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Fantasticare

Creato il 01 febbraio 2011 da Renzomazzetti

intimità.

Con l’introduzione del principio della realtà un certo tipo di attività di pensiero fu scisso e separato dal resto: esso fu tenuto libero dall’esame della realtà e rimase subordinato al principio del piacere stesso. Questo è l’atto del fantasticare, che comincia già con i giuochi infantili e che più tardi, come sogno ad occhi aperti, si stacca dalla sua dipendenza da oggetti reali. La fantasia collega gli strati più profondi dell’inconscio con i prodotti più alti della coscienza (arte), il sogno con la realtà; conserva il modello ideale della specie, le idee eterne ma represse della memoria collettiva e individuale, le immagini represse ed esiliate della libertà. Esiste una doppia connessione tra gli istinti sessuali e la fantasia da un lato, e gli istinti dell’Io e le attività della coscienza dall’altro. Questi due aspetti sono insostenibili, non soltanto in considerazione della formulazione della teoria degli istinti, ma anche a causa dell’incorporazione della fantasia nella coscienza artistica, e perfino in quella normale. Mentre prima l’Io veniva guidato e spinto dall’insieme della sua energia psichica, ora esso è guidato soltanto da quella parte che si conforma al principio della realtà. Questa parte, e soltanto questa parte, dovrà ora stabilire gli obiettivi, le norme e i valori dell’Io; come ragione essa diventa l’unica depositaria del giudizio, della verità, della razionalità; essa decide di ciò che è utile e inutile,bene e male. La fantasia come processo psichico separato è originata e,contemporaneamente, lasciata indietro dall’organizzarsi dell’Io del piacere in Io della realtà. La ragione vince; essa diventa spiacevole ma utile e corretta; la fantasia rimane piacevole ma diventa inutile, falsa, un puro gioco, un sogno ad occhi aperti. Come tale, essa continua a parlare il linguaggio del principio del piacere, della libertà della repressione, del desiderio e della soddisfazione senza inibizioni, ma la realtà procede conformemente alle leggi della ragione, non più in dipendenza dal linguaggio del sogno. La qualità estetica del godimento, perfino del divertimento, è stata inseparabile dall’essenza dell’arte. L’umano può elevare se stesso con i classici: legge e vede e sente ribellarsi, trionfare, rinunciare o perire i propri modelli ideali. E poiché tutto ciò ha forma estetica, può goderne e dimenticarlo. Pure, entro i limiti della forma estetica, l’arte ha espresso, anche se in maniera ambivalente, il ritorno della repressa immagine della liberazione: l’arte fu opposizione. L’arte sopravvive soltanto dove essa annulla se stessa, dove salva la propria sostanza negando la sua forma tradizionale, e quindi negando la riconciliazione: dove diventa surrealista e inespressivo. In tutti gli altri casi, l’arte segue il destino di tutte le comunicazioni umane genuine: essa si estingue. L’opposizione della fantasia al principio della realtà si sente più a suo agio nei processi subreali e surreali quali il sognare, il fantasticare, il giocare. Nella sua richiesta eccessiva di una soddisfazione al di là del principio della realtà, la fantasia annulla il principio individuale costituito. La sessualità è l’unica funzione dell’organismo vivente che si estende al di là dell’individuo, e che garantisce la sua connessione con la propria specie. La fantasia è soprattutto l’attività creativa dalla quale fluiscono le risposte a ogni possibile domanda; essa è la madre di tutte le possibilità, nella quale tutti gli opposti psichici, ed anche il conflitto tra mondo interno ed esterno, sono uniti. Il valore di verità dell’immaginazione non si riferisce soltanto al passato, ma anche al futuro: le forme di libertà e felicità che essa invoca, pretendono di liberare la realtà storica. Nel suo rifiuto di accettare come definitive le limitazioni che il principio della realtà impone alla libertà e alla felicità, nel suo rifiuto di dimenticare ciò che può essere, sta la funzione della fantasia. L’immaginazione è forse giunta al punto di reclamare i propri diritti. Non si può applicare il sogno anche alla soluzione dei problemi fondamentali della vita? (meditazione su: Eros e civiltà di Herbert Marcuse).

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CONTRO  UN  POETA  MALDICENTE

Perché i passanti ingenui, o cane, mozzichi,

e contro i lupi svicoli?

 

Perché, piuttosto, me, se puoi, non pizzichi

che ti saprei rimordere?

 

Quale Molosso, infatti, o biondo Làcone,

fedeli amici ai pascoli,

 

trarrò per l’alte nevi, a volo alzandomi,

qualunque bestia scapoli.

 

Riempi i boschi, tu, con voce orribile,

e l’esca annusi docile.

 

Attento, attento, ch’io contro i malevoli

le corna, pronto, adopero,

 

quale a Licambe il disprezzato genero

o il vate ostile a Bupalo.

 

E che? Mi mordi ed io mi dovrei mettere

come un bambino a piangere?

-ORAZIO-

 


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