Scrivere un contributo sulla presunta dannosità o utilità dei social network nei panni di Psicologo Clinico non è semplice; perlomeno non lo è se si vuole evitare di cadere nei soliti luoghi comuni triti e ritriti, che agitano lo spettro della solitudine e della alienazione social-emozionale ad ogni nuova schermata, colpo di click, messaggio ci chat.
Perciò eccomi qui a parlare di questa nuova realtà (ormai nemmeno più così nuova) che tutti ci coinvolge, se non altro nel ruolo di giudici o spettatori: parlando un po’ da psicologo, un po’ da utente, un po’ da curioso osservatore.
Il fenomeno del social network è uno di quelli che, a causa dell’immenso potenziale e potere agiti sulla massa di utenti, non può vederci – soltanto pigri osservatori - in un atteggiamento di neutrale imparzialità. Se non altro perché in qualche modo ci coinvolge, nostro malgrado: “ci sei su facebook?” “no, non ancora almeno…” “ah… e perché non ci sei?”
… eh già… perché non ci sei?
Quindi ci pensi. Quindi ti devi fare un’idea, almeno per decidere se esserci o no. Quindi devi decidere. Anche solo di osservare, rimandando la fatidica scelta a tempi di maggior chiarezza intellettual-filosofico-sociologica. Semmai arriverà.
E quando arriva non dura a lungo. Perché conosco molte, molte persone che hanno saputo stoicamente ed energicamente – adducendo ragioni coerenti e solide - tenere il punto di non-partecipazione al delirio di condivisione globale fino all’ultimo e poi… e poi hanno ceduto: “ma ci stanno tutti…” oppure “vabbè in fondo perché no?” oppure ancora “mi era venuta voglia anche a me di cercare il tipo con cui sono stata fidanzata a 8 anni, aveva degli occhi bellissimi”… e così via.
Le spiegazioni sono le più diverse, soggettive, fantastiche se vogliamo ma possiedono un comune denominatore: la curiosità, avviluppata al bisogno di condivisione.
E, se mi permettete, la voyeuristica curiosità ed il rinnovato desiderio di condivisione del popolo di FB ne fanno un branco di animali estremamente sociali e non certo un pallido e solitario stuolo di esseri crepuscolari dagli occhi cerchiati in cerca di avventure inquietanti! Ok ok… ci saranno anche gli alienati, i feticisti dell’immagine e dell’aforisma, i cercatori di avventure, i coltivatori di amicizie virtuali, i sociopatici i maniaci e gli eterni mascherati tra di loro; (ma ditemi, nel mondo esterno non ci sono?) e io comunque, ci vedo ancora desiderio di socialità, di appartenenza e di condivisione.
Eh si perché la gente di FB condivide, e condivide tutto: stati d’animo, amicizie, foto di momenti importanti o meno, dei propri amatissimi animali domestici, condivide le proprie passioni e i propri interessi. Anche i più inusuali. Perché su FB c’è posto per tutto, e c’è posto per tutti.
Io lo trovo consolatorio, liberale, unificante.
E allora ben venga la chat notturna di quando non riesci a prendere sonno; benedetta la nuova amicizia che ti incuriosisce e ti ispira simpatia; benvenuti tutti gli antichi fidanzati, i compagni della scuola elementare, le vecchie amiche perse di vista, i colleghi spariti in un’altra città, i parenti lontani, quel bel tipo che ti piace col bicipite gonfio e chi più ne ha più ne metta.
Voglio essere provocatoria: io questa la chiamo ricchezza di stimoli e di possibilità.
La chiamo condivisione a basso rischio, socialità a costo ridotto.
Nulla a che vedere con la socializzazione nel mondo fisico ed il conseguente rapporto vis-a-vis dove l’odore, la gestualità, l’espressione del volto la fanno da padroni e dove ci si mette in gioco in maniera completa, ardita. No; qui si tratta di una nuova forma di socializzazione alla quale ci hanno condotto i nostri vecchi bisogni (condivisione, curiosità, socializzazione, appartenenza e riconoscimento) uniti alle nuove possibilità tecnologiche. Come dire: lo stesso fine servito da un mezzo diverso. E da quando il mondo è mondo i fini di un essere umano non sono cambiati poi molto…
Si tratta ora di impararne le diverse regole, conoscerne i differenti limiti, misurare le nostre aspettative sulla base di una modalità interazionale che sia integrativa e non sostitutiva.
Aric Sigman è uno psicologo che da anni studia gli effetti che la vita legata ai Social Network crea in utenti particolarmente esposti; in uno studio pubblicato su Biologist sembra che, non avere contatti reali nella vita di tutti i giorni - preferendo i contatti virtuali - possa comportare danni al nostro organismo. Innanzitutto alterando il modo in cui i geni lavorano, poi interferendo con le risposte immunitarie, i livelli ematici di ormoni, la funzionalità delle arterie e infine influenzando le nostre prestazioni intellettive. Soggetti affetti da dipendenza dal Web (parliamo quindi di persone non soltanto predisposte ma affette da una patologia) tendono a risentire particolarmente dell’isolamento indotto dall’uso continuativo dei social network, poiché finiscono con il preferire le amicizie ed i contatti virtuali a quelli reali, isolandosi in tal modo dal mondo fatto di mani, pelle, odori, voce e sguardi che continua ad esistere al di là della tastiera.
Come vedete i danni indicati sono a carico degli utenti affetti da patologie di dipendenza dal web, che non ha nulla a che vedere con l’uso di buon senso degli strumenti di comunicazione virtuale. Non ci verrà un ictus se chattiamo un’ora con uno che ci piace; non inizieremo a soffrire improvvisamente di devastanti emicranie se pubblichiamo le nostre foto su FB; il nostro livello ematico di ormoni non si altererà se andiamo a curiosare sulle bacheche altrui…!
A patto che non lo si faccia per la maggior parte del tempo!
La dipendenza dal web è una patologia, e come professionista non me la sento di generalizzare al resto degli utenti i risultati riguardanti tale categoria.
Resto profondamente convinta, ad oggi, che i social network svolgano egregiamente la loro funzione di aggregatori sociali, strumenti di condivisione e partecipazione nella misura in cui li si considera appunto una INTEGRAZIONE e non una SOSTITUZIONE delle nostre peculiari modalità internazionali, che sono e resteranno sempre fondamentali per l’equilibrio della nostra psiche e della nostra salute.