La storia si svolge negli anni ‘90 in Rwanda e vede protagonista Siria, una giovane donna che ha deciso di dedicare la propria vita ai bambini africani.
Le ho fatto qualche domanda per conoscerla e provare a comprendere meglio la realtà dei luoghi in cui ha scelto di vivere...
Siria, la tua vicenda prende il via da un grande amore per le terre africane, vuoi raccontarci com’è nato?
Certo. Nel 1989, quando frequentavo il quinto anno della mia scuola superiore, ossia l’istituto per i servizi sociali, alla mia classe fu offerta la possibilità di partire per un mese di volontariato in una scuola di Bagamoyo, in Tanzania. Solo io e altre due mie compagne di classe, Claudia e Stella, cogliemmo al volo quell’opportunità. Nonostante mia sorella Elena fosse contraria (era l’unico membro della famiglia che mi era rimasto e si preoccupava tantissimo per qualsiasi cosa facessi!), partii per Bagamoyo, una piccola città sulla costa tanzaniana. Lì io, Claudia e Stella, affiancammo le missionarie locali nell’insegnamento ai bambini che frequentavano la scuola Kidogo Kidogo. Dire che fu un’esperienza meravigliosa è dire poco: mi cambiò la vita. Amai tutto di quel viaggio: la gente straordinariamente cordiale che incontrai, l’aria incredibilmente pura e leggera e la natura selvaggia e spontanea come non l’avevo mai conosciuta. I bambini, ai quali mi aveva legata un profondo sentimento di affetto, mi avevano lasciato un segno indelebile nel cuore, mi avevano colpita profondamente con le loro vite di sofferenza e povertà e mi avevano cambiata per sempre. Al mio ritorno in Italia soffrii di un terribile mal d’Africa e decisi che volevo ritornare in Africa per impegnarmi seriamente nell’aiutare gli altri: non volevo restarci solo per un mese, volevo dedicare la mia vita ai poveri e ai meno fortunati.
Ad un certo punto hai dato un taglio a tutto e ti sei trasferita in Rwanda, una scelta coraggiosa di per sé, ma ancora di più considerato il gravissimo periodo storico di questo paese… come hai vissuto questa scelta?
Dopo il ritorno dalla Tanzania, cercai subito delle associazioni che cercavano volontari per lavorare in Africa. Purtroppo, dopo varie e infruttuose ricerche, capii che nessuna associazione accettava una giovane di diciannove anni con solo il diploma di tecnico dei servizi sociali. Perciò mi iscrissi all’università di Bari, alla facoltà di scienze della formazione, al corso per Educatore professionale nel campo del disagio minorile, della devianza e della marginalità. Le materie che studiavo riguardavano proprio quello che io volevo fare nella mia vita e non fu per niente pesante studiarle. Passarono tre anni durante i quali studiavo a pieno ritmo e a volte litigavo con Elena perché lei non voleva che io partissi a tempo indeterminato per l’Africa. Mi laureai a febbraio del 1993 a pieni voti e ricominciai le ricerche. Trovai subito un’associazione in cerca di un’educatrice, la ONLUS inglese “Children and brotherhood”, che gestiva un orfanotrofio alla periferia di Kigali, in Rwanda. A volte in passato avevo sentito della difficile situazione politica di quel Paese, ma non mi feci intimidire. Pensai che proprio lì c’erano tanti orfani e proprio quella gente aveva bisogno del mio aiuto. Non fu una scelta difficile, poiché dettata dalle motivazioni del cuore e si sa, quelle sono più forti di qualsiasi altra cosa.
La realtà in cui ti sei venuta a trovare, purtroppo, è per noi italiani pochissimo conosciuta, riesci a darcene un’idea?
Ci provo, anche se per capire realmente bisogna andare in Africa. Le immagini dei Paesi poveri giungono spesso a noi occidentali in maniera filtrata (e spesso inesatta) dalla televisione e i documentari, ma l’Africa è davvero qualcosa di straordinario. Immaginate un cielo aperto, sconfinato e terso che si apre come una cupola infinita sul mondo, di giorno brilla di una luce intensa, incontrastata. Di notte quello stesso cielo diventa un’immensa distesa di diamanti incastonati su di un mantello scuro, niente inquinamento da luce, niente palazzi ad offuscare la visuale, la nostra galassia è tutta lì, ad un palmo dal nostro naso. E poi l’aria, l’aria è leggera, pura, non inquinata, profumata di natura e terra, quell’aria ti attraversa l’anima. Ancora, l’incredibile paesaggio che va da un assolato e ardente deserto a foreste di alte palme da cocco, dall’asciutta savana ai caldi, intensi colori della foresta tropicale. Gli animali sono liberi e selvaggi, aggraziati e maestosi, niente a che vedere con quelli che vediamo negli zoo. Ovunque guardi, senti la vita che trasuda dalla terra, che palpita, che batte. Ma l’Africa non è solo questo, l’Africa è anche ingiustizie, povertà, morte. La maggioranza della popolazione vive sotto la soglia di povertà nelle baraccopoli o nelle capanne, senza luce, gas, e ovviamente acqua. Riuscite ad immaginare una vita senza i nostri comodi elettrodomestici? Una vita senza acqua corrente? Una vita in cui per bere e lavarsi bisogna aspettare la pioggia oppure fare chilometri per ottenere solo un secchio d’acqua sporca che spesso veicola malattie? E poi ultima, ma non ultima, la mancanza di cibo. Quando una mamma africana si sveglia, non pensa: “Che cosa cucinerò oggi ai miei bambini?” No. Pensa: “Riuscirò oggi a trovare qualcosa da mangiare per i miei bambini?” Anche se il colonialismo è ufficialmente finito negli anni Sessanta, la verità è che lì tutto appartiene ai bianchi, sfruttiamo ancora quella gente. E soprattutto, quando hanno bisogno di aiuto, di essere salvati durante un conflitto ad esempio, l’Occidente che fa? Vende armi e munizioni agli eserciti che si fanno la guerra.
Indubbiamente, la dura realtà della guerra ti ha cambiata, ha cambiato il tuo modo di vedere la vita: è così?
Assolutamente sì. Prima ero una ragazza italiana come tante altre, con i suoi piccoli problemi quotidiani. Già dall’esperienza di Bagamoyo cambiai profondamente, diventando più consapevole di quanto è preziosa la vita, più compassionevole e anche più saggia. Ma l’esperienza della guerra è stato davvero qualcosa che va oltre ogni immaginazione. Per forza di cose ho dovuto essere coraggiosa, per difendere le persone a cui tenevo ho rischiato di morire senza pensarci due volte. E poi quello che ho visto in quel conflitto mi è rimasto dentro, in senso negativo. Non potrò mai liberarmi delle scene dei cadaveri disseminati per le strade, dell’odore della morte che aleggiava dove prima l’aria profumava di Africa, della paura silenziosa dei bambini, della delusione di vedere delle colleghe abbandonare quei bambini ai quali avevano votato la vita. Ma il terrore di un conflitto espone le persone, fa venir fuori il peggio o il meglio di ognuno di noi. E così capisci davvero chi sei e chi sono le persone che ti circondano.
Ma la tua vicenda ha avuto anche un risvolto bellissimo, quello dell’amore, una storia inaspettata e intensa. Ce ne parli?
È vero, non sospettavo minimamente di trovare l’amore in Rwanda. Ci siamo conosciuti per caso, in un giorno in cui ancora non c’era la guerra. Lui era così, coraggioso e sfrontato, tanto che all’inizio non mi stava molto simpatico. Ma poi con lo scoppio del conflitto, i bombardamenti, le incursioni della milizia a colpi di machete, siamo stati costretti a separarci e proprio nell’assenza mi sono resa conto di amarlo profondamente. Era un amore forte ma accompagnato da tanta sofferenza. Lui svolgeva un lavoro che lo costringeva ad avventurarsi per le strade e rischiare la vita ogni giorno. E io mi sentivo persa ma dovevo farmi forza per il bene dei miei orfani. Ma basta così, non riuscirei a descrivere il nostro amore in poche righe, è meglio che leggiate tutta la mia storia.
L’ultima domanda è per la tua autrice, Ilaria Goffredo: so che il tuo romanzo è nato da un’esperienza in prima persona fatta in Africa. Non è difficile intuire, dunque, che c’è moltissimo di te in Siria, vero?
Indubbiamente. Siria incarna il mio profondo amore per l’Africa e la sua gente, la volontà di aiutare i poveri per contribuire almeno in parte a rendere il mondo un posto migliore. E poi naturalmente i paesaggi, i colori, i profumi, i suoni e la vivacità dell’Africa che Siria incontra sono direttamente tratti da ciò che ho visto e sentito in Kenya, durante un’esperienza che come è successo con Siria, mi ha cambiato la vita. Ho dovuto rimettere in gioco tutte le mie sicurezze e tutto ciò che avevo sempre definito “normale”, scontato. In Africa, infatti, non c’è proprio nulla di scontato. E ribadisco ciò che ha detto Siria: bisogna andare in Africa per capire.
Grazie, Ilaria, per averci fatto conoscere il tuo romanzo!
AMORE E GUERRA
di Ilaria Goffredo, 0111edizioni
Trama
Siria è un’educatrice italiana di ventiquattro anni originaria della Puglia che, dopo una breve esperienza di volontariato in Tanzania, decide di dedicare la propria vita ai bambini africani. Dopo una laurea a pieni voti, parte per il Rwanda, dove si innamora ancora di più dell’Africa e del suo cielo, della sua gente, dei suoi sorrisi, delle speranze silenziose dei bambini. È il 1994 quando la situazione politica ruandese diventa sempre più instabile. L’etnia Hutu, in contrasto da quasi settant’anni con i fratelli Tutsi (fra l’altro contrasto creato dai colonizzatori belgi), è più che mai pronta a rivendicare le proprie ragioni e l’intolleranza verso l’altra etnia, anche con lo sterminio di massa. In questo crescendo d’angoscia, Siria incontra un attraente giornalista newyorkese e un giovane tenente canadese dell’ONU, le cui truppe sono di stanza in Rwanda per vigilare sulla pace precaria tra il Rwandan Patriotic Front (il fronte ruandese di liberazione, formato da tutsi e hutu moderati) e il governo di Habyarimana (ex capo delle forze armate salito al governo con un colpo di stato, che appoggia l’Interahmwe, la milizia “civile” creata per uccidere i tutsi). La ragazza si ritrova spiazzata davanti ai suoi sentimenti improvvisi verso uno dei due pretendenti e, nel mentre, la situazione precipita. Con la guerra che infuria, i bombardamenti che si susseguono, le mine che esplodono e le incursioni della milizia a colpi di machete, Siria dovrà essere ancora più coraggiosa per proteggere sé stessa, l’uomo che ama e i suoi adorati orfani.
L'Autore
Ilaria Goffredo è nata nel 1987. È laureata e ha due figli. Nel 2005 ha lavorato come volontaria in una scuola di Malindi, Kenya. Lì si è innamorata dell’Africa e della sua gente straordinaria. Ha vinto diversi premi letterari per temi, diari di viaggio e racconti e ora si sta dedicando alla scrittura di romanzi. AMORE E GUERRA è il suo primo romanzo, pubblicato da 0111edizioni. Presto ne pubblicherà altri che hanno come temi centrali l’amore e l’Africa.
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