i gendarmi spagnoli possiedono armi di tal fatta. Se invece è un'archibugiata quella che fa stramazzare un poveraccio al suolo, allora sarà il caso di indagare fra i componenti la guarnigione cittadina, i soli a possedere simili diaboliche armi. E molto altro potrei dire, ma... preferisco non svelare i miei segreti di mestiere.
Tutto ha inizio con la morte di tua moglie, come questo evento drammatico ha segnato la storia?
Oh, Anita, la mia Anita... Non credevo che fosse possibile vederla così cambiata, così stravolta dagli strali di una malattia che non concede perdono, che divora il corpo ma anche l'anima, e che ti riempie la testa di immagini demoniache, che si riversano all'esterno insieme al siero dei bubboni. Ho amato mia moglie, e sempre l'amerò, ma sto cercando con tutte le mie forze di dimenticare lo sguardo carico d'odio che mi ha lanciato prima di morire, quando mi ha accusato di non averla aiutata, di non avere fatto nulla per difenderla dalla peste. E forse aveva ragione...
Il compito che ti viene affidato è quello di risolvere un difficile caso di omicidio, ce ne parli?
Il caso è molto difficile e delicato, e non è mia possibilità parlarne con estranei, per quanto ormai in tutta Milano si sia saputo della barbara uccisione del Commissario Inquisitoriale Bernardino da Savona. Un uomo importante, che la Corona di Spagna aveva sotto la sua ala protettrice, e con cui il Soglio di Pietro ha cercato di relazionarsi con diplomazia, conoscendone il carattere intemperante. Qualcuno l'ha ucciso, e a me è stato dato l'ingrato compito, in questi giorni di caos per via dell'epidemia di peste in espansione, di trovare gli assassini. Ma più così non posso dire, perdonatemi madamigella...
Come si intreccerà la tua ricerca con il contesto storico in cui ti trovi?
Questa è la mia città, questo è il Ducato in cui vivo e lavoro. E' sotto dominazione spagnola, certo, e il pugno di ferro dell'Inquisizione si fa sentire, ma Milano è crocevia del mondo, e io sono fiero di essere un magistrato che opera al servizio di una delle più potenti città conosciute. Certo questa nuova recrudescenza dell'epidemia di peste non ci voleva, ma per fortuna ci sono anime buone, come l'arcivescovo Carlo Borromeo a vegliare sui malati e su chi non ce la fa, e a me e a miei uomini è lasciato il compito di tutelare sulla sicurezza dei cittadini, scongiurando gli atti criminali e le ruberie, e intervenendo con polso fermo nei casi di sciacallaggio che sempre più si diffondono.
Ci puoi dire qualcosa in più sulla tua personalità?
Sono una persona tranquilla e a modo, che non dà (quasi) mai in escandescenza, e che ha fatto dell'arte della deduzione e dell'investigazione, ereditata da mio padre, la ragione della propria vita. E poi sono innamorato. Ancora, di nuovo, dopo la scomparsa della mia dolce Anita. Di una fanciulla i cui occhi sono pozze di acqua limpida in cui adoro spronfondare, tra un caso di ruberia e un ammazzamento su cui devo indagare.
Personaggio e autore a confronto… cosa ha in comune con te il tuo “autore”, lo scrittore Franco Forte?
Ah, brava persona, mi dicono, dotata di grande fantasia, anche se dovrebbe rendersi conto che spesso viaggiare troppo con la mente non serve a risolvere i problemi di tutti i giorni, come faccio io con il mio lavoro. La differenza fra me e lui è palese: io vado a caccia di criminali, lui inventa storie. E non è detto che il mestiere più difficile sia necessariamente il mio...
Ringrazio Franco per essere stato con noi e ricordo che “Il segno dell’untore” sarà in tutte le librerie tra qualche giorno (dal 17 gennaio).
IL SEGNO DELL’UNTORE
La prima indagine del notaio criminale Niccolò Taverna
di Franco Forte, Collana Omnibus Mondadori
Trama
Milano, anno del Signore 1576. Sono giorni oscuri quelli che sommergono la capitale del Ducato. La peste bubbonica è al suo culmine, il Lazzaretto Maggiore rigurgita di ammalati, i monatti stentano a raccogliere i morti. L’aria è un miasma opaco per il fumo dei roghi accesi ovunque.
In questo scenario spettrale il notaio criminale Niccolò Taverna viene chiamato a risolvere due casi: un furto sacrilego in Duomo e un brutale omicidio. Chi ha assassinato il Commissario Inquisitoriale Bernardino da Savona? E perché? E chi ha rubato il candelabro di Benvenuto Cellini dal Duomo?
Un thriller straordinario, che non concede soste al lettore, sostenuto da una rigorosa ricostruzione storica.
L’Autore
Franco Forte nasce a Milano nel 1962. Giornalista, traduttore, sceneggiatore, editor delle collane edicola Mondadori (Il Giallo Mondadori, Urania e Segretissimo), ha pubblicato i romanzi Roma in fiamme, I bastioni del coraggio, Carthago, La Compagnia della Morte, Operazione Copernico, Il figlio del cielo, L’orda d’oro – da cui ha tratto per Mediaset uno sceneggiato tv su Gengis Khan –, tutti editi da Mondadori, e La stretta del Pitone e China killer (Mursia e Tropea). Per Mediaset ha scritto la sceneggiatura di un film tv su Giulio Cesare e ha collaborato alle serie “RIS – Delitti imperfetti” e “Distretto di polizia”. Direttore delle riviste Romance Magazine (www.romancemagazine.it) e Writers Magazine Italia (www.writersmagazine.it), ha pubblicato con Delos Books Il prontuario dello scrittore, un manuale di scrittura creativa per esordienti giunto alla settima edizione.
www.franco-forte.it