Tra le varie terapie urgenti per curare i mali di questi tempi, va annoverato senz'altro lo studio della logica. In particolare, lo studio della logica cosiddetta informale, che si occupa della razionalità delle argomentazioni nelle pratiche reali del discorso.
Continuamente ricorriamo ad argomentazioni. In politica. A casa, con la mamma. Con il/la proprio/a compagno/a. Con gli amici. In tribunale. Alle poste. Lo fa anche la pubblicità. Nei giornali, nei talk show. Nelle discussioni sui forum, su facebook. Pressoché ovunque si avverte l'esigenza di difendere una tesi, spesso per contrastarne un'altra. L'esigenza di argomentare emerge infatti di fronte a una questione controversa; se tutti fossero d'accordo, ovviamente, non ci sarebbe il bisogno di farlo.
L'opzione per una tesi piuttosto che un'altra, nella realtà, spesso dipende da fattori estranei alla bontà dell'argomentazione stessa, cioè alla razionalità della tesi appunto: l'impressionabilità e la suggestione, gli interessi particolari, eccetera, condizionano l'accettazione o meno di una tesi. Questo è molto dannoso, perché ha spesso degli effetti molto concreti nella vita delle persone, che si ritrovano a subire scelte operate sulla base di tesi irrazionali.
Pensiamo, per esempio, alle affermazioni di Berlusconi nei diversi talk show nella recente campagna elettorale: emblematico esempio di come sia possibile assistere a tante fallacie messe insieme, persino con baldanza, in pochi minuti nella tv di Stato. In ogni caso, Il cavaliere argomentava ricorrendo a una serie di tattiche retoriche che supplivano mediaticamente alle evidenti fallacie logiche (da "fallere", ingannare), naturalmente con grande successo. Se la maggioranza dei suoi uditori avesse avuto gli strumenti per riconoscere l'irrazionalità di molte tesi, chissà, probabilmente la performance elettorale del PDL sarebbe stata diversa. Qui citiamo Berlu, ma i è certo che gli argomenti e come li valutiamo fanno politicamente la differenza, non solo in momenti elettorali. cattivi argomenti sono patrimonio partiticamente e ideologicamente trasversale.
Il problema è che continuamente si ragiona male, specie nel dibattito pubblico. Come afferma Franca D'Agostini*:
"in fasi politiche concitate, specie in situazioni elettorali, il dibattito è sistematicamente 'avvelenato': il che significa che lo scopo del confronto non è tanto verificare l'accettabilità delle tesi, ma semplicemente avere ragione degli avversari politici" [p.29, cit. sotto]
Eppure lo studio delle regole per distinguere i buoni dai cattivi argomenti è prerogativa di pochi addetti ai lavori e non patrimonio comune. Questo è un vero peccato. Persino gli studi di filosofia ne prescindono tranquillamente, nel senso che è completamente affidato all'arbitrio l'eventualità di programmi propedeutici di logica nelle università.
Ora, possiamo fare degli In questa sede Alcuni sono completamente inventati, altri sono citati a memoria da situazioni sentite o viste; si tratta di esempi di cattivi argomenti; ne propongo alcuni che mi sono ispirati dalla più attuale attualità. (Il che, ovviamente, è molto anacronistico). sorvoliamo e diamo per scontata una serie di definizioni e distinzioni (su cos'è un argomento e cosa un ragionamento, cos'è una premessa e una conclusione, la distinzione tra validità e correttezza, ecc.), altrimenti ci dilungheremmo troppo. argomentazioni semplici e anche un po' schematizzate, mi propongo in un altro momento di analizzare argomentazioni complesse, ho già preso di mira alcuni articoli in tal senso. (E' una minaccia).
Mi sto esercitando per un esame, dunque vanno presi come esempi fatti da una studentessa, con le dovute cautele del caso. Sono certa delle fallacie contenute in essi, ma per un paio di esempi sono un po' dubbiosa circa l'appartenenza effettiva al tipo di fallacia indicata piuttosto che ad un'altra.
- Bisogna limitare l'accesso agli stranieri in Italia, perché gli stranieri rubano. Ieri infatti un marocchino ha commesso un furto d'auto e pochi giorni fa un albanese ha rubato la borsa a una signora anziana.
Questa è una tipica fallacia da generalizzazione indebita, una fallacia di tipo induttivo, che cioè ha a che fare col nesso probabilistico tra le premesse e la conclusione. In questo caso, si estrapolano in modo fallace dati non osservativi da dati osservativi, traendone una conclusione che poco ha a che fare con le premesse, che in questo caso riferiscono di due furti commessi da persone straniere. Qui sembra esserci inoltre anche una fallacia da evidenza soppressa, la fallacia cioè per cui si omettono dati che contrastano con le proprie premesse, per esempio altri casi di furti commessi da italiani.
Banalissima fallacia ad verecundiam, che rientra tra le cosiddette fallacie di rilevanza, dovute alla mancanza di relazione tra le premesse e la conclusione. La premessa infatti non contiene un argomento, bensì l'opinione di qualcun altro. Nel suo complesso, l'argomentazione è fallace proprio perché manca i termini che vorrebbe discutere. Si tratta di una fallacia molto usato nella pubblicità, quando si associano dei testimoniala prodotti da vendere: ' il liquore è buono perché lo dice il mio attore preferito', non è un argomento. Eppure, funziona. Di qui la distinzione tra "retorica" e "argomentazione": nella seconda consideriamo la razionalità intrinseca delle tesi, non i loro effetti persuasivi presso l'uditorio, che invece è compito della retorica.
In questa argomentazione emerge un po' il problema del tipo di rigore che richiedono le regole logiche. Qui si commette infatti una fallacia ad hominem del tipo accusa per interesse,che si ha quando anziché affrontare una tesi si attacca la persona o il gruppo, minandone la credibilità perché si suppone mossa da interesse. Ma a noi sembra un'argomentazione almeno in parte giustificata. Nella realtà, infatti, molto spesso gli interessi personali sono un motivo fondato per diffidare della veridicità delle fonti.
Fallacia ad hominem della variante tu quoque, che vuol dire "anche tu". Si risponde a un argomento spostando l'attenzione sulla credibilità dell'argomentante, senza dunque replicare all'argomento stesso.
- A dice: "Secondo me bisognerebbe contrastare lo strapotere delle multinazionali"
B dice: "E allora perchéhai comprato una confezione di coca cola?"
Anche questo è un tu quoque. E' molto frequente ed è un pessimo modo di argomentare. Quello di B, intendo. Una tesi può essere corretta a prescindere dal fatto che l'argomentante la rispetti o meno.
Fallacia induttiva del tipo analogia impropria, che ha più o meno il seguente schema:
La non meglio specificata somiglianza non è un motivo per trasferire il blocco le proprietà di X a Y.
Un'altra fallacia induttiva, del tipo post hoc ergo propter hoc ("dopo di ciò, quindi a causa di ciò"), che si ha quando si scambia una mera concomitanza tra eventi per un nesso causale. Il suo schema è questo:
Di solito, accanto a questo tipo di fallacia coesiste anche quello da evidenza soppressa, che cioè deliberatamente ignora altri dati e controesempi.
Qui assumiamo un po' forzatamente che "sacro" e "creato da dio" coincidano.
Fallacia di rilevanza del tipo ad misericordiam, che cioè fa appello alla pietà anziché argomentare, in tal modo omettendo ogni nesso interno tra premesse e conclusione.
Fallacia di falsa dicotomia, che cioè pone due alternative assumendo che una di esse debba essere necessariamente vera. Non è detto che ci siano soltanto quelle alternative, potrebbe essercene un'altra o altre; non è detto inoltre che le alternative proposte siano vere.
Altra fallacia ad hominem del tipo accusa per interesse. Spostare l'attenzione dell'argomento sulla persona che la sostiene senza toccare l'argomento stesso è un errore.
Fallacia induttiva, del tipo, mi sembra, dello scommettitore. Evoca un po' l'immagine del tacchino induttivista di Russell. Comunque, funziona più o meno così:
Nulla giustifica che poiché una cosa non è accaduta, debba necessariamente continuare a non accadere o accadere.
Fallacia di rilevanza del tipo ad ignorantiam. L'argomento è fallace perché il fatto che non si sia mai dimostrato X non implica che X sia falso o impossibile. Un altro esempio potrebbe essere:Le sigarette elettroniche sono un'ottima soluzione per smettere di fumare senza danneggiare i polmoni, dato che nessuno finora ha provato il contrario.
Petizione di principio . Argomentiamo che la riforma Fornero è inadeguata in altri modi, piuttosto.
Altra petizione di principio. Si assume nella conclusione quello che si dovrebbe dimostrare.
- Marino è a favore dell'aborto. Quindi, è contro la famiglia. [liberamente tratto da un manifesto elettorale di Alemanno prima del ballottaggio]
Mi sembra una fallacia non sequitur: manca ogni nesso giustificato tra la premessa e la conclusione.
- Grillo, il capo del m5s, è un buffone. Quindi, i parlamentari del m5s sono dei buffoni.
Ci sembra una fallacia formale del tipo di divisione. Funziona così:
x1, ... xn sono parti di X
x1, ... xn hanno la proprietà F
dove, naturalmente X è il movimento 5 stelle che ha la proprietà F "il suo capo, Grillo, è un buffone", la quale viene ingiustificatamente estesa a tutti i componenti di X.
Fallacia del tipo non sequitur, manca ogni sorta di nesso tra premessa e conclusione. Il fatto che con le aziende dia lavoro, non significa affatto che Berlusconi non meriti di essere criticato.
Quanto ai contenuti, non c'è bisogno di argomentare che si tratta di un mucchio di sciocchezze. Quanto alla forma, questa è la tipica fallacia detta slippery slope, che cioè contiene un'argomentazione a catena. Si muove da false premesse, e si stabilisce una serie di concatenazioni che non sono argomentate. Più o meno:
se P allora Q, se Q allora F, se F allora Z.
Poiché Z è disastroso, allora P è disastroso
Dopo questi semplici e assolutamente non esaustivi esempi, voglio concludere con le parole di Franca D'Agostini, una delle migliori filosofe italiane in circolazione, che ha dedicato molta attenzioneall' importanza politica della razionalità degli argomenti. In particolare, consiglio vivamente il suo * Verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico, Bollati Boringhieri, Torino 2010, da cui sono tratti questi passi:
"strategia retorico-argomentativa nota come avvelenamento del pozzo, si delegittima in anticipo qualunque cosa un avversario possa dire, insinuando il sospetto circa la sua cattiva fede, o scarsa correttezza, o scarsa credibilità [...]. L'immagine rinvia evidentemente alla situazione in cui unminimo quantitativo di veleno, gettato in un pozzo, riesce a uccidere un'intera comunità [...]. Le condizioni del dibattito pubblico nelle società democratiche (specie in Italia) sembrano adattarsi molto bene alla metafora, e anzi ne suggeriscono una versione generalizzata:qualsiasi verità risulta fin da principio contaminata da uno sfondo preliminare di sospetto. Allora la bontà (intesa come 'soundness') degli argomenti perde ogni rilievo: ufficialmente tutti hanno torto [...].Il suo nome è nichilismo: tutti hanno torto, e non c'è verità; situazione peraltro equivalente al trivialismo: tutti hanno ragione, e tutto è vero"
ALTRI CONSIGLI BIBLIOGRAFICI.
P er una panoramica delle principali teorie dell'argomentazione del '900, il breve Cantù, Testa, Teorie dell'argomentazione. Un'introduzione alle logiche del dialogo, Mondadori 2006. L'esposizione richiede conoscenze pregresse, almeno un lessico filosofico di base. Le teorie sono anche discusse criticamente. Per iniziare invece a entrare nel vivo della logica, il Nolt, Rohatyn, Varzì, Logica, Mc Graw Hill, Milano 2007 è ottimo perché in modo piuttosto chiaro e sintetico affronta tanto la logica formale quanto quella informale e ci sono molti esercizi. Poi c'è il classico Copi, Cohen, Introduzione alla logica, Il Mulino, Bologna 1997, che però è un bel mattoncino. Un libro molto bello e interessante sulla persuasione e la retorica, anche se un po' superato, è senz'altro Il dominio retorico di C. Perelman, pubblicato da Einaudi e che però credo attualmente sia fuori commercio. Perelman fa coincidere "argomentazione" e "retorica", una posizione giustamente molto criticata, ma è comunque un buon libro.