Fantasmi nel futuro

Creato il 21 ottobre 2013 da Stivalepensante @StivalePensante
Posted by Agostino Nicolò  21 ottobre 2013  

La salma di Erik Priebke, come confermato da molteplici fonti, dovrebbe ormai riposare in un luogo segreto. Caso risolto e avvolto da un’aurea misteriosa e romanzesca utile al far notizia, inutile a porre la parola fine alla vicenda.

Le Fosse Ardeatine, dove furono fucilati 335 civili e militari italiani (panoramio.com)

Non sono stati solo il travaglio della cerimonia di giovedì scorso, con i prevedibili disordini, il presunto rapimento della bara e la pioggia battente di dichiarazioni e prese di posizione a proporci nefasti ricordi, a dirci quanto siamo distanti dalla “pacificazione” nazionale.

Il video testamento di un boia che, ben guardandosi da ogni pentimento in prossimità della morte, ha continuato a essere fedele alla sua mentalità plasmata dalla propaganda, sembrava cosa già vista, fatta di parole forse non così inaspettate. Da segnalare, nella cronaca della vicenda, l’atteggiamento tedesco che ha dimostrato una non curanza verso le proprie colpe storiche e una distrazione dalle emergenze attuali. La Germania è il paese leader in Europa e, in virtù di questo primato, dovrebbe anche porsi come avanguardia morale di un continente che ogni giorno registra aumenti del consenso alla destra estrema, forza addirittura governativa o violentemente antagonista come in Norvegia e Grecia. Nessuna parola sul caso italiano e nessuna proposta di mediazione sono arrivate da Berlino.

I fatti romani hanno dimostrato poi che l’Italia soffre di una malattia mai totalmente debellata dal ventennio a oggi: il desiderio autoritario che attecchisce in un organismo in grave deficit di anticorpi democratici; dai sintomi inconfondibili, fatti di familiarità con linguaggi e modi di regime, questo male continua a contaminare virulentemente il nostro presente. Espressioni inconfondibili di questo cancro sono le dimostrazioni nostalgiche dei groppuscoli che a ogni occasione isolata, come ad Albano Laziale, o ciclica, come a Predappio, dimostrano la loro appartenenza a una galassia estremista dal comune denominatore antidemocratico, metastasi in espansione da decenni.

Non solo, uomini delle istituzioni repubblicane e costituzionali che, compiendo male il loro lavoro, si schierano (e ci piace ancora pensare non volutamente) nella parte sbagliata di campo. Un prefetto che maldestramente pronuncia affermazioni implicitamente revisioniste, “i funerali sono tutti uguali”, che è come dire “i morti sono tutti uguali”, dimostra non solo una sottovalutazione del proprio lavoro ma una volontà distratta di riscrivere malamente la storia, una cantonata grandissima per un difensore dell’ordine pubblico costituzionale. Atteggiamenti e fatti mostrano questa marea nera risalente le fondamenta dei palazzi della Res Pubblica o, forse, mai sparita come nel finale del “Dottor Stranamore”.

L’ordine attuale è nato proprio dalla netta divisone tra chi combatteva e, uccideva, per la democrazia dalla forma plurima e chi ubbidiva al totalitarismo di Hitler o all’autoritarismo mussoliniano. Ritrovati diritti su carta all’indomani della dittatura e, oggi, spesso definiti inattaccabili, trovano legittimazione dal mito fondante italiano, la lotta risorgimentale contro l’occupante straniero e che, come tutti i miti fondanti delle nazioni, in Francia la Rivoluzione, in Germania l’esercito come corpo unico di terra e sangue, sono arrivati fino a noi anche con il carburante della Resistenza. Una benzina che pare però essere finita; un meccanismo, quello della democrazia, che si regge su intelletto, sentimento e azione ma che è in battuta d’arresto.

Ci saranno altri “casi Priebke” senza funerali o bare da colpire o esaltare, c’è un passato che è impossibile racchiudere nella teca della memoria come monito perché oggi, proprio questa memoria, è messa in discussione. Ci sarà un futuro incerto e scuro, dopo questo presente di crisi economica e culturale che richiama in suo aiuto valori e idee nefaste dalla nostra Storia più nera; preoccupanti semplificazioni della realtà e conservatori modi d’agire che non devono essere il sostegno all’ormai scollato binomio stato-società.

Michel Andreetti

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