Il fuoco era già acceso a metà spiaggia, ardente e profumato di ciocchi di cipresso e pigne. Sprigionava quel buon odore dei pini in estate.
Siediti! Sedetevi! Sediamoci!
Non c’era molto da mangiare, ma tutto buono, fatto in casa: insalata di pomodori, melanzane ripiene, alici marinate e pesce arrostito lì per lì. E poi pane casareccio tagliato in fette sottili.
Gli amici di Cenzino erano affabili, cortesi e simpatici.
Uno di loro, un cinemaniaco svitato, non faceva altro che citare frasi di film (mi preoccupava il fatto che molte le conoscessi
anche io).
Cenzino sedeva vicino a me e ogni tanto mi chiedeva: “Vuoi bere? Ti va un po’ di questo, un po’ di quello?”. Mi puliva il pesce, mi serviva i piatti pieni e me li toglieva quando erano vuoti.
Mi sentivo sorprendentemente bene.
Chiacchieravo senza difficoltà, ridacchiavo e ascoltare era piacevole. Gli amici di Cenzino parlavano di molte cose, della
vita in paese, del lavoro, della disoccupazione, delle belle ragazze, di libri, di musica, di film.
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