Quello di metterci la faccia è un modo di dire piuttosto ricorrente al nostro tempo fatto di maschere di Anonymous, di avatar cartoonizzati, di profili fake e di furti di identità digitale, il che se ci pensate bene è anche un paradosso. Voglio dire, ai tempi dei popoli uniti che mai sarebbero stati vinti e dei grandi movimenti delle masse, quando sarebbe stato facile anche nascondersi dietro passamontagna e fazzoletti calati sul viso prima di lanciare sanpietrini mica c’era tutta questa smania di non assumersi le proprie responsabilità. Oggi che siamo sommersi della melma dell’individualismo digitale e della grande truffa dei social network che poi sono una corsa all’amplificazione del sé, la smania di protagonismo è facile da corrompersi con l’occasione a mimetizzarsi nelle genti del web, fare l’uomo ladro, anzi, sotto falsa identità o in contumacia. Per questo invece le aziende, le organizzazioni e persino i governi fanno di tutto per affermare la propria umanità, nel senso della materia prima mortale di cui sono costituiti, e ne fanno un’eccellente leva di marketing. Pensate agli amministratori delegati che marcano con un bastone sulla sabbia i confini della banca intorno e su misura, ai produttori di tortellini, agli agenti immobiliari che stampano sui manifesti le loro cravatte e i loro diplomi da geometri e ragionieri, persino gli impiegati delle finanziarie che finiscono in tv con Claudio Bisio.
D’altronde è la faccia a essere forse la parte di noi più vulnerabile, quella che a un certo punto della nostra vita impariamo a colpire proprio con l’obiettivo di fare male al prossimo per annientarlo, temporaneamente o definitivamente. C’è un’età dei ragazzini, che si abbassa sempre di più considerando quello che si vede su italia uno, in cui si passa dai pugni nella pancia e dai calci agli schiaffi sul viso, si comprende il massimo dell’offesa fisica più cattiva di un colpo ai genitali o alla bocca dello stomaco. Sulle guance rimangono i segni, le cinque dita di cui cantava anche Baglioni, il marchio a fuoco dell’oltraggio visibile al pubblico più morboso. Ai tempi delle guerra fisica, quella degli appostamenti, delle trincee e delle imboscate, i graduati insegnavano proprio a mirare al volto o più in generare alla testa, per aumentare le percentuali di mortalità. Difficilmente disponiamo di caschi integrali nella vita civile e comune, al massimo si vede qualche burqa in giro, ma donne e uomini, quando non sono superstiziosi integralisti, amano tenere gli organi di comunicazione liberi. Così è più facile individuare rischi, segnalare stati d’animo, persuadere un interlocutore, elaborare strategie di movimento e, perché no, di fuga.
Non è un caso che la testa, il posto in cui normalmente sta la faccia a meno che non l’abbiate come il culo, sia anche chiamata capo e stia in alto a comandare, sopra a tutto, e anche senza tirare in ballo la storiella di Menenio Agrippa chiunque vorrebbe conservare l’hard disk che c’è dentro con tutto il suo sistema operativo e l’interfaccia con le varie periferiche – occhi, bocca, orecchie e naso – il meglio possibile, affinché tutto il resto funzioni correttamente. Pensate quindi a quanto di prezioso mostriamo al mondo e a noi stessi, la mattina allo specchio con uno spazzolino elettrico o manuale in mano, pronti a dare un volto per l’ennesima volta alla nostra vita.