Facebook…il cyberbullismo non mi piace

Da Rodolfo Monacelli @CorrettaInforma

A breve, forse, l’introduzione su Facebook del tasto “non mi piace” che suscita già le prime polemiche legate al cyberbullismo

People definitely seem to want it”, “La gente sicuramente sembra volerlo”. Questo è ciò che il patron di Facebook, Mark Zuckerberg, ha dichiarato nel 2010, riferendosi al “ dislike button” in un’intervista rilasciata al network Abc news. Sono passati tre anni e dallo stesso network statunitense trapelano altre indiscrezioni: l’arrivo del fatidico bottone “non mi piace” sarà imminente. Così, oltre ad esprimere il proprio consenso e commento, Facebook offrirà l’opportunità di disapprovare e criticare non gli “amici” ma le pagine, i contenuti e le pubblicità. Lo scopo di questa operazione sarebbe, anzitutto quello di sostituire i plugin e, soprattutto, quello di migliorare lo stesso servizio di Facebook attraverso la scoperta delle preferenze degli utenti.

Anche se l’operazione sembrerebbe essere innocua, c’è chi la trova deleteria. Come riporta un articolo del giornale on line del Messaggero, il sociologo Enrico Finzi in merito alla questione del tasto “non mi piace” di Facebook, ha parlato della possibilità di fomentare il cyberbullismo, soprattutto qualora Facebook decidesse di estendere l’applicazione “non mi piace” ai contenuti degli utenti privati. Il cyberbullismo, fenomeno recente ma in continuo sviluppo, oramai dilagato oltre i confini d’Europa, è avvertito dagli adolescenti italiani come il pericolo sociale più dannoso, da quanto rivela un’indagine di Save the children Italia onlus.

Dalla stessa si desume, inoltre, come i social network, Facebook in primis, siano i mezzi preferiti dai cyber bulli che attaccano le vittime per aspetto fisico (67%), per orientamento sessuale (56%) o perchè stranieri (43%), attraverso la creazione di pagine denigratorie oppure la diffusioni di immagini calunniose. Il cyberbullismo è percepito come più grave e rischioso rispetto al bullismo reale stesso, questo perché la maggior parte dei teenager vede il bullismo online come una vera e propria forma di stalking che, per un adolescente italiano su due, potrebbe non trovare mai una fine. Save the children Italia, oltre ad aver effettuato varie campagne di sensibilizzazione, ha creato un cartone animato che faccia riflettere i minori e una guida per gli insegnanti che si trovano di fronte ad un fenomeno nuovo e di vaste proporzioni, visto l’affollato mondo di Internet. Il cyberbullismo è sicuramente un fenomeno che va combattuto perché, ricordiamo, ha anche causato delle vittime, persone psicologicamente deboli che hanno deciso per il gesto estremo allo scopo di porre fine a quelle critiche vessatorie, a quelle risate offensive che ossessionavano la loro vita.

Posizione centrale nella lotta al cyberbullismo dovrebbe essere occupata dagli stessi social network attraverso la sperimentazione di espedienti atti ad evitare pubblicazione di immagini senza il consenso dell’interessato oppure la chiusura di pagine razziste o ancora attraverso il riconoscimento di contenuti denigratori. Data la serietà e la gravità del fenomeno, è giusto però considerare il tasto “non mi piace” come una papabile goccia che farà traboccare il vaso dell’acqua del cyberbullismo? Sicuramente le critiche, in particolar modo quelle negative non piacciono a nessuno. È pur vero, però, che spesso anche in ambito didattico e scolastico si è educati a elaborare le critiche, quelle costruttive, perché importanti nella formazione della personalità e nell’edificazione del carattere. Bisogna saper distinguere tra un “non mi piace” denigratorio e offensivo, e un “non mi piace” frutto di un’ opinione diversa.

Una delle accuse rivolte ai giovani d’oggi è proprio quella di non saper esprimere il proprio personale punto di vista, o peggio ancora, di non averne uno. Palesare il proprio “non mi piace!” può essere, invece, una maniera personale di prendere posizione e di distinguersi dal gregge, dalle tendenze di massa. Ovviamente per far sì che il tasto “non mi piace” non rimanga solo uno sterile tasto, istigatore della malsana competitività tra adolescenti, intenti a gareggiare a chi ottiene più “mi piace” sul proprio post  o sulla propria foto, bisognerebbe che il “non mi piace” fosse accompagnato da una motivazione sostenuta e logica, il che fa sorgere spontanea una domanda: ma se gli utenti di Facebook sentono realmente il bisogno di esprimere il proprio dissenso, la propria critica, non lo possono fare attraverso il già introdotto commento? Il tasto “non mi piace” non sarebbe, quindi, solamente un modo ambiguo per non esprimersi esplicitamente, una maschera dietro alla quale rifugiarsi? Chiunque voglia esprimere un giudizio è libero di farlo, anzi ha il dovere verso se stesso di farlo; basta che ciò non vada a ledere la libertà altrui. Quindi commentiamo, mettiamo “mi piace” o clicchiamo “non mi piace” perché come scriveva Cesare Beccaria in “Dei delitti e delle pene”, “l’opinione è forse il solo cemento della società”.


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