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Closer di Mike Nichols è una piccola enciclopedia del farsi male in coppia, del volersi vicino e del lasciarsi, del non sapere ciò che si vuole, eppure volerlo. Closer di Mike Nichols, non so se sia vero, certe storie non sembrano vere neanche se ti accadono e non lo sono per il solo fatto che ti accadono: ma è uno straordinario esempio di come ci si possa rendere infelici e di come si conosca questa straordinaria arte. Di più: di come non si sappia maneggiare neanche questa felicità che tanto si ricerca.
Giostra di bugie sull'importanza della verità, altalenante e provocatorio ammiccamento alla pace, Closer è un film sulla guerra che sottende ogni sentimento e ogni desiderio erotico o forse sulla guerriglia di rimedi e di bende con cui ogni amore che capita ci mummifica. Certezze infettate dall'incapacità di vedersi oltre il presente, ma pur sempre certezze che uomini e donne stringono forte nell'amarsi e nel lasciarsi, nel tradirsi e nel desiderarsi con tutte le alchimie del caso, o dei casi.
Amanti dediti al sesso e un po' troppo filosofi, un po' troppo colti e speculativi per sembrare uomini e donne d'ogni giorno. Difficile anche identificarsi, anche non puoi non vedere in quegli uomini e in quelle donne lo specchio di ciò che sei e di chi hai amato o ami. Closer è una perpetua canzone degli amanti perduti, un brutale canticchiare intimo di condanne a morte della propria intimità.
Costruito come una mostra di quadri in successione, una specie di rake's progress dei giorni nostri, (ed ecco che Così fan tutte di Mozart accompagna la vicenda senza nessun ammiccamento volgare alla leggerezza, ma con un fondo di reale disperazione), Closer va avanti per salti, come dire: jumps, salta da un momento all'altro e, come dice Alice, le persone rappresentate sono tristi, ma le foto sono belle, perché la bellezza conforta, ed è tutta un'immensa bugia. Ma quel che noi vediamo è un'immensa bugia, non ciò che vivono questi uomini e queste donne, vicini e lontani gli uni agli altri.
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