Magazine Diario personale

Facciamo la pace?

Da Gattolona1964

Ce l’hanno insegnato da piccini, ce l’hanno inculcato a dottrina, a scuola, in famiglia, all’Oratorio, ce l’hanno predicato in Chiesa nell’omelia domenicale.Ci hanno bombardato con i libri dolci come il libro “Cuore”,”la piccola fiammiferaia,” con gli sceneggiati a puntate, nei quali il buono vince sul cattivo e spesso lo perdona, insegnando la regola e portando una morale. Nel perdono quando questo può esserci, si offre una possibilità di divenire migliori, si offre un’opportunità, ci si accorda e si dimenticano i vecchi rancori e gli oggetti causa di diverbi accesi. I diversi sceneggiati in bianco e nero ben impressi nella mia memoria, erano intrisi di bontà, di educazione, di esiti positivi, di persone che lavoravano tutte quante per lo stesso fine: catturare il “cattivo” di turno, metterlo un po’ in punizione e poi riammetterlo ad una vita sociale normale, accettando il fatto che aveva sbagliato. Gli si dava una seconda chance, oggi non più. Va da sé che non si trattava di situazioni gravissime, reati per i quali non esiste punizione adeguata, quelli oggi non desidero prenderli in esame. Una prossima volta lo farò con piacere. Ricordo con gioia, con nostalgia il mio Mivar che a volte emetteva onde e grafici grigiastri, mentre guardavo tutti gli sceneggiati per bambini e ragazzi al pomeriggio, a puntate. Non me ne perdevo uno, li conoscevo tutti a memoria e mi sbrigavo a studiare, per aver il consenso da mamma Bianca per accendere il Mivar.Seduta su una delle sedie di finta noce del tinello,a gambe incrociate, le mani chiuse a pugno sulle guance, senza telecomando seguivo Rin Tin, Tin, Zanna Bianca, Furia cavallo del West, Lassie, Sandokan, Orzowei, Heidi, Candy Candy, Woobinda, Mazilla, Goldrake….sino ad arrivare al più moderno Rex.“Facciamo la pace?””Puoi perdonarmi?”. “Ti prometto che non lo faccio più mi eprdoni?”Sono frasi ricorrenti, tipiche,accomodanti, sensibili, serene, usate dai protagonisti di queste finzioni televisive, ma anche da noi, protagonisti della vita reale. Tre semplici parole alle quali ricorriamo quando dopo una lite o un diverbio più o meno forte, desideriamo fortemente riappacificarci, con la persona con la quale abbiamo litigato.Non sto ora a verificarne i motivi, posso aver avuto io la colpa, la può aver avuta lui o lei.Si sta male arrabbiati sempre e comunque, c’è un nodo aggrovigliato di fili di ferro che non fanno passare il mal di stomaco. E’ brutta la fase dell’allontanamento, è dolorosa se tieni all’altro.

Mille dubbi ed altrettante domande nascono improvvise, che nulla c’entrano con l’oggetto del contendere. Nei giorni della lontananza, ti chiedi tutto e metti in gioco la tua vita e perché sei arrivata a litigare ancora o per la prima volta, con chi non avresti mai detto.Vorresti chiarire tutto e subito o preferisci fare il muso duro,assumendo atteggiamenti orgogliosi e di supponenza grave, per cui io tu, egli, noi, voi, essi non faremo mai il primo passo per l’avvicinamento. Io personalmente soffro molto, piango, mi sento vuota e sola, abbandonata a me stessa se sono arrabbiata con una persona che mi sta molto a cuore, una persona per me importante. Per mia natura sarei tentata di fare io il primo passo per fare la pace, se non si tratta di litigate o diverbi che necessitano di allontanamenti per sempre. Ma sto imparando che il “mai” e il “per sempre” non esistono fine a se stessi. A volte devo rimanere ferma, in disparte e non devo mandare messaggi o fare telefonate finché non è passata ‘a nuttata. Mi devo ritirare in buon ordine e starmene nel mio cantuccio a riflettere con calma, cosa per me assai difficile ma necessaria, mi sento inerme in quei giorni di tristezza e vuoto interiore, mi manca un pezzo di me, mi manca la voce del litigante, mi mancano i suoi gesti e le sue caratteristiche. Ed è allora che mi domando se ne valeva veramente la pena, se era necessario il battibecco, mi interrogo e sovente, butto io il sassolino per prima. In quel momento comincio ad alleggerirmi, il cuore si fa meno pesante da reggere, i pensieri cominciano a srotolarsi e quando arriva, da me o dall’altra/o la tanto sospirata frase, “Facciamo la pace?”, mi sento rinascere.In quell’attimo non desidero null’altro, se non riabbracciare l’altra persona, promettendoci a vicenda di non farlo più. Per me non sono ovvietà.



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