Inutile negare il fascino, oscuro o meno, proiettato dalle dittature e dai tiranni, che siano essi di destra o di sinistra (tanto poi gli estremi si toccano sempre). Non parlo del fascino proiettato sui nostalgici, di cui poco m’importa, bensì di quello che stimola la fantasia degli scrittori.
Fin dai primissimi anni ’60 c’è un gran proliferare di romanzi e racconti sul nazismo ucronico, sul nazismo esoterico e sul nazismo pulp. Di titoli ne ho citati parecchi, specialmente nei vecchi articoli a tema alternate history.
Giusto per ricordare i due romanzi più noti del sottofilone: The man in the High Castle, di Philiph K. Dick, scritto nel 1962, e Fatherland, di Robert Harris (1992).
Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, anche l’ex superpotenza russa ha ispirato un bel po’ di libri ucronici, ma anche il mondo del cinema, a dire il vero già appassionato di fanta-comunismo (qualcuno ha detto Alba Rossa?). Perfino l’italianissimo Donato Altomare ha tentato l’ucronia sovietica, col pur mediocre Il dono di Svet.
In questo confronto a distanza il nazismo si prende la sua bella rivincita sul bolscevismo, visto che i romanzi e i film “fantastici” con la svastica battono quelli con la falce e il martello. Può darsi però che, fra un decennio o due, l’URSS sostituirà il Terzo Reich nella fantasia degli ucronisti.
A questo punto rimane però una terza dittatura che solleva sempre polemiche quando viene reinterpretata in chiave romanzesca. Parlo ovviamente del fascismo.
Cartina politica basata sulla saga "Occidente", di Mario Farneti.
Un passo indietro: quel che caratterizza il fanta-nazismo e il fanta-bolscevismo è la matura accettazione da parte dei lettori del fatto che si tratta solo di fiction, di speculazioni narrative fatte a scopo di svago intellettuale. Non mi risulta che ci siano stati particolari polemiche contro i vari romanzi di Harry Turtledove, tanto per dirne una.
In Italia? Tutto l’opposto. Ricordo ancora il gran parlare che causò la trilogia Occidente, di Mario Farneti. Polemiche non sul valore (bassino) letterario, bensì sui presunti contenuti etico-politici dei tre romanzi in questione. Parole come “nostalgico” etc si sprecarono, come prevedibile.
Meno sussulti sono stati causati dai due ottimi libri di Enrico Brizzi, L’inattesa piega degli eventi e La nostra guerra. Entrambi vedono una realtà alternativa in cui l’Italia fascista si è schierata contro Hitler, vincendo la WWII al fianco degli Alleati e sopravvivendo così al fatidico ’451. Ma forse il pedigree di Brizzi è così insospettabile, e il tono dei due libri così scanzonato, che le polemiche sarebbero state davvero inopportune.
Altro dittico di fantafascismo è quello scritto dal bravo Giampietro Stocco. Con Nero Italiano e Dea del Caos ha immaginato un’ucronia che vede l’Italia come nuova potenza nata dalla Seconda Guerra Mondiale, complice la neutralità nel conflitto.
L’azione si svolge a Roma, nel 1975, all’indomani della morte di Francisco Franco in Spagna. Il fascismo si è ammorbidito nel corso dei decenni, ma ormai si trova isolato in un’Europa in cui la Germania si è mantenuta unita ed è diventata una superpotenza, e l’Unione Sovietica preme diplomaticamente e militarmente. Per far sopravvivere il regime e l’Italia, occorre riformare, ma come? Andando verso libere elezioni, oppure imprimendo una svolta autoritaria? Sullo sfondo di una Roma cupa e timorosa di un’imminente catastrofe i protagonisti vivono i loro anni ’70. Gli studenti, che rivendicano libertà mai avute, e i giornalisti, in bilico tra desiderio d’indagine e autocensura. Tra questi ultimi, Marco Diletti, redattore della TV di Stato, si ritrova strumento di una congiura politica. (Nero Italiano – di Giampietro Stocco.)
Il seguito, Dea del Caos, completa gli eventi proposti nel primo volume, facendo decisamente più leva sulla fantascienza, fino a ottenere un risultato tanto interessante quanto sconosciuto ai più.
Sono passati trent’anni dalle vicende narrate in Nero Italiano. Marco Diletti vive ora a Genova ed è ormai in pensione e sua figlia Bianca ha preso il suo posto al giornale. Dopo gli eventi caotici del 1976, l’Italia è ormai divisa in tre, con due stati indipendenti e un protettorato tedesco. A Genova, Marco viene avvicinato da un personaggio inquietante che risveglia ombre ormai dimenticate.
La congiura di tre decenni or sono continua nell’ombra, e Marco possiede qualcosa di molto importante ai fini del complotto. L’ormai anziano ex-giornalista si ritrova presto in un incubo, in cui dovrà dare il meglio di sé come professionista e come uomo, se non vorrà perdere ciò che ha di più caro. L’azione si sviluppa rapida tra Genova, Roma e il Medio Oriente, in una spirale che condurrà alla rivelazione finale: chi è la Dea del Caos e qual è il suo progetto mostruoso. (Dea del Caos - di Giampietro Stocco.)
A ogni modo, ogni volta che si parla di fantafascismo, c’è chi cerca di strumentalizzare quella che è pura e semplice narrativa di genere. Perfino il romanzo fantapolitico I 99 giorni che travolsero il Cavaliere – sempre di dittatura si tratta – fa discutere più per partito preso che non per la storia raccontata. Medesimo destino per Due poltrone per uno, libro del 2005 che parla sempre di fantaberlusconismo. Ricordo che l’autore di questo romanzo, Pietro Bernasconi, fu attaccato da diversi giornali che lo accusavano di aver elaborato una trama stucchevolmente di parte. Accusa che, a voler ben vedere, forse aveva anche qualche fondamento.
Dunque dobbiamo dedurre che non siamo pronti a prendere un romanzo ucronico (o fantaucronico) contemporaneo per quello che è, ossia una storia d’intrattenimento? Siamo inclini al morbo della tifoseria militante anche quando si tratta di letture – senz’altro una delle passioni meno diffuse nel Belpaese?
- – -
1Una possibile neutralità italiana fu a lungo più che possibile, durante la Seconda Guerra Mondiale. Addirittura un conflitto con la Germania Nazista non era poi tanto improbabile, specialmente durante l’annessione dell’Austria (1938) da parte di Hitler. Dollfuss, leader fascista austriaco, era molto amico di Mussolini, e sperava nella sua protezione contro il prepotente cancelliere tedesco. E tale protezione ci fu, ma solo a parole: quando si trattò di schierare le divisione al Brennero, Mussolini non tenne durò e lasciò di fatto via libera al suo futuro alleato berlinese.
Filed under: dossier, libri, recensioni