Djent, mathcore, techno-death, progressive metalcore… tutti generi con un nucleo dalle caratteristiche ben precise, ma dai confini sfumati: per questo a volte (spesso?) finiscono per sovrapporsi o contaminarsi (in comune hanno sicuramente le capacità tecniche non indifferenti di chi suona). I Fallujah sono un gruppo di San Francisco giunto al secondo album, sempre su Unique Leader, etichetta rinomata negli ambiti death metal modernisti. Metto le mani avanti: non sono un gran frequentatore di questi posti. Ho sempre ritenuto che la tecnica debba essere al servizio della musica o della ricerca musicale e non fine a se stessa. Non che non apprezzi chi sa suonare (e bene) il proprio strumento, ma di certo questo non è garanzia di qualcosa d’interessante. Quando i pezzi vengono costruiti solo con l’idea di sfoggiare il proprio bagaglio tecnico nella maniera più barocca possibile, a un primo attimo di sbalordimento per l’inarrivabile perizia strumentale succede molto velocemente la noia. In ambito estremo ho sempre ritenuto gli ultimi Death come il non plus ultra: nonostante l’architettura elaborata e l’esecuzione incredibile, i pezzi sono sempre aggressivi, riuscendo a raggiungere pure una certa orecchiabilità. I Fallujah hanno molti elementi dello djent nella struttura ritmica ultra-complessa, ma – grazie a un background più legato al death metal – evitano le pacchianate metalcore e deathcore. Sarà che sono un vecchio bacucco, ma sento una filiazione diretta rispetto a Focus dei Cynic, uno dei dischi che ancora oggi ritengo fondamentali nell’evoluzione del death metal ultratecnico. In comune con i Cynic i Fallujah hanno il grande spazio dato al synth, che conferisce ai pezzi ariosità nonostante le sparute sfuriate death metal. Questi strati dai suoni molto pop risultano però alla lunga troppo ingombranti, perché le chitarre diventano quasi secondarie. Altri due difetti che riscontro nei Fallujah riguardano la voce (un growl indistinto e anonimo, sarebbe lecito aspettarsi di più di fronte alle prestazioni degli strumentisti) e, infine, il suono, molto moderno, piatto, scarso nelle dinamiche (questi mastering di oggi che debbono a tutti i costi essere a volumi spropositati…) e che, sostanzialmente, non brilla di luce propria. Non mi sento di stroncare questo disco, perché ha i suoi momenti interessanti, soprattutto nelle interazioni chitarra-batteria (quando non vengono coperte dal synth). Voto: forse i Fallujah volevano diventare i Sigur Rós del death metal tecnico, ma non è che l’esperimento sia riuscito troppo bene. Dedicatevi al death metal, ragazzi, che i risultati sono migliori.
Tracklist
01. Starlit Path
02. Carved From Stone
03. The Night Reveals
04. The Flesh Prevails
05. Levitation
06. Alone With You
07. Allure
08. Sapphire
09. Chemical Cave