Riporto di seguito la trascrizione del mio intervento all’interno della presentazione del romanzo di Pietro Vaghi Scritto sulla mia pelle (Salani Editore), che si è svolta lo scorso mercoledì, 16 marzo, presso il Salotto Letterario Calliope della Libreria Mondadori di Siderno (RC).
Compagni di viaggio dell’incontro (Famiglia imperfetta e necessaria), oltre all’autore del libro, sono stati Giuseppe Giarmoleo, docente di Storia e Filosofia e Vincenzo Romeo, docente di materie letterarie.
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Ho letto il romanzo di Pietro Vaghi tutto d’un fiato nel corso di una giornata, avvinto dalla prosa piuttosto diretta ed essenziale che esprime in prima persona i pensieri del sedicenne Stefano, alle prese con l’improvvisa separazione dei suoi genitori. Nello specifico è la madre ad allontanarsi, lasciando il ragazzo con il padre, il fratellino Paolo e il nonno malato di Alzheimer.Mi ha particolarmente colpito la suddivisione in tre capitoli operata dall’autore, intitolati nell’ordine “Infanzia”, “Adolescenza” e “Maturità”: Stefano di fronte alle nuova situazione e tutte le problematiche conseguenti è come obbligato a rinascere nuovamente e percorrere, fronteggiando situazioni inedite, i percorsi evolutivi che lo porteranno rispettivamente alla scoperta di un mondo nuovo, alla condivisione di idee e sentimenti contrastanti con i suoi coetanei nel ricercare un sicuro punto di riferimento ed infine all’accettazione di sé e di quanto lo circonda, pronto anche a mettersi in discussione e trovare un bilanciamento fra diverse istanze, coadiuvato poi dall’avere accanto un’amica come Elisa. Man mano che scorrevano le pagine e riuscivo inoltre a visualizzare le varie situazioni descritte nel corso della narrazione, il pensiero è andato ai molti film che hanno narrato, attraverso l’utilizzo di vari generi, ma in particolare della commedia venata da note drammatiche, il fenomeno della separazione genitoriale e le conseguenze proiettate sui figli.
Considerato come il protagonista del romanzo alla fine finisca per accettare la separazione dei genitori ed avviarsi verso un percorso di crescita fronteggiando le inevitabili difficoltà che incontrerà nel suo cammino, la mia attenzione si è concentrata su quei titoli volti a visualizzare come il dato di fatto della separazione, del divorzio o della crescita condivisa con un solo genitore, possa alterare lo sviluppo psicologico dei figli soprattutto in presenza di situazioni conflittuali, quando il non essere più coniugi esclude anche la genitorialità.
Un momento di crisi è inevitabile in ogni famiglia, potrebbe indicare la necessità di un cambiamento, possibile se si va oltre la reazione negativa che inevitabilmente porterà con sé. “Famiglia imperfetta e necessaria” è, a mio avviso, quella che, pur dovendo optare per la scelta alla fine inevitabile della separazione, riesce comunque ad abbattere il muro della conflittualità in nome del benessere, psicologico in primo luogo, dei propri figli, mantenendo una connotazione di rispetto e stima che non potrà non essere notata dalla prole; emblematico al riguardo quanto prospettato da un film americano del 1979, Kramer contro Kramer, diretto da Robert Benton e con protagonisti Meryl Streep e Meryl Streep, nei panni rispettivamente di Joanna, una casalinga delusa dall’andamento della propria vita e di Ted, un pubblicitario fin troppo preso dal lavoro.
Inizialmente tutto sembra svolgersi all’interno della consueta cornice da media borghesia, la coppia appare felice, la loro esistenza è allietata dal figlioletto Billy, ma la donna manifesterà all’improvviso la propria insoddisfazione e andrà via di casa, lasciando che il marito si occupi del bambino.
Ted, nonostante le tante difficoltà non si tirerà indietro, cercando di non far mancare nulla a Billy, tanto da un punto di vista materiale che degli affetti. I problemi verranno fuori quando Joanna chiederà l’affidamento del bambino e si darà vita ad una battaglia legale senza esclusione di colpi, che si concluderà con l’affidamento di Billy alla madre, anche se quest’ultima cambierà idea, una volta constatato come il figlio grazie al padre abbia comunque affrontato ed accettato la situazione con una certa serenità dopo lo sgomento iniziale e conseguente sofferenza. Il cinema di casa nostra ha più volte affrontato nel corso della sua storia il tema della famiglia, rimarcandone in questi ultimi anni le mutazioni avvenute, non senza colpo ferire ma sempre mantenendo ben saldo il valore e la forza degli affetti familiari in sé, con un messaggio di speranza affidato alle nuove generazioni nella capacità di adattarsi agli errori cui inevitabilmente andranno incontro nel loro cammino, ma per loro decisione e non per conto terzi. Penso a film come Mine vaganti di Ferzan Ozpetek o Il capitale umano di Paolo Virzì, o a titoli al cui interno viene valorizzata tanto la singola figura genitoriale di riferimento quanto quella di coloro che sono cresciuti sotto la sua unica cura, venuti su certo confusi, addolorati, per la mancanza di poter scegliere fra differenti punti di riferimento, ma alla fine comunque confortati da un affetto egualmente profondo. E’ il caso di film come La prima cosa bella, ancora di Virzì, un fratello ed una sorella cresciuti con una madre passionale, ingenuamente romantica, esuberante di voglia di vivere nonostante le varie avversità, a volte frivola sino all’imbarazzo, dopo che il marito in una scenata di gelosia la scaccia di casa, o Scialla! di Francesco Bruni, dove protagonista è Luca un quindicenne cresciuto solo con la madre, colmo nello stessa misura d’insofferenza e grande voglia di vivere, che crescerà definitivamente una volta conosciuto quello che scoprirà essere suo padre, un demotivato professore di liceo, offrendo l’uno all’altro il dono di una nuova connotazione della propria vita. In conclusione, il cinema osservando la realtà e i suoi veloci cambiamenti, trasferendone le problematiche sul grande schermo ha offerto una visione della famiglia del tutto aderente al vero: il nucleo familiare perfetto probabilmente non esiste, potremmo considerarlo un ideale di comodo, esiste e resiste, invece, un modello familiare fuori dai consueti canoni, avvolto egualmente da affetto e comprensione se, riprendendo quanto detto prima, si privilegiano dialogo e la capacità di venirsi incontro rispetto ad egoismi e ripicche. Parafrasando quanto Tolstoj scriveva nella prefazione di Anna Karenina, tutte le famiglie perfette si somigliano, quelle imperfette si differenziano per essere necessariamente felici a modo loro.