(Articolo originariamente pubblicato sul terzo numero della rivista "Fralerighe") “È un genere totalmente avulso dalla realtà”: questa è un’accusa spesso rivolta al fantasy dai suoi detrattori. Ma, fermo restando che
non c’è nulla di male nel puro intrattenimento, non tutti i romanzi fantasy rientrano in questa categoria. La verità è che la letteratura fantastica ha un enorme
potere allegorico che permette di trasmettere messaggi profondi in modo molto leggero e piacevole. Spesso chi compra un romanzo sociale lo fa solo per le tematiche trattate, e questo restringe il target solo agli interessati alle suddette. Chi compra un romanzo fantastico, invece, lo fa per ben altri motivi, che vanno dalla trama all'ambientazione. E dato che il lettore è immerso in una storia immaginaria, le tematiche arrivano in modo più
indiretto e meno fastidioso. Questo a patto che l’autore si ricordi di non salire mai in cattedra e di tenere la trama al centro di tutto: le tematiche devono essere la naturale conseguenza degli eventi e dei personaggi, senza forzature e senza morali dettate dall'autore.
Ciò vale per tutta la narrativa, ma quella fantastica ha una marcia in più in quanto è
apparentemente più distante dalla nostra realtà, e questo permette di rendere le tematiche meno pesanti e al contempo più generali. Ad esempio, “Il Treno degli Dei” di China Miéville tratta molte tematiche socio-politiche (razzismo, omosessualità, diritti dei lavoratori, multiculturalismo, anticapitalismo) e la sua efficacia allegorica è molto più forte rispetto a quella di un romanzo sociale. La motivazione è semplice: Miéville
non parla del singolo caso, come ad esempio l’Apartheid, ma parla del concetto di razzismo applicato a un contesto del tutto nuovo in modo da trasmettere il messaggio
al di là della situazione specifica. Lo stesso discorso lo si può fare con “1984” di
George Orwell e con molti altri romanzi appartenenti al macro-genere fantastico.
"La Figlia del Drago di Ferro"
parla di misantropia, nichilismo,
anticapitalismo, tecnocrazia e
paranoia.
Un altro motivo per cui la letteratura fantastica è più efficace del romanzo sociale è la maggiore
stratificazione della storia e delle tematiche, che permette di accontentare sia chi cerca il puro intrattenimento che chi ha la volontà e i mezzi per andare più in profondità. Senza contare che maggiore è la stratificazione e maggiore è il potere allegorico del romanzo, in quanto è possibile inserire più tematiche e in modo più o meno evidente a seconda del “livello”. Ad esempio, il primo strato di “Queste Oscure Materie” di Philip Pullman è una storia d’intrattenimento, il secondo strato riguarda precise tematiche socio-politiche e religiose, il terzo strato è filosofico, il quarto strato è ricco di simbologie esoteriche. Ovviamente, questa è un’arma pericolosa in quanto le tematiche più nascoste possono arrivare in modo quasi subliminale.
Ad ogni modo, nel titolo di questo articolo viene citato il fantasy, non la letteratura fantastica in generale. Questo perché il fantasy non urban
sembra ancora più distante dalla nostra realtà rispetto alla fantascienza, il che non solo aumenta la forza allegorica, ma rende anche più difficile la censura. “Queste Oscure Materie” attacca la Chiesa Cattolica, ma lo fa in modo meno diretto di un romanzo sociale e anche di un romanzo fantascientifico, quindi è meno censurabile.
In generale, più un romanzo è fantastico e più è facile trattare tematiche socio-politiche e filosofiche senza diventare pesanti e senza rischiare censure.
La distanza tra la nostra realtà e il fantasy è solo apparente in quanto quest’ultimo permette di
unire l'utile al dilettevole, l'intrattenimento (e quindi l'immersione del lettore nella storia) alla denuncia sociale.
A me interessa parlare di temi importanti: la vita, la morte, l'esistenza di Dio, il libero arbitrio. Il fantastico non è fine a se stesso, ma sostiene e dà corpo al realismo. Non abbiamo bisogno di liste di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, abbiamo bisogno di libri. "Non devi" è presto dimenticato, "C'era una volta" durerà per sempre.- Philip Pullman -