Magazine Cultura
Poi, per chi non fosse al corrente dell'incredibile (e grottesca) vicenda che sta dietro alla bontà croccante dei cereali della prima colazione, il pugliese Silvestro Ferrara in Mai dire mais (editore Bevivino) ci racconta in maniera frizzante, scanzonata e mai didascalica del personaggio di John Harvey Kellogg, inventore dei fiocchi di mais e di altri cibi «gastricamente corretti». L'originale scienziato, instradato sulla via del salutismo da una coppia di avventisti, i coniugi White, diresse dal 1876 al 1943 il Sanitarium di Battle Creek, una clinica d'elite per obesi, dispeptici ed erotomani. Nella sua follia l’eccentrico dottore propinava ai malcapitati pazienti diete a base di cibi insapori, incitandoli a ripetere la masticazione infinite volte: e poi ancora riposini rigorosamente all’aperto (anche a meno venti) e sedute estenuanti di esami clinici. Inoltre, convinto che il liquido seminale riparasse i tessuti danneggiati all’interno del corpo e per questo bisognasse disperderne il meno possibile, fu il promotore di una grande crociata contro la masturbazione, assurgendo a incubo per la generazione di adolescenti cresciuta nei paraggi della clinica: al minimo segnale di pubertà captato dai genitori, i poveri ragazzi venivano condotti dal dottor Kellogg il quale, tramite pratiche poco ortodosse (quando non legali), tentava di estirpare le “insane” abitudini.
Giusto un interrogativo su Capitan America, il primo vendicatore di Joe Johnston da poco transitato al cine: ma davvero abbiamo aspettato per anni con l'acquolina alla bocca la grafica computerizzata giusta e un 3D di livello per assistere a simili ciofeche? A parte la faccia imberbe - e del tutto fuori contesto - di un Chris Evans dapprima frustrato mingherlino e poi maranza pompatissimo, ma possibile che in un film di nazisti non si veda uno - dico, cazzo! - un dannatissimo nazista in divisa? In pratica: tenersi lontano mille miglia da questa boiata pazzesca (con tutto che il buon Tommy Lee «faccia di pietra» Jones è della partita: peccato)!
Alessandro Mari ha vinto con Troppo umana speranza (Feltrinelli) il Premio Città di Milano come il titolare del blog (e anche il Viareggio, se è per questo) e generalmente da queste parti ci teniamo alla larga dal recensire libri che abbiamo giudicato (Sartoris è parte della giuria del Premio per diritto acquisito): però Alessandro merita davvero un grande applauso per l'incredibile lavoro di documentazione e l'indubbia capacità affabulatoria. Il romanzo è denso (quasi 800 pagg. che scivolano via come le rapide di un fiume) e la lingua è ricca, affascinante, riccioluta e mai scontata, s'imparano un sacco di cose sulla generazione che fece l'Italia ma anche (e soprattutto) su quella attuale. E in più c'è tanto sesso. Davvero un libro come non se ne scrivevano da tempo, in questa nostra Povera Patria (Battiato docet).Infine un titano della prosa/poesia/narrazione contemporanea, misconosciuto ai più eppure assolutamente imperdibile: Lello Voce con il suo Il Cristo Elettrico (No Reply) - conclusione di una trilogia iniziata con Eroina (Transeuropa, 1999) e continuata con Cucarachas (Deriveapprodi, 2001) - un'opera che rimescola e frantuma a capitoli alternati gli episodi precedenti per toccare vette sublimi di lirica e orrore: tra drogati in piena scimmia amanti della poesia che fraternizzano con gli scarafaggi e letteratura epistolare, un tuffo spericolato nelle quotidiane amenità ma anche tra le cattiverie più infime e rivoltanti, razzolando tra carceri e follia, assonanze onomatopeiche e metafore ardite. E poi ancora immigrazione, abusi di potere, scintille che sfrigolano, l'irrefrenabile ricerca di una dose per sedare l'anelito chimico sino alla rappresentazione complessiva di una pura esistenza da junkie in cui ci si rispecchia - paradossalmente - un po' tutti. Maestoso lavoro sulla lingua, scoppiettante ritmo onirico, impossibile da leggere in fretta (grazie a Dio!). E siccome il Voce è uno che la sa lunga, il romanzo lo potete scaricare qui in pdf!
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