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Facing tempests of dust, I’ll fight until the end… Ovvero… “Suburra” è cinema…

Creato il 19 ottobre 2015 da Cineclan @cineclan1

Ci sono giornate che possono sembrare quasi perfette… Ecco, quella di ieri è stata una giornata (quasi) perfetta, per dirla con Lou Reed… Quasi perfetta perché era pur sempre domenica e noi odiamo la domenica! Lo sappiamo, sembra giunta l’Apocalisse… Noi che ammettiamo di aver avuto una giornata (quasi) perfetta?! Sembra la fine del mondo, ma non lo è… E’ solo che si cresce e si cambia (a volte)… E il cinema contribuisce a questo cambiamento, a questa mutazione, soprattutto quando è vero cinema, quando ha il potere di farti dimenticare spazio, tempo e mondo. Tutto questo per noi ieri è stato Suburra.

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Suburra ha tutto: una storia da raccontare, i mezzi per raccontarla. Non si risparmia: la regia è potente e diretta. La fotografia contrastata, sporca, granulosa, bagnata di quella pioggia che copre tutto e tutti, che solo chi vive o ha vissuto a Roma conosce. Quella pioggia che non è redentrice ma soverchiante.

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Quella pioggia che erutta e allaga e spazza via tutto. Una pioggia granitica nel suo incessante scorrere che se ne frega del mondo su cui cade. Che se ne frega delle miserie umane. Se ne frega delle piccole e grandi tragedie di uomini che si fanno la guerra e si ingozzano di tutto quello di cui un essere umano possa ingozzarsi.

E la sceneggiatura di De Cataldo, Bonini, Rulli e Petraglia, la regia di Sollima, la fotografia di Carnera sarebbero state sprecate senza un cast che davvero ci fornisce un barlume di speranza sul vuoto pneumatico della cinematografia nostrana. Che Pierfrancesco Favino ed Elio Germano siano due dei migliori talenti della nostra “meglio gioventù” attoriale è universalmente noto, ma su Claudio Amendola noi non avremmo scommesso due lire sinceramente! E invece il suo Samurai è quanto di più vero abbiamo visto ultimamente. Un signor nessuno che governa il mondo, la perfetta incarnazione della banalità del male. Di quel potere che è vero potere perché non è mai in prima linea. Un potere senza volto ma onnipresente. Un potere che fa paura perché potrebbe essere chiunque e nessuno.

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La vera rivelazione però è la coppia formata da Alessandro Borghi e Greta Scarano. E’ ai loro personaggi che Sollima regala forse le migliori inquadrature dell’intero film. Ai loro volti, ai loro cuori. Al loro amore. Alla loro dipendenza. Sono loro gli outsiders (Ostia è Ostia, non è Roma). Sono loro a sconvolgere inconsapevolmente gli equilibri di un gioco vecchio come il mondo. Perché se vi hanno sempre detto che il mestiere più antico del mondo è quello della prostituzione, beh, vi hanno ingannati, perché il mestiere più antico è quello della politica. Perché la politica muta al mutare della marea. Invece Numero 8 e Viola no. Sono loro. Dal primo all’ultimo fotogramma. Sempre e solo loro.

Last but not least la colonna sonora di Suburra è ipnotica, maestosa, mai banale. Culla lo spettatore in un limbo spazio temporale che è sospensione della vita ed è cinema…

Ps. Vi aspettavate una recensione più lunga? Beh, “la prossima volta…” (cit.)


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