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FACEBOOK & me...

Creato il 20 novembre 2010 da Kelvin
FACEBOOK & me... Mark Zuckerberg, almeno secondo il film che David Fincher gli ha 'dedicato', è una persona potente, ricca, terribilmente sola. Si può essere soli con '500 milioni di amici virtuali'? The Social Network sembra dirci di sì... Ho scritto nella recensione che trovate sotto che questo è un film 'epocale', il vero capolavoro di inizio millennio. Una pellicola generazionale dunque, eppure innegabilmente classica nella struttura, che ci riporta al vecchio cinema d'inchiesta hollywoodiano. E Zuckerberg ha, innegabilmente, i connotati del Charles Foster Kane di Quarto Potere: vive in un castello dorato e dipinto di azzurro (il colore di Facebook), è temuto, rispettato, forse odiato, sicuramente prigioniero di se stesso e di quello che si è costruito intorno.
Proprio per la sua proverbiale 'asocialità', forse, Zuckerberg ha intuito la vera rivoluzione del web 2.0: ciò che la gente desidera è semplicemente 'connettersi', vale a dire entrare in contatto l'uno con l'altro, non tanto per conoscersi bensì per 'spiarsi', per stare in mezzo agli altri, anche senza conoscersi e senza nemmeno il desiderio di farlo.
Sembrerà strano, eppure questo film così calato nel presente, così rappresentativo della società attuale, mi ha fatto pensare ad un racconto che amo tantissimo, scritto oltre un secolo fa...
Si parla di un uomo che "passeggiando per la città, scruta i numerosi passanti che si trova di fronte. Li descrive e li cataloga uno per uno, sa dire tutto di loro e, in particolare, riesce perfettamente a dedurre la loro posizione sociale. La descrizione della folla va avanti, fino a quando il narratore non scorge un uomo che desta il suo interesse perché non riesce a "capirlo". Questo individuo è minuto, di bassa statura e d'aspetto debole. Il protagonista decide, preso dalla curiosità, di seguirlo per catturare qualche informazione. I due vagano per tutta la città tornando svariate volte al punto dal quale sono partiti; passano quasi quarantott'ore, ma il misterioso uomo sembra non accorgersi del suo "stalker", e pare non aver voglia di tornare a casa: tutto quello che fa è cercare di stare sempre in mezzo alla folla" (da Wikipedia).
E' un celebre racconto di Edgar Allan Poe, 'L'uomo della folla'. E Facebook è esattamente 'la folla' stessa: un non-luogo dove tutti si incontrano anche senza avere nulla da dire, accomunati dallo spirito essenzialmente voyeristico che, attraverso le pagine dei profili personali dei singoli utenti, ci introduce in un mondo fatto di immagini e dettagli altrui. Sia per la curiosità morbosa di sapere 'chi c'è', sia per la sempre latente paura di restare da soli.
Anch'io ho un mio profilo Facebook. Ovviamente.
Ho cercato di resistere finchè ho potuto, provando a convincermi che non avevo nessuno da cercare, che non sapevo cosa farmene (non che adesso lo abbia capito...), che era una 'moda' che non mi avrebbe minimamente contagiato.
E invece eccomi qui, ogni sera, a gettare un rapido sguardo su quella paginetta bordata di azzurro.
Certo, non lo uso per incontrare persone, nè mi illudo di conoscere gente nuova. Lo uso principalmente come 'strumento' di divulgazione, in special modo per diffondere le pagine che state leggendo in questo momento. Ma tant'è. Ci sono e ci resterò probabilmente a lungo.
Zuckerberg aveva ragione, e forse aveva letto Poe: davanti a un pc, come in mezzo alla folla, siamo tutti più sicuri di noi stessi, meno inibiti, meno spaventati.
E, sicuramente, un po' più soli.

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